Ben lontani dalle italiche beghe, il Vietnam ha completato il processo di autorizzazione dei quattro ibridi, un processo iniziato quattro anni fa, quando il Vietnam annunciò di voler iniziare prove di campo sui mais transgenici. Questi sono passati quindi attraverso numerosi test fino a essere approvati dal Consiglio di sicurezza alimentare del Vietnam.
Trattasi dei mais gm resistenti ai lepidotteri “Bt 11” e “Mir162”, sviluppati da Syngenta, e dei “Mon89034” e “Nk603” di Monsanto. Già, quest'ultimo è proprio l’ibrido di mais resistente al glifosate utilizzato da Gilles Seralini per “dimostrare” che gli ogm sono cancerogeni. Forse, in Vietnam non leggono “Le Nouvelle Observateur”, quotidiano francese che diede ampio risalto alla notizia. O se lo leggono pare che gli diano il peso che merita.
Ciò sia magari visto anche come spunto di riflessione per tutti coloro che insistono ossessivamente a ritirare fuori dai cassetti della Storia il famigerato Agente Orange, defogliante venduto da Monsanto all'esercito degli Stati Uniti e usato proprio in Vietnam negli Anni 60. Se perfino i Vietnamiti ci hanno messo oggi una pietra sopra, reputando Monsanto un valido interlocutore tecnico-commerciale con cui collaborare, forse qualche pensiero dovrebbe esser fatto da chi continua a mischiare passato e presente con finalità meramente ideologiche.
Ben lungi dal farsi influenzare dai catastrofismi allarmistici che ammorbano la discussione sul biotech in Europa, Italia in primis, il governo vietnamita è quindi in procinto di accelerare l'applicazione di tali tecnologie agricole. Ciò è stato reputato “in linea con il piano per l'agricoltura sostenibile fino al 2020”.
Perché la parola “sostenibilità”, piaccia o meno, ha molti più significati di quelli cui la si vuole ostinatamente limitare.
E che l’Europa debba prendere lezioni dal Vietnam quanto a semantica, lascia in effetti alquanto perplessi.
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Fonte: Isaaa - International Service for the Acquisition of Agri-biotech Application
Autore: Donatello Sandroni