L’inquadramento del problema è spettato a Mauro Agosti, di Condifesa Lombardia Nord-Est, il quale ha sviscerato i molti temi della biologia e delle dinamiche di popolazione della Diabrotica.
Per proteggere al meglio l’apparato radicale del mais, è infatti necessario conoscere bene il comportamento dell’insetto e saper analizzare le singole realtà aziendali prima di agire.
Mauro Agosti, di Mauro Agosti - Condifesa Lombardia Nord Est
Conoscere le dinamiche che governano le popolazioni è infatti fondamentale per pianificare le azioni da compiere. Le condizioni di campo sono molto diversificate da zona a zona e da azienda e azienda. Come pure nel tempo l’aggressività della popolazione presente può cambiare, ricorda Agosti. Per esempio, contro gli elateridi anche le singole larve possono arrecare danni, mentre la Diabrotica provoca danni solo se la popolazione diviene sensibile.
Per situazioni ambientali particolari la prolificità dell’insetto gli permette di moltiplicarsi facilmente e allora iniziano i danni. L’obiettivo non è quindi sterminare la popolazione, ma ridurla al di sotto delle soglie di danno per la coltura.
Danni da Diabrotica su mais. Le piante private dell'apparato radicale ginocchiano o si allettano
(Fonte: Mauro Agosti)
Diversi i fattori da tenere in considerazione: il mais è il target preferito della Diabrotica, quindi, sebbene essa sopravviva parzialmente anche su altre colture, le rotazioni sono comunque utili al suo contenimento. Le interazioni con l’ambiente possono inoltre influire sulla biologia dell’insetto.
Se non si ha un quadro completo della situazione di ogni appezzamento non si può quindi impostare correttamente la lotta.
La monosuccessione a mais su terreni sciolti di pianura è la condizione che favorisce di più l’insetto, il quale in tal caso oscilla per popolazione intorno alla soglia che procura danno. Anche l’osservazione delle aziende vicine concorre all’inquadramento della situazione: da queste l’insetto può infatti ricolonizzare i terreni trattati. Diverso è infatti avere mais seminato in mezzo ad appezzamenti investiti con altre colture, oppure essere parte di un comprensorio tutto vocato alla monosuccessione.
Gli inverni poco rigidi sono per giunta favorevoli alla sopravvivenza delle uova nel terreno. Ogni femmina può deporre 400 uova vitali. Quindi, anche poche femmine per ettaro comportano migliaia di esemplari potenziali. Meno l’inverno è freddo, meno muoiono, dato che l’assenza di gelate consente la sopravvivenza di alte percentuali di uova. A poco servono però le lavorazioni del terreno, le quali da solo non possono quindi bastare per contenere il patogeno.
In casi come quello dell’inverno scorso, la mortalità è stata intorno all’1-2%. Praticamente nulla.
Altro momento sensibile per la Diabrotica è la primavera. Le larve necessitano infatti di una buona umidità del terreno, altrimenti si disidratano e muoiono. Con inverni freddi e primavere secche, si possono perciò avere mortalità elevatissime. In termini di pericolosità, quando una larva supera lo stadio di 2° età le probabilità di divenire adulta sono superiori al 90%. Questo è il motivo per cui dal 2013 al 2014 si è osservata un’impennata delle popolazioni. Anche la concimazione spinta del mais, lo induce a divenire molto lussureggiante. In tal modo la pianta stessa rappresenta un buon substrato su cui crescere. Meglio non eccedere quindi con Azoto.
Nel terreno le larve sono attratte dalla CO2 emessa dalle radici e procedono dall’apice verso la base, mantenendosi fra corteccia e cilindro centrale, nella radice sviluppata, e le radici in fase di crescita sono quelle maggiormente colpite. Seminando precocemente riesco ad avere un apparato sviluppato quando arrivano le larve. Se invece ho radici appena emesse i danni sono maggiori. Anche per questo le seconde semine possono avere attacchi più severi.
Epoche di semina del mais e presenza delle larve di Diabrotica
(Fonte: Mauro Agosti)
Purtroppo, nelle aree a forte vocazione zootecnica, con semine differite nel tempo, gli adulti trovano sempre polline fresco per alimentarsi anche d’estate e quindi aumenta il loro potenziale riproduttivo. Grazie alle trappole cromotropiche si può però sapere qual è il livello reale di infestazione.
Per ottenere i massimi risultati appare quindi necessario l’approccio integrato al fitofago: avvicendamento, semine anticipate e trattamento sugli adulti servono per limitare le ovideposizioni, quindi la popolazione dell’anno dopo. I geodisinfestanti proteggono invece la coltura nell’anno in corso, ma non influiscono sull’ovideposizione estiva. Questa va impedita nel momento in cui le femmine iniziano a deporre, cosa che spesso avviene non in coincidenza con il volo della piralide.
Importante la taratura corretta delle macchine, perché la distribuzione del geodisinfestante deve essere precisa.
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