Nell’annata 2006/07 l’Italia aveva già evidenziato notevoli difficoltà, anche a seguito della difficile collocazione dei prodotti sui mercati interni ed esteri, della carenza di competitività delle imprese di tutta la filiera, degli elevati costi di produzione, dell’eccessiva polverizzazione delle imprese agricole e di quelle commerciali uniti a problematiche climatiche che di certo non hanno aiutato gli agrumicoltori.
“L’aspetto climatico – dice Carmelo Mennone, direttore dell’Azienda agricola sperimentale Pantanello – ha creato diversi problemi, con un calo delle rese medie unitarie per ettaro che si è verificato a seguito del clima caldo e siccitoso che ha caratterizzato tutte le principali aree di produzione. In particolar modo i problemi si sono incontrati nella fase dell'allegagione (formazione) e in quella successiva d’accrescimento dei frutti, entrambe caratterizzate da temperature elevate e da frequenti fenomeni di cascola, favoriti anche dai forti venti di scirocco. Altre problematiche sono rappresentate dalla carenza idrica e da una concimazione non ottimale”. Tutti questi fattori, oltre a incidere negativamente sulla produzione, portano a frutti di qualità e pezzatura ridotta, in particolare quelli a maturazione e raccolta precoce (es. clementine). Di qui, la crisi dei prezzi per i produttori agrumicoli.
“Oltre a questi aspetti, indipendenti dalla nostra volontà – continua Mennone - dobbiamo tenere in considerazione l’andamento del mercato e l’applicazione di politiche che spesso portano ad un aumento dei costi che crescono nel percorso dal campo alla tavola, a vantaggio di elementi intermedi della filiera, in primis la grande distribuzione. Basti pensare come 1 kg d’arance sia mediamente pagato al produttore 15-35 centesimi e venga venduto sui banchi dei supermercati ad oltre 0,80-1,60 euro (Fonte: Camera di Commercio). Il divario economico non avvantaggia lo sviluppo dell’agrumicoltura, la grande distribuzione dovrebbe venire incontro al consumatore per incentivare l’acquisto e il consumo dei prodotti”. Un esempio pratico in questa direzione è dato dai farmers market, i mercati gestiti dagli agricoltori con vendita diretta dei prodotti, un’opportunità a tutto vantaggio dei consumatori e per il contenimento dei prezzi.
Un capitolo a parte riguarda poi gli investimenti in tecnologie e moderni impianti produttivi, che in Italia sono ancora piuttosto scarsi rispetto ad altri Paesi, come ad esempio quelli del Bacino del Mediterraneo dove, tra l’altro, i costi di produzione sono di gran lunga più bassi.
“Altro aspetto interessante – prosegue Mennone - è legato alla ricerca di nuovi mercati rispetto a quelli tradizionali (ovvero Germania, Austria, Francia e Svizzera) che porterebbero ad un maggiore dinamismo dell’esportazione con rivitalizzazione del settore. Un esempio su tutti è dato dai Paesi dell’Est Europa e da quelli asiatici (Cina e Giappone).
La nuova Ocm agrumi
L’agrumicoltura e il settore industriale ad esso legato hanno preso atto della riforma Ocm recentemente varata dall’Unione europea che ha deliberato la concessione ai produttori singoli e associati di un aiuto commisurato alle superficie investite ad agrumi, la cui entità è sganciata dal volume della produzione con il criterio del disaccopiamento.
A seguito di questo, Stato e Regioni hanno raggiunto l’accordo su come distribuire i 122 milioni d’euro a favore degli agrumicoltori. Tale somma sarà così ripartita: due terzi verranno suddivisi sul totale della superficie agrumicola nazionale - cui verrà applicato un coefficiente di correzione che tiene conto delle rese – un terzo con ulteriore applicazione di un coefficiente che viene applicato solo a chi in passato solo a chi in passato ha usufruito del regime di aiuti alla trasformazione.
Foto by muyral
A cura di Lorenzo Cricca
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Fonte: Agronotizie