L'obiettivo dei ricercatori di Scienze agrarie e farmacia dell'ateneo toscano era quello di ottenere un bio-erbicida che non avesse alcun impatto sull'ambiente e sull'uomo. Un compito non facile e certamente attuale vista la bagarre scoppiata introno al glifosate, l'erbicida di gran lunga più utilizzato oggi in agricoltura e in ambito civile.
"L'efficacia del nostro erbicida è totale", spiega ad AgroNotizie Stefano Benvenuti, ricercatore dell'ateneo pisano che ha curato lo studio pubblicato su Weed Research. "Le piante muoiono al contatto con la soluzione irrorata. Non essendo sistemico tuttavia, il nostro prodotto elimina le piante annuali, mentre per quelle perenni non è risolutivo".
L'aspetto sorprendente è che gli oli essenziali alla base dell'erbicida provengono da alcune erbacce come l'achillea (Achillea millefolium), l'assenzio annuale (Artemisia annua), l'assenzio dei fratelli Verlot (Artemisia verlotiorum), la santolina delle spiagge (Otanthus maritimus) e la nappola (Xanthium strumarium).
"Sono piante infestanti, molto rustiche, che possono essere coltivate in terreni marginali o poco fertili ed essere raccolte per poi produrre gli oli essenziali", continua Benvenuti. "L'idea è che si crei una vera e propria filiera che possa mettere a reddito aree oggi non utilizzate".
Ma come funziona l'erbicida messo a punto a Pisa? "Il meccanismo di azione non è ancora chiaro, riteniamo che le membrane cellulari della pianta collassino a causa del pH molto basso della sostanza, intorno a due. Questo porta ad un rapido imbianchimento dei tessuti, con l'ossidazione della clorofilla e la successiva morte della pianta", spiega Benvenuti.
"La dose di applicazione varia a seconda dello stadio fenologico del vegetale. In quelli precoci bastano pochi milligrammi al metro-quadro per ottenere il disseccamento dei tessuti".
Il punto interrogativo, neanche a dirlo, è l'economicità del prodotto. Fino ad ora la sperimentazione è stata portata avanti in laboratorio e in serra, senza tenere in considerazione i costi di produzione. L'auspicio, fanno sapere i ricercatori, è che una azienda prenda a cuore il progetto e trasformi l'idea in un prodotto commerciale dedicato sia all'agricoltura, che agli utilizzi civili. Nei centri abitati l'opinione pubblica è molto sensibile al tema dell'utilizzo degli erbicidi di sintesi e potrebbe essere più propensa ad accettare quelli di origine naturale, anche se più costosi.