Un'eta di oltre 45 anni, una famiglia numerosa, un profilo socio-economico non elevato e abita nei piccoli centri del Nord-Ovest. Ecco il profilo del “grande” consumatore di formaggi, capace di spendere più del doppio rispetto alla media (che in Italia è di 360 euro) e persino il triplo quando si tratta di formaggi a marchio Dop. E' questo uno dei molti elementi emersi dall'analisi Ismea-Gfk-Eurisko, presentata da Fabio Del Bravo, responsabile Area Mercati Ismea, in occasione di Cheese, la manifestazione dedicata al mondo dei formaggi che si è svolta a Bra, in provincia di Cuneo.
A proposito di marchi Dop, l'indagine ha evidenziato che questa tipologia di prodotti concentra su di sé il 35% della spesa, con una netta prevalenza (93%) dei formaggi a pasta dura. Un consumo che sebbene consolidato fa registrare quest'anno un calo degli acquisti (-1,4% per i prodotti Dop), compensato dal positivo andamento delle esportazioni. Nel complesso i dati dell'Osservatorio Ismea-Mipaaf sui prodotti a marchio di origine (Dop e Igp) indicano per il 2010 una produzione complessiva di 450mila tonnellate (il 40% dell'intero settore) per un fatturato all'origine che supera i 3 miliardi di euro. Numeri che mettono l'Italia ai vertici della graduatoria Ue grazie al lavoro di 35mila allevamenti e di 1700 caseifici.
Cosa si è detto
All’incontro, organizzato da Cheese in collaborazione con Slow Food, ha partecipato fra gli altri Giorgio Calabrese, docente presso l’Università di Piacenza e di Torino, che ha ribadito l'importanza per il consumatore di conoscere le materie prime utilizzate, perché il valore nutrizionale di un formaggio è diverso a seconda che nella sua produzione siano utilizzate caseine e latte in polvere piuttosto che latte. “E su questo punto – ha affermato Calabrese – noi nutrizionisti dobbiamo essere chiari.” Sul tema dei mercati è intervenuto Piero Sardo, presidente Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus, che ha invitato a riflettere sulla forte presenza negli acquisti dei due grandi formaggi grana mentre per le “piccole” Dop i consumi tendono a rimanere relegati all'ambito locale. Nella diffusione delle Dop “minori” un ruolo importante è quello che può essere svolto dalla Gdo nella quale i piccoli produttori, come testimoniato da Salvatore Cucchiara che produce pecorino Siciliano, hanno però difficoltà ad entrare. Non si è fatta attendere la risposta di Giorgio Cermesoni, direzione acquisti prodotti freschi Gruppo Finiper, che ha sottolineato come nelle scelte dei consumatori pesi la capacità dei prodotti ad esprimere valori di tipicità e legame con il territorio.
Primo, comunicare
Insomma bisogna farsi conoscere, un compito tutt'altro che semplice e che richiede forti investimenti nella comunicazione, fondi che i Consorzi di tutela non dispongono. Salvo unire le forze. Cosa che non pare né semplice né immediata. A meno che non si decida di rivedere completamente tutta l'organizzazione del comparto. Un obiettivo che richiede un forte impegno di programmazione nella politica agricola del nostro Paese. Una meta che oggi, purtroppo, non sembra a portata di mano.