Per l’agricoltura italiana è un’emergenza continua. Il clima mite dell’autunno e dell’inverno ha provocato un vero disastro per l’ortofrutta: i danni superano gli 800 milioni di euro. Le conseguenze maggiori in Puglia, Calabria, Sicilia e Basilicata, ma anche in altre regioni la situazione è critica. Non solo. Sulle nostre campagne, che in questi giorni fanno i conti con l’ondata di maltempo, aleggia lo spettro della siccità che per la prossima estate si preannuncia in termini drammatici. Si rischia di ripetere la dolorosa esperienza del 2003, “anno horribilis” per gli agricoltori. In quell’occasione il settore primario registrò una “ferita” di 5 miliardi di euro.
Sono questi alcuni degli aspetti denunciati dal presidente della Cia - Confederazione italiana agricoltori Giuseppe Politi che, nel corso di una conferenza stampa, ha fatto il punto sull’attuale scenario che sta caratterizzando il settore primario e sulle prospettive future legate in particolare alla carenza idrica. Erano presenti anche i presidenti Cia di Puglia, Antonio Barile, di Sicilia, Carmelo Gurrieri, di Basilicata, Donato Di Stefano e la responsabile del settore economico e politiche dei mercati della Cia Calabria Milena Torcia.
Danni all’ortofrutta. Per l’ortofrutta è una vera debacle. Praticamente tutto il Mezzogiorno del nostro Paese ha perso più del 25% della produzione, in particolare ortaggi a campo aperto. I danni ammontano ad oltre 800 milioni di euro. Causa: l’anomalo andamento climatico, con delle temperature elevate sia in autunno che in inverno. Così la maturazione delle produzioni si è concentrata ed accavallata, senza la naturale scalarità che si verifica normalmente. Gli agricoltori sono alle prese con una delle crisi più difficili degli ultimi venti anni.
I danni maggiori si riscontrano in Sicilia, Calabria, Basilicata e Puglia. Ma anche in altre zone del Paese il quadro non è certo confortante. Situazioni critiche si registrano, infatti, in Emilia Romagna, Marche, Sardegna e Campania.

Il clima “tropicale” sta mettendo in ginocchio migliaia di agricoltori. E’ rimasta invenduta molta produzione orticola (lattuga, finocchi, carciofi, spinaci e cavoli), mentre anche diversa frutta (in particolar modo arance, mandarini e clementine) non ha trovato sbocco sul mercato.
Gli agricoltori sono stati costretti a distruggere la produzione in campo. Non solo. I prezzi all’origine sono crollati, anche se quelli al consumo hanno subito inspiegabili rincari.
Ma i danni del clima si potranno avere anche nei prossimi mesi. Infatti, a molte piante da frutta (albicocchi, pesce, susini, mandorli, ciliegi), che hanno un fabbisogno di freddo (un discorso che vale in particolare per le “tardive”), c’è il rischio di non produzione. E questo avrebbe ulteriori effetti negativi per gli imprenditori agricoli che vedrebbero diminuire ancora di più i loro redditi.

L’ortofrutta è il settore delle produzioni agricole che maggiormente può risentire di anomali andamenti climatici. Da anni, per venire incontro sia alle esigenze dei consumatori che della grande distribuzione organizzata, le produzioni sono orientate su varietà tardive e primizie, con notevole sforzo imprenditoriale da parte degli agricoltori e delle loro forme associate. Tale diversificazione produttiva accentua i rischi di un clima anomalo, sia di origine calamitosa (che incide sulle produzioni) sia, come quest’anno, per una precoce primavera (con eccesso di offerta e calo dei prezzi).
Per contrastare le crisi di mercato è necessario che le strutture organizzate della produzione si dotino di fondi di solidarietà che consentano una capitalizzazione di margini di guadagno nelle campagne favorevoli o normali da ridistribuire nei momenti di crisi. E’ indispensabile, tuttavia, che nella nuova Ocm (Organizzazione comune di mercato) di settore tali interventi siano cofinanziati da fondi comunitari e nazionali e che la dotazione finanziaria a favore delle organizzazioni dei produttori per i loro programmi operativi sia aumentata.

La Cia chiede, comunque, misure effettive di risarcimento dei danni che consentano la ripresa dell’attività per migliaia di aziende orticole. Si sollecita innanzitutto un Tavolo di crisi nazionale per la definizione di un pacchetto di misure per affrontare i problemi di un clima che determina con sempre maggiore frequenza danni e situazioni di emergenza.
La riforma in atto dell’Ocm dell’ortofrutta da parte della Ue dovrà, in sostanza, contenere interventi più efficaci nei casi di danni dovuti al clima e al mercato. Alla nuova Ocm devono essere assegnate risorse finanziarie adeguate al peso dell’ortofrutta in Italia e in Europa. Oggi, viene messo a disposizione solo il 4 per cento dei finanziamenti Ue rispetto all’incidenza del 17 per cento del settore ortofrutticolo sulla produzione lorda vendibile agricola europea.
Si chiede, inoltre, la dichiarazione di grave stato di crisi del settore e di grave calamità atmosferica e alcuni interventi straordinari. E’ necessario, infine, l’abbattimento dei costi contributivi per l’assunzione della manodopera agricola e della previdenza dei coltivatori diretti e l’esonero dal pagamento dell’Ici.
Maltempo. Il cambiamento del tempo di questi giorni, con il ritorno di freddo (soprattutto gelate al Centro-Nord), neve, pioggia e grandinate, ha avuto gravi conseguenze per la frutta e gli ortaggi a campo aperto.

Le gelate e le grandinate ha causato danni consistenti a molti degli alberi da frutta (mele, pere, susini, ciliegi, peschi, albicocchi) fioriti precocemente a causa delle temperature elevate che hanno contraddistinto sia l’autunno che l’inverno.
Stesso discorso per gli ortaggi che in questo periodo, e soprattutto per il clima stranamente temperato degli ultimi mesi, sono abbondanti nei campi.
Siccità e acqua. Ma i guai per l’agricoltura rischiano di non finire mai. Si preannuncia, infatti, un’altra estate di grande sete. La siccità può “tagliare” le produzioni di cereali, di mais, di frutta e di ortaggi. Ancora una volta la carenza d’acqua, dovuta ad un autunno e ad un inverno anomali con piogge e neve assenti, si trasformerà in grave emergenza per l’agricoltura. Per questo motivo occorre subito un Piano, soprattutto irriguo, per affrontare una situazione di pesante difficoltà per gli agricoltori, ma che avrà riflessi anche per i consumatori.
La Cia ha chiesto, attraverso una lettera inviata al presidente del Consiglio Romano Prodi, una “Cabina di regia” presso la Presidenza del Consiglio per monitorare la situazione ed anticipare possibili crisi, con interventi mirati e coordinati, soprattutto nella gestione delle risorse idriche.
Alla “Cabina di regia” dovrebbero partecipare i ministri delle Attività produttive Pierluigi Bersani, delle Politiche agricole, alimentari e forestali Paolo De Castro e dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, dei rappresentanti della Protezione Civile, delle Regioni, delle Autorità di Bacino, delle organizzazioni agricole e dei Consorzi di Bonifica.
La costituzione di questa struttura è fondamentale per avere continuamente sotto controllo la situazione e poter operare con la massima tempestività per superare le difficoltà e i momenti di critici. Bisogna evitare che si ripetano i danni alla produzione agricola come, purtroppo, è avvenuto nel 2003.

E’ fondamentale evitare ogni conflittualità (anche tra Regioni) sul problema di gestione dell’uso dell’acqua e, nello stesso tempo, occorre una regolazione dei servizi pubblici al fine di superare localismi ed inefficienza. Insomma, un diverso utilizzo della risorsa acqua significa: governo, forte impegno per l’approvvigionamento, ottimizzazione della risorsa idrica, colture più resistenti alla siccità, tecnologie di risparmio.
Un orizzonte, dunque, carico di nubi oscure che difficilmente diventerà più chiaro nei prossimi mesi. D’altronde, anche se si verificheranno, come presumono gli esperti, precipitazioni nella norma stagionale, i problemi di scarsità di acqua non saranno risolti. Questo perché a marzo, aprile e maggio, come rilevano gli stessi esperti, l’evaporazione al suolo è abbastanza consistente e così i terreni non assorbiranno l’acqua necessaria e la siccità avrà il sopravvento. E’ nel periodo novembre-febbraio che si ricaricano le falde acquifere. Quest’anno, però, neve (soprattutto) e pioggia solo con il contagocce.
E’ proprio la mancanza di neve ad allarmare di più. Nonostante le ultime precipitazioni, sugli Appennini è pochissima, mentre sulle Alpi è la metà di quella che c’era lo scorso anno. Il risultato è scontato: estate torrida e asciutta, fiumi, laghi e bacini idrici a secco, produzioni agricole dimezzate.
Tutta l’agricoltura italiana è, quindi, in stato di allarme. Dal Piemonte alla Sicilia. E’ uno scenario allarmante per un settore che è già costretto ad affrontare i problemi determinati da una persistente e preoccupante crisi strutturale che l’anno scorso ha ridotto la produzione (meno 2,8 per cento), il valore aggiunto (meno 3,1 per cento) e i redditi degli agricoltori (meno 4,2 per cento).
I cambiamenti climatici ormai si palesano in maniera frequente e non solo in Italia. E questo sta facendo saltare i cicli stessi dell’agricoltura. Un’agricoltura che fa i conti con temperature in aumento, con una modifica radicale delle precipitazioni (che determinano disastri e alluvioni, senza irrigare), riduzione della risorsa acqua, con lo spostamento sempre più a Nord di produzioni tradizionali, con l’erosione dei terreni, in particolare quelli montani e collinari. Conseguenze che richiedono interventi incisivi e politiche mirate. E’ indispensabile, quindi, da subito un Piano articolato e coordinato. Altrimenti andremo incontro ad un disastro che dire annunciato è poco. E, intanto, l’ortofrutta italiana vive il suo dramma.

La mappa dei danni per l’ortofrutta

Puglia
Si registra la più grave crisi del settore orticolo verificatasi negli ultimi decenni. Le produzioni di ortaggi si sono concentrate e accavallate, senza la naturale scalarità che si verifica con il freddo. I danni alla produzione orticola nella Regione hanno superato i 200 milioni di euro. Non sono più commerciabili e, quindi, invenduti migliaia di ettari di insalata, cavolfiore, sedano, cicoria, finocchi, lattughe, broccoletti, cime di rape. Per queste ragioni gli agricoltori stanno distruggendo la produzione in campo.
I prezzi alla produzione sono crollati, anche se quelli al consumo sono maggiorati di quattro volte. Permangono le distorsioni di mercato che penalizzano il produttore e il consumatore finale. Il settore orticolo è in ginocchio. I produttori non sono in grado di far fronte al pagamento delle spese per l’acquisto e il trapianto delle piantine, dei concimi, degli antiparassitari, del carburante agricolo, dell’energia elettrica e delle tantissime giornate lavorative per la coltivazione degli ortaggi. Infatti, i riflessi negativi riguardano anche l’occupazione, se si considera che un solo ettaro di ortaggi impiega mediamente 100 giornate. Infine, per mancanza di disponibilità finanziarie sarà pressoché impossibile effettuare la coltivazione delle produzioni orticole primaverili ed estive.

Basilicata
Il comparto ortofrutticolo vive una crisi drammatica. Non è più commerciabile e, quindi, resta invenduta oltre il 60% della produzione che ha visto in questa campagna un investimento di circa 3.500 ettari (tra scarola, lattuga, finocchi, prezzemolo, cavoli), a cui bisogna aggiungere le quantità di agrumi (arance e mandarini) invenduti che - da una prima stima - corrisponde a circa il 50% dell’intera produzione. I danni alla produzione ortofrutticola nella regione si attestano -da una valutazione ancora provvisoria- tra gli 50 e i 70 milioni di euro. Una situazione senza precedenti che costringe gli agricoltori a distruggere sul campo le produzioni, perdendo in questo modo sia una prospettiva di reddito che gli investimenti realizzati. I prezzi alla produzione sono crollati e quelli al consumo hanno, invece, subito inspiegabili aumenti.

Sicilia
I comparti più colpiti sono quelli orticolo ed agrumicolo con una crisi profonda dovuta al crollo dei prezzi alla produzione di tutti i prodotti. Si assiste ad un divario sempre maggiore tra i prezzi alla produzione ed i prezzi al dettaglio, che in una fase economica di generalizzata diminuzione dei consumi, tende a penalizzare gli anelli più deboli delle filiere, cioè quelli degli agricoltori e dei consumatori. Più del 40% della produzione orticola è rimasta invenduta ed è andata distrutta. Per gli agrumi situazione analoga, con crolli nelle vendite da parte dei produttori tra il 15 e il 25 per cento. Tutte le province siciliane hanno fatto registrare danni. Questo processo di estremo indebolimento del comparto, che ha visto la variazione percentuale degli indici dei prezzi scendere a livello anche di oltre il 50 per cento, come nel caso del pomodorino ciliegino, si ripercuote pesantemente sui redditi dei produttori agricoli.
Per le produzioni orticole si registra una riduzione dei listini, anche cospicua, soprattutto per carote (-50,70%), cavolfiori (-42,39%), lattughe (-60,92%), indivie (-60,96%), pomodoro costoluto (-36,84%), carciofi (-40%) e finocchi (-37,84%). Analoga situazione si ha per gli agrumi che subiscono una generale flessione dei prezzi all’origine. La causa, anche in questo caso, è il persistere di temperature insolitamente elevate. Esse, alterando i cicli produttivi, hanno determinato sovrapproduzioni e accavallamenti degli ordini sui circuiti distributivi.

Calabria
Le aziende agricole non sono riuscite a collocare sui mercati tutta la loro produzione. Oltre al danno per il crollo dei prezzi, si aggiunge la beffa del prodotto rimasto a marcire sui campi. Il prodotto ortivo più colpito dalla crisi di mercato è stato il finocchio. Nella provincia di Crotone sono 3.500 gli ettari coltivati a finocchio. A fronte di un costo di produzione minimo di 4.000 euro per ettaro, il prezzo di vendita è risultato di 3 centesimi di euro/Kg, ovvero 1200-1500 euro per ettaro. Ma anche altri ortaggi invernali, quali cavolfiori e broccoli, hanno registrato stasi nella commercializzazione, oltre che prezzi inferiori ai costi di produzione. Crollo totale per il mercato agrumicolo, anche se vi sono stati timidi tentativi, ma non perfettamente riusciti, di esportazione sui mercati nordamericani. Il prezzo medio dei prodotti corrisposto ai produttori non ha superato gli 8-10 centesimi di euro/Kg per le arance della Piana di Rosarno, lievemente superiore nella zona di Corigliano. 15-20 centesimi di euro i prezzi pagati per le clementine.
Ma vi è da rilevare che i quantitativi dei prodotti commercializzati a questi prezzi, hanno interessato il 10-15% della produzione destinata al mercato del fresco per le arance e il 50% delle clementine prodotte. A fronte di un mancato realizzo, la maggioranza degli agricoltori ha preferito non raccogliere il prodotto, per non aggravare ulteriormente, sul proprio bilancio, i costi. Diventa, quindi, ancora più misterioso il forte divario tra prezzo corrisposto al produttore e prezzo di vendita al consumo.

Altre regioni
La situazione del settore ortofrutticolo è difficile anche in altre regioni, in particolare nelle Marche, in Emilia Romagna, in Sardegna e in Campania. Si registrano danni un pò per tutte le produzioni orticole (carciofi, finocchi, spinaci, lattughe, cavolfiori, pomodori) che sono rimaste invendute. E quelle collocate sui mercati hanno registrato prezzi molto bassi. Per i produttori le conseguenze sono state pesanti, soprattutto in termini di reddito.

Fonte: Cia - Confederazione italiana agricoltori