Il mar Mediterraneo unisce Italia e Libia per i rischi legati alla crisi climatica: il ciclone Daniel, che ha provocato un'ecatombe nel Paese africano, ha precedentemente sfiorato la costa jonica calabrese e la Sicilia sudorientale dopo aver provocato morti in Grecia, Turchia e Bulgaria. La causa di queste tragedie è facilmente individuabile nell'entità di eventi pluviometrici, rafforzati dall'attraversare una distesa d'acqua salata eccezionalmente calda, toccando ancora i 28 gradi: ad Al-Bayda, in Libia, sono caduti 414 millimetri d'acqua in un'ora, mentre in Grecia, a Zagora del Pelion si sono registrati 910 millimetri di pioggia in 36 ore, quando ad Atene ne cadono mediamente poco più di 400 in un anno.
"Sono decisamente preoccupanti i rischi che lo scenario autunnale propone, quando le correnti fredde dal Nord Europa o dall'oceano Atlantico batteranno zone del nostro continente, dove la temperatura sta permanendo attorno ai 30 gradi, cioè circa 12 gradi sopra la media del periodo - commenta Francesco Vincenzi, presidente dell'Anbi, Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la tutela del Territorio e delle Acque Irrigue -. Poco importa che li si definisca medicane, uragani o cicloni similtropicali: la realtà è quella di territori alla mercé delle evenienze climatiche in un Paese dove continua a dominare il fatalismo".
A confermarlo sono i dati dell'Osservatorio Anbi sulle Risorse Idriche, che "fotografa" una situazione nazionale fortemente condizionata dal succedersi degli eventi atmosferici.
Nord a macchia di leopardo
Al Nord, i livelli dei grandi laghi permangono al di sopra delle medie del periodo, nonostante questa settimana abbiano subìto una generalizzata decrescita.
In Valle d'Aosta si mantengono stabili il torrente Lys e la Dora Baltea, la cui portata è comunque dimezzata rispetto alla media storica, da quanto si apprende dal Centro Funzionale Regionale Valle d'Aosta.
In Piemonte calano le portate dei fiumi; solo la Varaita cresce, mantenendo una portata superiore alla media.
Cala anche il fiume Adda in Lombardia, ma conserva una considerevole portata: 191 metri cubi al secondo, cioè 100 metri cubi in più dell'anno scorso; secondo Arpa Lombardia nella regione va stabilizzandosi la situazione idrica dopo due anni di sofferenza: le riserve stoccate nei bacini sono addirittura il 20,2% in più della media.
Situazione diversa in Veneto, dove il livello del fiume Adige perde quasi 80 centimetri in una settimana, sfiorando quanto registrato nel 2022 (-metri 3,39 contro -metri 3,42 dell'anno scorso); ad eccezione del Piave, tutti i corpi fluviali della regione sono in calo, pur rimanendo sostanzialmente in linea con gli anni più recenti.
Analogo trend si registra in Emilia Romagna, dove - secondo l'Arpae - scendono le portate dei fiumi; Reno e Taro hanno livelli addirittura inferiori all'anno scorso.
In questo quadro è inevitabile un deciso calo anche nelle portate lungo tutta l'asta del fiume Po: in una settimana si va dal -20% dei rilevamenti piemontesi ad oltre -40% registrato alla centralina di Pontelagoscuro, nel ferrarese, evidenziando ovunque livelli ampiamente inferiori alla media mensile.
In Liguria scendono leggermente i livelli dei fiumi Vara e Magra, che rimangono comunque sopra la media mensile a differenza dell'Entella, che invece è deficitario per una sessantina di centimetri; nel Ponente della regione resta stabile ed in media la condizione dell'Argentina.
Centro Italia, si salvano Abruzzo e Molise
Pur in crescita restano deficitarie le portate dei corsi d'acqua in Toscana (unica eccezione, la Sieve), dove è il Serchio a soffrire di più, stando ai dati del Centro Funzionale Regione Toscana.
Nelle Marche resta costante il livello del fiume Sentino, mentre calano quelli di Potenza, Esino, Nera e Tronto come riferiscono dalla Protezione Civile Marche; i volumi idrici trattenuti dalle dighe sono calati di oltre 900mila metri cubi in una settimana.
In Umbria, nonostante un agosto piovoso (media regionale: 65 millimentri circa), il livello del lago Trasimeno non riesce a recuperare il deficit accumulato, attestandosi a soli 9 centimetri da quanto registrato nel siccitosissimo 2022; restano costanti le portate dei fiumi.
Anche nel Lazio c'è un lago in grande sofferenza: è quello di Nemi, la cui altezza idrometrica (calata di ulteriori 4 centimetri in una settimana) è inferiore di 14 centimetri a quella dell'anno scorso e ben 27 centimetri sotto a quella del 2021. Pure la portata del fiume Tevere è in discesa, perdendo una ventina di metri cubi in sette giorni ed attestandosi al 70% della media secondo la Protezione Civile Lazio; decrescite più contenute si registrano per Aniene e Fiora, i cui livelli restano però confortanti come quelli di Liri e Sacco, i cui flussi rimangono invariati.
In Abruzzo il mese di agosto è stato più caldo ed umido del solito ed a beneficiare delle maggiori precipitazioni sono stati soprattutto i territori delle province di Chieti e Pescara. In Molise, dove l'andamento del fiume Volturno rimane costante, il 2023 si conferma un'ottima annata per le riserve idriche regionali: il livello idrico alla diga del Liscione, la principale opera idraulica del Molise, è oltre 9 metri superiore all'anno scorso secondo i dati di Molise Acque.
Sud, il caldo fa evaporare i vantaggi dell'estate
In Campania i fiumi confermano un trend decrescente, più accentuato nel caso di Volturno e Garigliano mentre il Sele decresce più lentamente da monte alla foce.
Infine, va segnalato che, nelle regioni meridionali, le temperature eccezionalmente alte di questo inizio settembre favoriscono sia la richiesta d'acqua per le campagne, sia il fenomeno dell'evaporazione. Questi fattori, unitamente all'assenza totale di precipitazioni, hanno comportato in una settimana la riduzione di quasi 18 milioni di metri cubi nei volumi trattenuti nei bacini lucani e di circa 9 milioni in quelli pugliesi; in entrambe le regioni, comunque, il surplus di risorsa idrica invasata resta alto (+77,45 milioni in Basilicata, +35,74 milioni in Puglia).
"Settimana dopo settimana testimoniamo l'evolversi di una condizione climatica, la cui unica risposta sono nuove infrastrutture territoriali, calmieratrici di una situazione idrogeologica altrimenti difficilmente governabile con crescenti rischi per la vita sociale e l'economia del Paese - ricorda, in conclusione, Massimo Gargano, direttore generale di Anbi -. Ottimizzare la capacità degli invasi esistenti, realizzandone al contempo di nuovi, deve essere il primo tassello di un grande piano di manutenzione del territorio, che rimane la prima, grande, opera pubblica di cui l'Italia necessita. I progetti dei consorzi di bonifica ed irrigazione sono a disposizione".