Nei giorni scorsi ha inviato una lettera aperta al ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina. Tutt’altro che una missiva di saluti. Piuttosto, se non un j’accuse in piena regola, un sollecito a chiudere le troppe partite lasciate aperte dopo il tavolo ministeriale dello scorso 8 luglio.
Per Assosuini, innanzitutto, sarebbe stata disattesa dal ministero la promessa di un appuntamento “entro fine luglio per presentare una proposta organica di rilancio, partendo dalla rivisitazione del progetto SQN”. (Parrebbe, però, che un tavolo sia stato convocato per il prossimo mercoledì, anche se il condizionale è d’obbligo perché nessuna conferma è stata trovata).
Nessuna risposta anche alla richiesta di rinviare di 18 mesi l’applicazione della nuova classificazione delle carcasse, “per evitare un’altra detrazione di reddito agli allevatori (senza peraltro nessun vantaggio per il settore)”. Una posizione condivisa, a quanto scrive Assosuini, “dalle organizzazione sindacali, da Assica e dal Consorzio del Prosciutto di Parma”.
Il presidente Martinelli specifica: “Nessuna proposta di rilancio è stata presentata e il rinvio dell’applicazione della nuova classificazione carcasse-cosce non è stato fatto, con pesantissime detrazioni economiche agli allevatori nelle prime due settimane”.
In aggiunta, a causa dell’embargo russo si sarebbe aggravato anche il mercato, con una perdita di 23 centesimi al chilogrammo “nel periodo dove da sempre tocca i massimi di prezzo”.
La lettera porta il messaggio degli iscritti ad Assosuini: “Vorremmo vedere dei fatti che diano speranze ad un settore in declino. Forza e coraggio ministro”.
A margine della lettera, intervistato da AgroNotizie, Martinelli confessa: “Con una tale situazione, chi ne pagherà le conseguenze saranno gli allevatori, poi il macello e poi qualcun altro. Visto che diciamo che in Italia siamo famosi per le eccellenze, forse è meglio che ci fermiamo, analizziamo quello che stiamo facendo e pensiamo a cambiare tutta la struttura del settore”.
Un cambiamento quasi radicale, che salva solamente i prodotti di qualità del circuito suinicolo nazionale. “Se facciamo un prodotto che è riconosciuto per essere un’eccellenza e che costa di più – dice - dobbiamo organizzarci per capire cosa vuole il consumatore e agire di conseguenza”. Guardando oltre i confini italiani: “Dobbiamo fare marketing, internazionalizzare, ricucire le fratture di un sistema troppo diviso, a partire dagli allevatori”.
Lo scenario del mercato è preoccupante, con una redditività sempre più al di fuori degli anelli della filiera e con un peggioramento della situazione con l’applicazione della nuova classificazione delle carcasse.
“Personalmente sono passato da zero trattenute a 1.425 euro per camion di suini conferito – dice Martinelli – e a rimetterci sono stati tutti gli allevatori, chi più chi meno, solo per il fatto che viene applicata una classificazione che influisce sulle cosce per i prosciutti di Parma e San Daniele e che aveva invece altri scopi. Bisogna riflettere sull’obiettivo imposto dall’Unione europea, che era uniformare le classificazioni, ma non penalizzare le produzioni italiane per la filiera Dop”.
Per Assosuini, “nessuno si è preoccupato di recepire le richieste degli operatori e si è arrivati alla conseguenza che a pagarne le spese sono oggi gli allevatori, che vedono diminuire sensibilmente la loro redditività, mentre, se guardiamo i disciplinari dei due prosciutti Dop, l’84% delle cosce non solo saranno perfette nelle percentuali di carne magra e grasso di copertura, ma saranno anche le tipologie più ricercate dal mercato”, dice Martinelli.
Uno degli aspetti da analizzare approfonditamente, rivela il presidente di Assosuini, “dovrebbe essere piuttosto il costo del nostro sistema di difesa, controllo e valorizzazione dei prosciutti Dop”.
Sull’argomento interviene anche il presidente di Opas e Unapros, Lorenzo Fontanesi. “Sono sconfortato, perché da anni ormai parliamo degli stessi problemi che affliggono il settore – dice – ma se non cominciamo a risolvere qualcuno dei molti problemi che la filiera sta sopportando da molto tempo, noi rimaniamo al palo, mentre il mondo va avanti”.
La monotonia di nodi irrisolti che si trascinano senza soluzione, ricorda Fontanesi, sono sempre quelli: “Una rappresentanza di filiera ipertrofica, una politica che non fa sintesi, il mancato rilancio delle produzioni Dop, una mancanza di produzione quali-quantitativa, nessuno slancio coordinato per esplorare mercati esteri”. In pratica, così tanti rallentamenti che “il funzionamento singhiozzante della Cun, a ben vedere, diventa quasi un problema minore, così come anche la questione della classificazione. In ogni caso, sono tutti fattori di confusione”.
Filiere disgregate. “All’estero non funziona così – osserva il presidente di Opas e Unapros – la coesione per promuovere il comparto è decisamente molto più marcata. Non parlo della Francia, che ha un’interprofessione efficiente e rodata, ma anche la Spagna può contare su un’organizzazione di filiera che abbraccia l’80% dei 25 milioni di suini allevati là”.
E l’Italia? “Noi non riusciamo a metterci insieme – ammette - con la conseguenza che la politica si trova in difficoltà e preferisce non scegliere. Servono piattaforme commerciali, politiche di mercato, internazionalizzazione, programmazione, mentre in queste condizioni viviamo un’agonia”.