Oramai la batteriosi dell'actinidia o Pseudomonas syringae pv. actinidiae è diffusa in tutte le principali aree produttive di kiwi in Italia.
La sua lotta è principalmente basata sulla prevenzione. Il tutto condito dal continuo monitoraggio dello stato di salute degli impianti con eventuali interventi di taglio, asportazione e bruciatura delle parti infette o delle intere piante; la periodica copertura con prodotti a base di sale di rame; l’attenzione, durante le normali pratiche colturali, a non procurare ferite o abrasioni alle piante di kiwi nelle giornate di bagnatura, dal momento che il batterio si propaga maggiormente in condizioni di spiccata umidità.

"La prevenzione è attualmente l'elemento fondamentale nella lotta alla Psa - spiega Marco Scortichini, direttore del Cra Unità di ricerca per la frutticoltura di Caserta e noto batteriologo vegetale -. Il tutto però deve essere fatto in modo corretto e tempestivo. E' importante individuare il momento ideale per intervenire per rendere maggiormente efficace il lavoro svolto. Senza questa accortezza lo sforzo potrebbe essere vano. La Psa è infatti molto aggressiva e facilmente adattabile, questo permette un suo elevato grado di aggressività. Credo che sia importante far capire agli agricoltori e tecnici che agire nel modo giusto e al momento giusto è la chiave della strategia.
Pensare di intervenire in copertura con rame, quindi, non è sufficiente. Ad esempio, dobbiamo intervenire subito dopo la raccolta (appena finita o al massimo il giorno dopo) con prodotti rameici per disinfettare qualsiasi ferita o apertura naturale che possa far penetrare il batterio all’interno della pianta. Durante la fase invernale è poi necessario trattare attraverso prodotti filmanti per creare uno schermo protettivo. Anche dopo la potatura e dopo forti forti piogge, grandinate e vento intenso è necessario intervenire con trattamenti a base di rame. In fioritura si consiglia, infine, di effettuare 2-3 trattamenti con batteri antagonisti o fertilizzanti con associata attività battericida".

"L'avvento della Psa ha sicuramente imposto alcune limitazioni alla coltivazione dell’actinidia in Italia e nel mondo - continua Scortichini -. Nelle aree italiane dove esiste il costante rischio di gelate, in presenza di possibile inoculo, diventa difficile poter coltivare l’actinidia. Le gelate infatti creano ferite naturali più o meno evidenti, attraverso le quali il batterio entra nella pianta.
Altro aspetto che stiamo valutando è l'introduzione di varietà resistenti alla Psa. Ad oggi non ci sono ancora varietà con questa caratteristica, ma ci stiamo lavorando. Importante è anche individuare impollinatori resistenti alla Psa. Allo stato attuale abbiamo alcune selezioni che presentano una certa tolleranza".


In Nuova Zelanda autorizzato l'uso di antibiotici
In Nuova Zelanda è stato recentemente approvato dall’Epa e dall’Acvm l’uso di un nuovo antibiotico per controllare la Pseudomonas syringae pv actinidiae o batteriosi dell’actinidia. Si chiama kasugamycin e il prodotto commerciale che lo contiene è il Kasumin®. La richiesta alle autorità locali neozelandesi per la protezione ambientale è pervenuta dall’Etec Crop Solutions Limited nel maggio scorso per ottenere il permesso di importare Kasumin dal Giappone.
Gli esperti hanno approvato l’applicazione imponendo precise regole per proteggere le persone e l’ambiente. Gli operatori infatti dovranno essere formati e certificati per usare il prodotto in modo sicuro, che dovrà essere spruzzato per terra. La regolamentazione inoltre limita la quantità di prodotto che può essere applicato (leggi ulteriori approfondimenti sul sito della Kvh - Kiwifruit vine health). Kasumin® diventa così un’alternativa all’attuale uso del KeyStrepto a base di streptomycina.

“L'antibiotico kasugamycin è una vecchia conoscenza - conclude Scortichini -. Viene utilizzato in alcuni Paesi esteri per la lotta contro il colpo di fuoco batterico. Questa nuova introduzione testimonia le difficoltà che hanno i neozelandesi per tentare di contenere la malattia. Sull’efficacia possiamo dire che gli antibiotici in genere possono essere usati al massimo 2-3 anni, a causa dell’insorgenza di fenomeni di resistenza. In tutto questo non vedo nulla di innovativo.
L'approccio che abbiamo avuto in Italia è diverso: guardare in avanti e non al passato. Probabilmente il loro approccio potrà dare risultati immediati, che però non si manterranno nel tempo. Noi abbiamo scelto di sviluppare tecniche di prevenzione e di lotta che ci permettano di combattere per tanti anni, con l'obiettivo di rendere la Psa innocua".