Gemmano, Mondaino, Montefiore Conca, Saludecio, e poi Cervia e Ravenna. Sono i comuni dell'Emilia Romagna alle prese con la Blue Tongue o Lingua Blu come si chiama in italiano oppure febbre catarrale degli ovini per usare un termine più “medico”. Sale così a 1278 il numero di focolai di questa malattia registrati nel 2014 in Italia dall'Istituto Zooprofilattico di Teramo, che di questa patologia è Centro di referenza nazionale. E salgono a 13 le regioni che devono fronteggiare il virus che ne è responsabile (un Orbivirus del genere Retroviridae), con la Calabria a guidare questa classifica al negativo (319 focolai) e l'Emilia Romagna in ultima posizione con gli attuali due focali, attribuiti al sierotipo 1. In deciso miglioramento la situazione della Sardegna, prima Regione ad essere colpita e che dal picco di infezione del 2002 (oltre 3700 casi) è scesa a soli 15 focolai totali dei quali solo 7 ancora attivi.

Continua espansione

L'allargarsi delle aree colpite dalla Lingua Blu dimostra quanto sia impegnativa la lotta a questo virus. E questo protrarsi del clima mite favorisce la sopravvivenza del moscerino (un insetto appartenente al genere Culicoides) che trasmette la malattia da un animale all'altro. I sintomi, come già ha ricordato Agronotizie parlando di questa malattia, sono più gravi negli ovini rispetto ai bovini, altra specie sensibile al virus. Si inizia con un rialzo della temperatura, congestione cutanea, edema agli arti e alla testa, respiro difficoltoso e si termina con cianosi della lingua (da cui il nome di Lingua blu) ed emorragie ed ulcere alla bocca.

Le conseguenze
Forti i danni negli allevamenti colpiti e importanti le conseguenze per le attività zootecniche di tutta l'area che necessariamente deve essere sottoposta a misure restrittive per evitare l'espandersi della malattia. Tre i livelli previsti, la zona di restrizione con vincoli per gli allevamenti in un raggio di 4 chilometri ai quali sono posti precisi limiti nella movimentazione degli animali sia verso il macello sia verso altri allevamenti. Poi una zona di protezione che ha un raggio di 20 chilometri e infine la zona di sorveglianza che può coprire il territorio di una intera provincia, cosa che ora riguarda anche le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini. A queste misure può aggiungersi anche l'obbligo di vaccinazione, che oggi può essere attuata con vaccini di nuova generazione (inattivati) che danno ampie garanzie di sicurezza. Un valido aiuto per tenere sotto controllo la malattia, ma l'obiettivo deve restare quello della sua completa eradicazione. Una meta ancora distante.