“Entro il prossimo luglio dovremmo avere i primi rinvii a giudizio dell’operazione Muttley, ci stiamo coordinando con la Procura della Repubblica di Mantova e le tempistiche dovrebbero essere queste, con il 30-40% degli indagati, almeno per la parte allevatoriale, rinviati a giudizio”.

A dirlo, a Mantova, a margine del 1° Forum sulle Dop Parmigiano-Reggiano e Grana Padano organizzato da Mps, è il colonnello Alberto Ricci, comandante del Corpo Forestale dello Stato in provincia di Mantova e fra i coordinatori dell’operazione Muttley, che un anno fa portò alla luce un traffico di farmaci acquistati sul mercato clandestino per gonfiare vitelli e maiali nel Nord Italia (approfondimenti qui, qui e qui). 

Nei mesi scorsi l’elenco degli indagati aveva raggiunto quota 160, fra allevatori, grossisti di farmaci per la cura degli animali, veterinari privati, farmacisti. Una rete vasta, complessa e ramificata, con agganci molto probabilmente anche all’estero e che aveva il proprio cervello a Pegognaga, nel Basso mantovano.
Un giro colossale, partito con un blitz nel giugno del 2013, che coinvolse simultaneamente in molte province italiane 260 uomini della Forestale. Vennero infatti svolte perquisizioni simultaneamente anche in provincia di Reggio Emilia, Parma, Padova, Brescia, Sondrio, Torino e Cuneo.

Stupefacenti i risultati, con il sequestro di 17.100 confezioni di farmaci veterinari, per un valore di 2,5 milioni di euro.

Si stanno dunque stringendo i tempi ed entro le prossime 5 settimane verranno inviate le notifiche per comparire davanti al giudice “una cinquantina di persone”, anticipa il comandante Ricci.
E alcune perquisizioni sarebbero ancora in corso, con verifiche approfondite per scoprire la portata del fenomeno.

Lo scenario, infatti, non sarebbe dei migliori, indipendentemente dall’indagine condotta dal procuratore capo della Procura della Repubblica di Mantova, Antonino Condorelli.

A livello internazionale, infatti, si assiste da anni ad un utilizzo massiccio di antibiotici sugli animali, tanto che si sarebbero sviluppati dei casi di resistenza ai batteri negli uomini, per effetto della catena alimentare dagli animali all’uomo.

L’allarme sull’abuso di farmaci veterinari era stato rilanciato poche settimane fa, nel corso dell’assemblea annuale dell’Associazione mantovana allevatori, dal presidente dell’Ordine dei medici veterinari della provincia di Mantova e della Lombardia, Angelo Caramaschi. “La nostra posizione di medici veterinari è quella di essere a fianco quotidianamente delle aziende, per la cura degli animali – aveva ricordato Caramaschi -. Tuttavia, non possiamo negare che abbiamo un problema sul consumo degli antibiotici, che è molto alto, mentre dai consumatori ci viene richiesto di ridurre l’impiego di farmaci. Come fare? Io credo che la strada giusta sia quella di migliorare le condizioni di allevamento, perché per alcuni principi attivi abbiamo un utilizzo che è doppio rispetto ad altri Paesi europei, bisogna ridurre”.

Tornando allo scenario dell’operazione Muttley, lo stesso procuratore capo Condorelli non aveva escluso la possibilità che le carni degli animali ai quali erano stati somministrati antibiotici fossero finite sulle tavole dei consumatori.

E proprio con l’obiettivo di sensibilizzare gli allevatori ad un utilizzo “razionale degli antibiotici” e di indurre le istituzioni pubbliche ad intraprendere un percorso che guidi l’Italia ad optare per azioni utili alla salvaguardia dei propri cittadini, del proprio patrimonio zootecnico e della propria capacità produttiva, nei giorni scorsi Confagricoltura e Aisa Federchimica si sono impegnate a riunire un gruppo di esperti italiani che potesse fornire utili riflessioni sulle azioni da intraprendere. Lo slogan dell’iniziativa? “Quando serve e quanto basta”. Un messaggio chiarissimo, che alcuni allevatori, tuttavia, non hanno recepito, come hanno accertato gli inquirenti dell’operazione Muttley.