Un paio di settimane fa, come anticipato da Agronotizie, gli Usa hanno bloccato alcune partite di olio di oliva perché presentavano tracce di colrpirifosetile, un organofosforico autorizzato nella Ue, ma non negli Usa. Un nuovo contenzioso negli scambi commerciali fra Italia e Usa che passa però in secondo piano con l'apertura delle frontiere statunitensi ai salami, alle pancette e coppe e ai salumi a breve stagionatura. Una svolta che si attendeva da molti anni, dopo la decisione delle autorità sanitarie statunitensi di vietare le importazioni di questi prodotti. Tutta colpa di un virus, quello responsabile della malattia vescicolare dei suini, subdola patologia assai simile all'afta epizootica e come quest'ultima capace di diffondersi rapidamente negli allevamenti. E quando arriva sono guai seri, che impongono l'abbattimento e la distruzione di tutti gli animali. L'Italia da anni sta combattendo contro questa malattia una lotta senza quartiere. Tanto che nel 1997, quando la malattia sembrava scomparsa dall'Italia, fu indirizzata verso gli Usa una prima richiesta di revoca del blocco. E quando le frontiere Usa stavano per riaprirsi, nel 1999, riecco il virus della “vescicolare” nelle Regioni chiave della nostra suinicoltura, come Lombardia ed Emilia Romagna.
Le Regioni indenni
Da tempo però i severi piani di eradicazione della malattia vescicolare hanno sortito gli effetti sperati, tanto che Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, oltre alle province di Trento e Bolzano, sono certificate indenni dalla “vescicolare”. Regioni che si aggiungono alle altre già indenni, come Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche e Valle d'Aosta. Il successo nella lotta a questa malattia aveva indotto già tempo le autorità sanitarie italiane a sollecitare una revisione del divieto statunitense ai nostri salumi freschi. E dopo un'intensa e lunga attività di mediazione, ecco arrivare finalmente la svolta. E' il 26 aprile quando Aphis (acronimo di Animal and plant health inspection service) sancisce che i nostri salumi possono sbarcare negli Usa. “Si tratta di un primo importante risultato del percorso intrapreso da Assica (l'associazione delle industrie delle carni e dei salumi) per avviare l'esportazione negli Stati Uniti di importanti prodotti della salumeria italiana”, questo il commento con il quale il presidente di Assica, Lisa Ferrarini, ha accolto la notizia.
Tempi e modi
Ora bisognerà attendere il 28 maggio, così ha deciso Aphis, per far sbarcare le prime partite sui mercati americani. Ma bisognerà rispettare precisi vincoli. Gli stabilimenti di origine dovranno preventivamente essere autorizzati dalle autorità statunitensi e le produzioni dovranno essere accompagnate da un'apposita certificazione veterinaria.
Il danno
L'apertura alle produzioni delle quattro regioni dove è concentrata la maggior parte della nostra suinicoltura ha ovviamente un importante valore economico, ma è anche un elemento cardine per contrastare la concorrenza dei prodotti di imitazione, che hanno altrimenti campo libero nell'affermarsi sul mercato, privi come sono di confronto con i prodotti originali e con la loro inconfondibile qualità. Un percorso che vale per gli Usa come per tutti gli altri Paesi dove le barriere sanitarie vengono utilizzate a fini commerciali. Questi vincoli, secondo Assica, comportano per il settore una perdita di circa 250 milioni di euro di mancate esportazioni.