La corsa del Parmigiano-Reggiano e del Grana Padano si è arrestata. Dopo la lunga crisi che solo nell'estate dello scorso anno aveva allentato la presa consentendo una ripresa dei prezzi, il mercato sta ora cedendo. I prezzi restano su livelli soddisfacenti, ma dopo mesi di continua crescita questa inversione di tendenza getta qualche ombra sulla possibile evoluzione del mercato. A far scattare le riduzioni non è la crisi economica che deprime i consumi e nemmeno la flessione delle esportazioni, che al contrario viaggiano con il segno più davanti. La colpa, se di questo si può parlare, è solo della spinta sulla produzione, che allettata dai buoni prezzi degli ultimi mesi non ha saputo “resistere” alla tentazione di mettere più latte nelle caldaie. E ora per il Parmigiano-Reggiano la produzione di forme è del 6,04% in più rispetto a 12 mesi fa, come pure per il Grana Padano (+6,22%). Più allarmante ancora il confronto fra la produzione del mese di luglio e quella dello stesso mese del 2010. Le rilevazioni riportate da Clal dicono che per il Parmigiano-Reggiano la crescita si è spinta ad un +13,40%, mentre il Grana Padano è andata anche oltre (+14,08%).

Non stupisce allora che i prezzi siano calati. In agosto il prezzo del Parmigiano-Reggiano di 12 mesi è sceso di 30 centesimi di euro rispetto a giugno (10,60 euro al kg contro 10,90 euro) analogamente a quanto accaduto per il Grana Padano (8,90 euro al kg contro 9,18 euro per il prodotto di 14-16 mesi).

 

Il Grana Padano e...

Commentando la situazione di mercato il direttore generale del Consorzio del Grana Padano, Stefano Berni, ha confermato che la flessione dei prezzi era largamente prevista a causa dell'aumento produttivo, ben oltre il 2,5% auspicato dal Consorzio e per la contemporanea riduzione dei consumi interni, in parte indotta dall'aumento dei prezzi. Ma dal prossimo ottobre, a parere del direttore del Consorzio, lo scenario dovrebbe evolvere in modo positivo. Per quei mesi è infatti prevista una riduzione della spinta produttiva. Sullo sfondo resta la necessità di poter allineare la produzione alle richieste del mercato, ma occorre attendere che da Bruxelles siano definiti gli strumenti per una programmazione produttiva.

 

...il Parmigiano Reggiano

Intanto il Parmigiano-Reggiano, i cui problemi non sono dissimili da quelli del “cugino” Grana Padano, si è dato un nuovo disciplinare di produzione, entrato in vigore a fine agosto. Più stringenti i vincoli (già forti anche in precedenza) per allevatori e caseifici. I primi vedono aumentare dal 35% al 50% la quota di foraggi che deve essere prodotta all'interno dei singoli allevamenti. Per i secondi scatta l'obbligo di confezionamento in zona di origine. “Sulla filiera produttiva – spiega il presidente del Consorzio del Parmigiano-Reggiano, Giuseppe Alai - saranno più agevoli la vigilanza e i controlli”. I nuovi vincoli continuano con la “quarantena” prevista per le bovine che provengono da altre filiere produttive. Si dovrà attendere quattro mesi prima che il loro latte possa essere trasformato in Parmigiano-Reggiano. “Una misura cautelativa importante – osserva il direttore del Consorzio, Leo Bertozziper evitare l’inserimento, nella filiera del Parmigiano-Reggiano, di bovine che potrebbero essere state alimentate con prodotti non previsti o espressamente vietati dal disciplinare.”

 

 

Gli effetti

La riduzione della produzione non è l'obiettivo che il nuovo disciplinare si era prefisso, ma i vincoli ancora più stringenti sulla produzione potrebbero avere come conseguenza una riduzione della spinta produttiva. Che sarebbe la benvenuta per evitare una nuova difficile situazione di mercato, in attesa che i progetti di riforma del settore lattiero caseario all'esame di Bruxelles offrano ai Consorzi gli strumenti per programmare la produzione. O sui mercati sarà ancora la stagione delle altalene.