Ora un progetto di ricerca internazionale coordinato dal dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e agro-ambientali dell'Università di Pisa, finanziato con circa un milione di euro, avrà il compito di studiare e rilanciare la coltivazione di questa pianta nell'areale mediterraneo, ponendo l'attenzione soprattutto sugli aspetti di sostenibilità ambientale e di adattamento ai cambiamenti climatici.
Questo progetto si chiama Figgen e noi abbiamo intervistato il professore Tommaso Giordani che ne sarà il coordinatore scientifico.
Tommaso Giordani, perché un progetto di ricerca sul fico?
"Da qualche anno il gruppo della sezione di genetica del dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e agro-ambientali dell'Università di Pisa si occupa di studiare le caratteristiche del genoma del fico e di come questa specie, diffusa nell'area del Mediterraneo, sia in grado di resistere a condizioni climatiche avverse come siccità e salinità. Per questo abbiamo deciso di partecipare alla call di Prima che è un programma sensibile alle tematiche dell'agro-alimentare nell’area mediterranea, alla ricerca di soluzioni innovative per rispondere al cambiamento climatico in atto".
Di cosa si occuperà nel dettaglio il progetto?
"Ci occuperemo di caratterizzare circa trecento varietà di fico coltivate in Spagna, Tunisia e Turchia. Oltre ad analisi genetiche saranno effettuate analisi sulla produzione e lo sviluppo delle piante anche in condizioni avverse come la siccità e la salinità per identificare quelle varietà che meglio possono adattarsi alle condizioni dettate dal cambiamento climatico. Tra gli obiettivi c'è quello di realizzare sistemi agricoli basati sulla biodiversità, più resistenti alle incertezze climatiche e più sostenibili, producendo effetti benefici in termini di conservazione delle risorse naturali, conservazione del suolo e delle acque e più in generale effettivi positivi sui servizi ecosistemici.
Tutto ciò avrà un impatto sia sul benessere che sul reddito degli agricoltori, sull'agro-ecosistema e sulla produzione di fichi, consentendo di invertire la tendenza al ribasso della produzione di fichi nell'area mediterranea registrata negli ultimi anni".
Il professore Tommaso Giordani
Oltre al vostro gruppo di ricerca chi sono gli altri partecipanti di questo progetto?
"Oltre al nostro dipartimento, del progetto fanno parte anche due partner spagnoli come l'Instituto de hortofruticultura subtropical y mediterranea La Mayora dell'Agencia estatal consejo superior de investigaciones cientificas, rappresentato dal professore Inaki Hormaza, capo del Subtropical fruit crops department e il Centro de investigaciones científicas y tecnológicas de extremadura, rappresentato dalla dottoressa Margarita Lopez-Corrales, coordinatrice della banca di germoplasma di fico in Extremadura e responsabile del Centro di analisi e registrazione di varietà commerciali di fico a livello nazionale e comunitario.
Fanno parte del progetto anche due partner della sponda meridionale del Mediterraneo come la facoltà di Scienze dell'Université de Tunis El Manar, in Tunisia, rappresentata da Amel Hannachi, professoressa di genetica e direttrice del Fruit genetic resources team in the laboratory of genetics, immunology and biotechnology, e il dipartimento di Orticoltura della Çukorova University, in Turchia, rappresentato dalla professoressa Ayzin Küden".
L'Università di Pisa di che cosa si occuperà nello specifico?
"Il gruppo di Economia agraria del nostro dipartimento, coordinato dal professor Gianluca Brunori, si occuperà di studiare il mercato di fico nel bacino del Mediterraneo, anche attraverso interviste con le parti interessate legate alla filiera produttiva. Il gruppo di Genetica agraria invece si occuperà delle analisi genetiche, mirate a identificare caratteristiche genetiche che potranno essere sfruttate nel miglioramento genetico del fico nel prossimo futuro".
Qual è oggi lo stato della coltivazione del fico nel Mediterraneo?
"Nell'area mediterranea la maggior parte della coltivazione del fico è portata avanti da piccoli coltivatori e si basa su cultivar locali, che sono il risultato della selezione empirica fatta dagli agricoltori in diverse condizioni ambientali. Negli ultimi decenni, le aree coltivate sono diminuite a causa dell'urbanizzazione intensiva e degli stress biotici e abiotici amplificati dal cambiamento climatico che hanno portato alla scomparsa di molte varietà che sono state mantenute per lungo tempo.
Le cultivar rimanenti mostrano plasticità fenotipica a condizioni diverse che portano a problemi d'identificazione (omonimie e sinonimie). Le attuali cultivar di fichi presenti hanno subito un basso livello di miglioramento genetico, per questo sono attese ricerche per una caratterizzazione genetica delle cultivar esistenti, una loro valorizzazione e per una selezione di genotipi di fico con le migliori prestazioni agronomiche in condizioni di terreni poveri e con scarsità di irrigazione".
Chi è il paese principale per la coltivazione del fico nel Mediterraneo?
"La Turchia, per questo abbiamo fortemente voluto che nel consorzio del progetto ci fosse un partner turco".
E in Italia questa coltivazione che interesse ha?
"Fino alla fine degli anni '60 la produzione di fichi nel nostro paese è stata la prima al mondo, con una produzione di frutta fresca di 319.100 tonnellate e una superficie coltivata di 9.600 ettari nel 1961. Negli anni la produzione è scesa drasticamente e nel 2017 l'area coltivata era di soli 2.336 ettari.
Uno degli obiettivi del progetto è quello di provare a rilanciare la produzione di fichi nel nostro paese".
Oggi il fico ha dei nuovi e temibili parassiti come il punteruolo nero (Aclees sp.) e il tarlo asiatico (Anoplophora chinensis), sono previsti studi anche per cercare nuove strategie di lotta?
"Il nostro dipartimento ha di recente iniziato uno studio mirato a conoscere e contrastare il punteruolo nero (Aclees sp). Il problema è il reperimento di fondi per questo tipo di ricerche".
In conclusione quali risultati ci si aspetta da questo progetto e quando si potranno iniziare a vederli realizzati?
"Dal progetto ci si aspetta di identificare le varietà di fico che meglio potranno adattarsi al cambiamento climatico, assicurando elevati livelli di produzione anche nel futuro. I risultati di una prima caratterizzazione saranno disponibili alla fine della prossima estate. Le analisi genetiche porteranno all'identificazione di marcatori genetici che potranno essere sfruttati per il miglioramento genetico di questa specie. I risultati saranno disponibili tra tre anni, alla fine del progetto".