Dal 1° aprile 2015 il regime delle quote latte andrà in soffitta. Col prossimo mese di settembre l’Unione europea potrebbe dare avvio agli incontri per la definizione di un secondo Pacchetto Latte – così almeno aveva anticipato il presidente della Commissione Agricoltura al Parlamento europeo, Paolo De Castro – in modo da concretizzare quell’atterraggio morbido auspicato dall’Ue nel delicato passaggio dal contingentamento produttivo al libero mercato. Sempre che non vengano individuate formule in grado di proteggere, almeno parzialmente, il comparto lattiero.

In Germania le quote latte sono scambiate 3 volte all’anno in un’apposita borsa. La transazione avviene in maniera anonima e neutrale, informa il sindacato agricolo tedesco della Dbv (Deutscher Bauerverband), e ciascun produttore di latte di latte che vuole acquistare o vendere quote latte può presentare la richiesta entro un termine prestabilito all’agente di trasferimento di competenza.
Il prezzo di equilibrio sarà trovato dall’incrocio di domanda e offerta dall’agente per i trasferimenti, alla fine della sessione. Tutti i partecipanti riceveranno la relativa notifica, anche se non hanno partecipato con successo alla transazione.
L’ultima asta di quote si è tenuta lo scorso 1° luglio. In tutta la Germania sono state trasferite 167.139 tonnellate di quote latte, corrispondente a una percentuale dello 0,55% del quantitativo di riferimento nazionale di 30.318.929 di  tonnellate di latte, che la Germania ha a disposizione nell’annata 2013/14.
La quantità totale scambiata sul mercato azionario rispetto al risultato della primavera di questo anno è aumentato di 42.232 tonnellate, aumentando del 34%.

Complessivamente, sono state offerte 170.371 tonnellate di quote contro una richiesta effettiva di 790.460. La quantità domandata rispetto all’ultima data di negoziazione è aumentata di 4,5 volte e ha raggiunto il massimo storico. Questo si è tradotto in un significativo eccesso di domanda pari a 620.089 tonnellate, dato opposto all’asta primaverile, in cui si era riscontrato un eccesso di offerta.
Il numero dei partecipanti alla borsa (1.611 venditori e 2.336 acquirenti) è aumentato del 33% rispetto all’ultimo scambio. Il 49% degli acquirenti ha registrato una transazione positiva.
La prossima asta è prevista il 4 novembre 2013.

Il commento del professor Daniele Rama dell’Università Cattolica di Piacenza, direttore dell’Osservatorio Latte.

“Come è noto, in Italia non si è mai organizzato un mercato come in Germania o nel Regno Unito, impostato come un’asta delle quote. Storicamente da noi la compravendita e l’affitto di quote sono sempre stati gestiti dalle organizzazioni sindacali, anche perché erano esclusivamente transizioni regionali.
La compravendita delle quote, inoltre, è stata introdotta da poco più di un decennio, prima si faceva un affitto del terreno con le quote latte, poi, come escamotage, gli allevatori che non avevano bisogno del terreno, ma soltanto della quota, l’anno successivo alla sottoscrizione del contratto abbandonavano il terreno”.

Fino a 2-3 anni fa, ricorda il professor Rama, “ad ogni scambio significava perdere il 15% di quota, che andava a finire nella riserva di quota nazionale”.

Professore, il sistema tedesco avrebbe funzionato meglio rispetto a quello italiano?
“Si tratta di una soluzione più efficiente, rispetto a quella italiana, ma non significa automaticamente che il sistema tedesco si adatta alla perfezione alla situazione italiana”.

Come mai?
“Individuare un sistema di aste pubbliche avrebbe da un lato accelerato la ristrutturazione produttiva verso aree a maggior vocazione lattiera, e questo è indubbiamente un vantaggio”.

Però?
“Si sarebbero presentati altri problemi, come un eccessivo carico di nitrati in presenza di una elevata concentrazione di capi, accompagnato dall’abbandono delle zone marginali, con evidenti problemi. Il fatto che siano stati posti dei freni alla mobilità delle quote è stata una soluzione un po’ all’italiana, ma ha portato meno problemi”.

Nessun vantaggio da un’applicazione alla tedesca?
“Beh, sì. Il prezzo delle quote sarebbe stato più aperto e con valori più bassi, ma, ripeto, si sarebbe dovuto evitare un eccessivo spostamento delle quote verso regioni più vocate. Poi ci sarebbero stati aspetti divergenti anche dalla riduzione del numero dei produttori”.

Ovvero?
“Si sarebbe senz’altro ridotto il costo medio delle produzioni, però quando si chiude una stalla bisogna tenere presente che poi non si riapre più”.

La gestione in Italia è stata condotta dalle organizzazioni sindacali.
“Sì, hanno fatto sia da mediatori che da garanti”.

In Lombardia il tavolo sul prezzo del latte si riunirà di nuovo martedì prossimo. Una indicazione di prezzo?
“Oggi 42,5-43 centesimi al litro è la giusta quotazione in base all’andamento del mercato. Dopodiché, mi pare che l’industria voglia stare a vedere”.

Come giudica l’esito del primo incontro regionale?
“Era il minimo che potesse accadere. Non vedo una volontà di definire un prezzo, sinceramente”.