“Dalla prossima settimana ripartiremo con le indagini e ci concentreremo sui 180 allevamenti che sappiamo essere stati destinatari dei medicinali. Nel frattempo, stiamo esaminando e continueremo ad esaminare tutto il materiale sequestrato. Lunedì abbiamo un incontro in Procura, per pianificare azioni e interventi”. Chi parla è il colonnello Alberto Ricci, comandante del Corpo forestale dello Stato, sezione di Mantova, che anticipa  gli sviluppi dell’operazione “Muttley”, attraverso la quale la Procura della Repubblica di Mantova, grazie anche all’attività ispettiva del Corpo forestale, ha indagato 65 persone, scoprendo una associazione a delinquere dedita al traffico di farmaci veterinari per gonfiare bovini e suini destinati al macello.

Ad analizzare i campioni saranno i laboratori dell’Istituto zooprofilattico sperimentale di Lombardia ed Emilia Romagna, diretti da Giorgio Varisco. I reperti dovrebbero essere consegnati nei prossimi giorni, come confermato dal Corpo forestale, anche se l’Izsler, attraverso il proprio Ufficio di relazioni con il pubblico, fa sapere di “non essere ancora a conoscenza dell’incarico”.

L’attenzione, ora, si sposta a quell’esercito di allevatori che avrebbero utilizzato farmaci veterinari in modo irregolare. O perché si trattava di farmaci scaduti o non idoneamente conservati, oppure perché somministrati su animali sani, al solo scopo di doparli, in vista della vendita al macello (e del conseguente peso superiore).

L’operazione Muttley ha individuato una rete fra grossisti, allevatori, veterinari, farmacisti, commercianti e “mediatori” operanti in Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Campania, Piemonte, Liguria e Sardegna, ma anche con collegamenti internazionali fra la Romania e il Principato di Monaco. Sono state sequestrate oltre 17.100 confezioni di farmaci veterinari, per un controvalore di 2,5 milioni di euro.

Dalla Procura della Repubblica di Mantova, titolare dell’indagine, si minimizza per non creare allarmi alimentari, anche se le carni – in una indagine durata due anni – sono chiaramente arrivate al consumatore. Lo spiega il procuratore capo, Antonino Condorelli.
“Non è un allarme alimentare – afferma ai microfoni di un’emittente locale - ma una constatazione che certamente i prodotti, che dovrebbero essere somministrati con cautela e attenzione e sotto prescrizione veterinaria, non sono stati somministrati né conservati in questo modo”.
Pertanto, prosegue, “tutta la normativa che serve a tutelare il consumatore e anche l’animale, non viene rispettata.?Da ciò discende che inevitabilmente un certo numero di animali destinati all’alimentazione umana, che sono finiti in questi ultimi due anni sulle tavole delle famiglie, hanno subito trattamenti non congrui”.