Il marciume gessoso delle castagne è diventato, a partire dagli inizi degli anni 2000, una delle maggiori avversità della castanicoltura nazionale e non solo.

 

La malattia è causata dal fungo Gnomoniopsis castaneae, che penetra dai fiori, dove non causa danni, e si sviluppa poi nei frutti, portando a marciumi dall'aspetto prima gessoso e poi brunastro, che possono comparire anche dopo la raccolta, rendendo le castagne invendibili.

 

Un problema che interessa la maggior parte delle zone castanicole dell'Italia e quasi tutti gli areali di coltivazione dei castagni del mondo.

 

Ma per quanto questo problema sia ampiamente studiato da almeno 15 anni, restano ancora molti aspetti poco conosciuti, come quelli legati alla variabilità genetica del fungo.

 

Uno studio italiano - pubblicato quest'anno sulla rivista Journal of Plant Pathology e portato avanti da ricercatori dell'Università della Tuscia di Viterbo, dell'Università di Torino, dell'Università di Padova, del Cnr e dell'Agris, l'Agenzia Regionale per la Ricerca e lo Sviluppo in Agricoltura della Sardegna - ha messo in evidenza la presenza di 2 varianti del fungo sul territorio nazionale.

 

Si tratta tecnicamente di 2 aplotipi, cioè di 2 varianti genetiche che differiscono per la variabilità di uno specifico gene, identificati come aplotipo A e aplotipo B.

 

Per quanto la differenza dal punto di vista genetico sia molto piccola, perché legata ad una porzione di Dna piuttosto ristretta, i 2 aplotipi mostrano una virulenza diversa, con l'aplotipo A più aggressivo dell'aplotipo B.

 

Le castagne infettate dall'aplotipo A mostrano in genere sintomi su un'area più ampia di circa 3 centrimetri quadri, a differenza di quelle infettata dall'aplotipo B che in media porta a sintomi su un'area più piccola, intorno agli 1,9 centimetri quadri.

 

Lo studio, ha preso in considerazione le castagne raccolte in 4 zone d'Italia, mettendo in evidenza che la distribuzione dei 2 aplotipi non è la stessa.

 

In particolare nelle regioni indagate del Centro Italia è molto più diffuso l'aplotipo A, quello più virulento, che interessa l'85% delle castagne malate nel Lazio e il 77% in Sardegna.

 

Diversa la situazione nelle regioni del Nord Est, dove è prevalente l'aplotipo B, quello meno virulento, che è stato ritrovato nel 67% delle castagne malate in Trentino Alto Adige e nel 53% in Veneto.

 

Nelle regioni del Nord Ovest, Piemonte e Val d'Aosta, invece è risultato presente solo l'aplotipo B.

 

Si ha quindi una fotografia, se pur parziale, di un altro aspetto di questa malattia e della sua diffusione in Italia.

 

Un quadro a cui si dovranno aggiungere i dati anche per le altre parti del territorio nazionale, prime tra tutte quelle dove la castanicoltura è particolarmente vocata, come la Toscana, l'Emilia Romagna e la Campania, in modo da avere un quadro completo.