Contro Vespa velutina, il calabrone asiatico che si sta diffondendo sempre più rapidamente in Europa occidentale, si sta iniziando a provare anche la lotta biologica.
A lavorare su questo fronte è un gruppo di ricercatori francesi che stanno valutando l'efficacia di un fungo entomoparassita contro il calabrone asiatico.
La diffusione di Vespa velutina infatti sta mettendo a dura prova le popolazioni di api da miele, di cui è una voracissima predatrice, oltre a provocare un impatto ancora non ben calcolato sugli altri insetti degli ecosistemi in cui arriva.
Ma contro Vespa velutina oggi le tecniche di controllo sono poche, e vanno dalle trappole per la cattura massale, all'abbattimento dei nidi con gli insetticidi, a tecniche sperimentali di soppressione dei nidi tramite l'introduzione di piccole dosi di insetticidi posizionate sul dorso delle operaie del calabrone.
La lotta biologica fatta tramite un fungo entomoparassita, cioè in grado di parassitizzare gli insetti e in questo caso i calabroni, potrebbe essere una nuova arma particolarmente interessante e versatile.
Il fungo su cui stanno lavorando i francesi è Metarhizium robertsii, un fungo dello stesso genere di Metarhizium anisopliae, da tempo utilizzato e commercializzato in agricoltura per la lotta a diversi insetti.
Metarhizium robertsii è un fungo isolato in Francia che si è presentato sin da subito come un possibile parassita di Vespa velutina.
Il problema è che questo fungo è generalista, cioè può attaccare molte specie di insetti, e per questo il suo utilizzo per la lotta biologica può essere rischioso, perché potrebbe portare ad effetti collaterali negativi su insetti utili o comunque non dannosi.
Così i ricercatori francesi hanno iniziato a studiare le dosi più basse che possono essere efficaci contro il calabrone asiatico, valutando in parallelo anche gli effetti su due insetti impollinatori: Vespula vulgaris e Bombus terrestris.
I risultati finora ottenuti, e anticipati sulla piattaforma bioRxiv che raccoglie studi in fase di pubblicazione su riviste scientifiche, sono promettenti.
Nel dettaglio sono state fatte due prove con una sospensione di spore del fungo in acqua da applicare sugli insetti: una ad alta concentrazione (con 10 milioni di spore a millilitro) ed una a bassa concentrazione (con 1000 spore per millilitro).
Con la sospensione ad alta concentrazione la sopravvivenza dei calabroni trattati si riduceva di oltre 36 volte rispetto ai calabroni non trattati, mentre nelle vespe l'aspettativa di vita si riduceva di circa 6 volte soltanto e nei bombi di poco più di 1,6 volte.
Nei trattamenti a bassa concentrazione invece la riduzione della sopravvivenza nei calabroni trattati rispetto a quello non trattati era di circa il 3,6%, mentre nelle vespe e nei bombi la riduzione della sopravvivenza tra trattati e non trattati era statisticamente non significativa, cioè gli effetti negativi erano pressoché nulli.
Queste prove hanno quindi mostrato un'elevata suscettibilità del calabrone asiatico a questo fungo, confermando i primi studi su questo tema che erano stati fatti nel 2018.
Il fatto che i calabroni siano più suscettibili all'attacco del fungo rispetto alle vespe e ai bombi, probabilmente è dovuto al fatto che per loro si tratta di un patogeno nuovo, in quanto di origine europea, contro il quale evolutivamente non hanno ancora sviluppato sistemi di difesa, a differenza delle vespe e dei bombi che probabilmente ci sono già entrati in contatto, adattandosi.
I ricercatori hanno poi fatto un confronto sull'aspettativa di vita tra le varie specie e hanno visto che trattando tutti e tre gli insetti con basse concentrazioni i calabroni e le vespe vivevano sempre di più dei bombi.
Mentre con trattamenti ad alte concentrazioni di spore, i calabroni vivevano sempre di più dei bombi, ma meno delle vespe.
Il fatto che invece in generale i bombi vivessero sempre meno dei calabroni e delle vespe, per i ricercatori sarebbe stato causato dal cattivo stato di salute delle colonie di bombi.
Da queste prove quindi viene fuori un profilo interessante di questo fungo, che mostra una elevata efficacia verso Vespa velutina e una discreta sicurezza sui due insetti utili su cui è stata testata, candidandolo quindi ad essere un possibile agente di lotta biologica.
Ora, per i ricercatori, il prossimo passo è quello di valutare le dosi di spore del fungo necessarie per abbattere un nido di Vespa velutina e di continuare gli studi sulla sicurezza verso gli altri insetti non dannosi.
Materiale consigliato per approfondire
"Indigenous strains of Beauveria and Metharizium as potential biological control agents against the invasive hornet Vespa velutina" di Poidatz et al., Journal of Invertebrate Pathology, 2018
"Invasive Vespa velutina nigrithorax hornets are more susceptible to entomopathogenic fungus than two other hymenopteran species, the wasp Vespa vulgaris and the bumblebee Bombus terrestris" di Lacombrade et al., bioRxiv, 2024