Che le api siano attratte dai fiori nettariferi è fatto noto. Che le piante esposte a glifosate muoiano dopo il trattamento è fatto parimenti noto. Quindi la domanda da porsi è: quali concentrazioni di glifosate possono trovare le api nel nettare di piante che siano state raggiunte in qualche modo dall'erbicida?
A tentare di dare una risposta a tale domanda ci hanno pensato alcuni ricercatori irlandesi e hanno pubblicato i risultati su Helyon(1), rivista open access.
In sintesi, stando agli autori, i residui riscontrati nel nettare superavano i livelli massimi di glifosate consentiti in Europa per il miele e per gli altri prodotti derivanti dalle api. Il dubbio sollevato è quindi sugli eventuali danni che tali concentrazioni potrebbero arrecare sia agli impollinatori sia ai consumatori di miele.
Le piante campionate
Le piante campionate sono state colza e mirtilli selvatici coltivati in sette diverse località irlandesi. In tre di queste sono stati trovati appunto residui di glifosate nel nettare a una settimana dall'irrorazione nei campi adiacenti.
Quali le concentrazioni?
Nessun residuo è risultato nei campioni ricavati dal colza, né nel nettare, né nel polline. Campioni positivi a glifosate, quattro su sette come detto, sono stati invece rinvenuti nel mirtillo, ma solo nel nettare. In tal caso, le concentrazioni hanno spaziato da un minimo di 96,8 (± 4,4) µg/kg a un massimo di 205,7 (± 6,8) µg/kg.
Le dosi somministrate alle api
Stando a un altro studio uruguaiano/svizzero, pubblicato nel 2021(2), alcuni effetti nocivi sulle api si sarebbero evidenziati a concentrazioni di glifosate pari a 10 mg/L di sciroppo zuccherino somministrato. Qualcosa simile al nettare, quindi, per lo meno nelle intenzioni. A tali dosi, stando ai ricercatori, l'indebolimento degli impollinatori li avrebbe resi più suscettibili ad alcune fra le più comuni patologie che li affliggono.
Prima osservazione: trattasi di concentrazioni circa 50 volte superiori a quelle massime riscontrate nella ricerca irlandese. Oltre 100 volte superiori ai valori minimi. Ciò non deve stupire, poiché le dosi realizzate in laboratorio nelle soluzioni zuccherine e quelle rinvenibili nel nettare dei fiori sono decisamente incomparabili. In una pianta non resistente a glifosate, cioè non Ogm, la dose di 10 mg/L nel nettare indicherebbe praticamente un'esposizione diretta. Cioè un diserbo vero e proprio, non certo una deriva. A tali condizioni la pianta muore, anche se non subito. Nel volgere di breve tempo arresta però ogni sua attività fisiologica divenendo tutto tranne che attrattiva per le api.
Circa la dose assunta realmente dalle api, nello studio di laboratorio con somministrazione artificiale è stato stimato un consumo medio di sciroppo zuccherino pari circa a 10 µL/giorno, corrispondente a un'assunzione da parte delle api pari a circa 0,1 µg/ape/giorno. Nota: nella pubblicazione originale, per un errore di battitura, viene riportata una dose giornaliera pari a 0,1 grammi/ape.
La dose di laboratorio a confronto con quelle rinvenute in campo
La LD50 orale per le api viene riportata in ragione di 100 µg/ape. Quindi già nei test uruguagi/elvetici si è somministrata alle api una dose di circa mille volte inferiore alla LD50 per le api. Da ciò ne deriva, sempre per stima, che le concentrazioni nei nettari irlandesi fossero da 50mila a 100mila volte inferiori alla LD50.
Una prima osservazione si può quindi fare riguardo le numerose pubblicazioni che hanno denunciato possibili danni al microbioma delle api, operando però a concentrazioni di glifosate nell'ordine dei milligrammi per litro.
Lo studio irlandese dimostra infatti che, almeno per gli scenari analizzati, le concentrazioni reali nei nettari bottinati dalle api sono molto inferiori a quelle impiegate nelle ricerche precedenti. E ciò solo in alcuni campioni, non tutti. In uno scenario diversificato si può quindi ritenere che l'assunzione complessiva giornaliera sia ulteriormente ridotta.
Una seconda osservazione si può quindi sviluppare circa i supposti effetti sulle api dovuti a tali concentrazioni. Dura immaginare infatti che alla salute delle api possa accadere qualcosa a fronte di dosi inferiori di 50-100mila volte quelle della LD50.
Glifosate nel miele
Infine una terza osservazione, relativa alla salute dei consumatori di miele. A fronte di concentrazioni così ridotte, appare fantasioso ipotizzare che nel miele possa esservi una concentrazione di glifosate tale da rappresentare un rischio per la salute di chi lo consuma.
A conferma, sugli 879 campioni di miele analizzati a livello europeo (Efsa 2020), ben 710 (80,7%) non hanno mostrato residui sopra il limite di rilevabilità per alcun agrofarmaco. Altri 121 campioni (13,8%) rispettavano i limiti di Legge per gli agrofarmaci rinvenuti. Solo 48 campioni (5,5%) hanno mostrato qualche sostanza attiva che superava gli Lmr.
Circa 30 le sostanze attive trovate nei vari campioni e a risultare fuori norma sarebbero stati soprattutto amitraz, chlorfenvinpho, coumaphos, rame, thiacloprid e acetamiprid. Quindi anche prodotti impiegati dagli stessi apicoltori. Di glifosate non v'è neanche menzione. Peraltro, per l'erbicida gli Lmr nel miele sono praticamente alla soglia di non quantificazione. Ovvio quindi come tutto ciò che venga rilevato all'analisi del nettare sia "superiore agli Lmr
MR" del miele, come riportato negli articoli che rilanciavano la ricerca irlandese.
Quanto al microbioma intestinale umano, si è già fornito un approfondimento sulla sostanziale ininfluenza di glifosate alle dosi a cui viene assunto con i residui nel cibo. In sostanza, di rischi per la salute dei consumatori derivanti dal consumo di miele ve ne potrebbero essere solo per quanto riguarda la glicemia. Non certo per glifosate.
Conclusioni
Anche la ricerca irlandese, spammata ovviamente sui social dagli haters di glifosate e della chimica agraria in genere, si rivela essere l'ennesimo buco nell'acqua. O meglio, nel nettare.
Per lo meno, va riconosciuto ai ricercatori di Dublino la pazienza di raccogliere quantità importanti di nettare e polline per poi valutare in laboratorio l'effettiva concentrazione dell'erbicida. Opera non certo comune.
Ed è infatti proprio quest'ultima ricerca a confermare che no, le concentrazioni ambientali di glifosate non sembrano sufficienti a causare danni alle api. Si attende ovviamente la prossima, di ricerca, poiché il filone "glifosate-api" è ben lungi dall'essere esaurito.
Riferimenti
1) Elena Zioga, Blànaid White, Jane C. Stout (2022): "Glyphosate used as desiccant contaminates plant pollen and nectar of non-target plant species". Vol. 8 Dec. 2022. https://doi.org/10.1016/j.heliyon.2022.e12179
2) L. Castelli et al (2021): "Impact of Chronic Exposure to Sublethal Doses of Glyphosate on Honey Bee Immunity, Gut Microbiota and Infection by Pathogens". Microorganisms 2021, 9(4), 845; https://doi.org/10.3390/microorganisms9040845