Multe latte, se le sommiamo tutte, dal 1996 ad oggi, si arriva alla bella cifra di 2,5 miliardi di euro, quasi una finanziaria. Per l'Italia, costretta ad importare oltre il 40% del prodotto per far fronte ai propri consumi interni, i vincoli alla produzione imposti dalla Ue, con la loro sequenza di multe, hanno un sapore ancora più amaro. Ma queste sono le norme e vanno rispettate, inutile recriminare.

Come se non bastasse ecco arrivare da Bruxelles il conto per la campagna produttiva chiusa il 31 marzo 2008. Abbiamo prodotto 550mila tonnellate di troppo (la nostra quota si ferma a 10,54 milioni di tonnellate) e la multa, stando ai primi calcoli, sarà di 153 milioni euro. Meno dei 198 milioni sanzionati per l'anno precedente. Sempre molti, però, specie per quegli allevatori che stretti fra multe, aumento dei costi produttivi e prezzo del latte al ribasso si trovano con l'acqua alla gola. Con il risultato che sono sempre più quelli che gettano la spugna e chiudono le stalle. Nel 2000 se ne contavano oltre 70mila, oggi ne sono rimaste  poco più di 40mila, una vera e propria ecatombe.

Per fortuna i "sopravvissuti" hanno aumentato la loro efficienza produttiva coprendo i buchi lasciati aperti dagli abbandoni, altrimenti il nostro saldo commerciale sul fronte lattiero caseario sarebbe ancora più in rosso.

In attesa che il regime delle quote vada in "pensione" (dovrebbe accadere nel 2013/20014, ultima campagna ancora con i vincoli produttivi), vediamo da dove prende le mosse quest'ultima tornata di multe milionarie.

Stando alle prime stime fatte da Bruxelles la produzione lattiera dell'Unione europea nel periodo 2007/2008 raggiunge quota 144,645 milioni di tonnellate, mentre il tetto produttivo è fermo a 143,570 milioni di tonnellate. Nella Ue, dunque, si è raggiunto un esubero di 1,075 milioni di tonnellate. L'Italia, con le sue 550 mila tonnellate, contribuisce per oltre la metà alla formazione di queste eccedenze, seguita a distanza da Germania (75mila tonnellate), Olanda (28mila tonnellate) e Austria (14mila tonnellate). Per altri Paesi, come la Francia, si registra invece una situazione opposta, visto che Oltralpe non si copre nemmeno la propria quota di riferimento. Anche questo è un segnale delle incongruenze che hanno segnato sin dagli inizi (oltre 20 anni fa) l'applicazione di questo regime, che però ha raggiunto, bisogna riconoscerlo, il risultato che si era prefissato, annullare cioè le enormi e costose giacenze di latte in polvere e burro che affollavano i magazzini di stoccaggio comunitari.

Ora bisogna prepararsi all'abbandono del regime quote, cosa tutt'altro che semplice. Bisogna tener conto del loro effetto sui mercato del latte (che potrebbe crollare) e degli investimenti che gli allevatori hanno dovuto fare per mettersi in regola, pagando multe e acquistando quote, che non possono diventare, da un momento all'altro, carta straccia.

Una bella responsabilità per gli eurocrati di Bruxelles e un banco di prova importante per il neo-ministro Luca Zaia. Dagli allevatori gli arriva di sicuro un augurio di buon lavoro. Ne avrà bisogno.


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