All'interno del patrimonio genetico delle piante, coltivate e selvatiche, ci sono incredibili risorse che possono permettere all'umanità di produrre più cibo, con meno input, gestendo le enormi sfide che i cambiamenti climatici ci stanno mettendo davanti. Ad affermarlo è Martin Kater, direttore dell'Orto Botanico di Milano, che ha parlato dal palco del Plant Biotechnology for Agriculture of the XXI Century, evento organizzato dall'Università degli Studi di Milano con il contributo di Bayer.

Leggi anche EVENTO - Biotecnologie vegetali per l'agricoltura 4.0

Un evento dedicato alla comprensione di come le Tea, le Tecnologie di Evoluzione Assistita, potranno aiutare i ricercatori ad ottenere piante migliori. Un esempio? Alcune varietà di riso che crescono in Africa hanno la capacità di resistere alla carenza di acqua e alle alte temperature. Perché allora non sfruttare queste capacità per rendere le nostre varietà maggiormente resistenti?

 

Chiave di volta per sfruttare il patrimonio genetico vegetale sono le Tea, le nuove tecnologie di miglioramento genetico, che offrono la possibilità di modificare il Dna di una specie in maniera estremamente veloce e mirata, producendo piante sicure e "naturali", in quanto le modifiche apportate potrebbero avvenire anche spontaneamente in natura.

 

Un momento dell'evento organizzato presso l'Università Statale di Milano

Un momento dell'evento organizzato presso l'Università Statale di Milano

(Fonte foto: Tommaso Cinquemani - AgroNotizie®)

 

Le Tecnologie di Evoluzione Assistita

Per capire che cosa sono le Tea rimandiamo a questo articolo, qui ci limitiamo a dire che le Tea sono nuove biotecnologie che nulla hanno a che fare con quelle che portano alla produzione di Ogm transgenici. Si tratta invece di strumenti che permettono di apportare modifiche mirate al Dna di un essere vivente senza il passaggio di materiale genetico tra specie non sessualmente compatibili.

 

Gli obiettivi del miglioramento genetico possono essere diversi, come ad esempio rendere le piante maggiormente resistenti a funghi e insetti, oppure resilienti ai cambiamenti climatici. O ancora capaci di assorbire meglio i nutrienti o di produrre cibi di migliore qualità.

 

A causa di una legislazione datata, oggi però le Tea ricadono nell'ambito di applicazione del Regolamento Ue sugli Ogm (Direttiva 2001/18/CE). Un Regolamento che pone pesanti limitazioni al loro sviluppo in Europa, anche sul fronte della ricerca.

 

La Commissione Europea dovrebbe presentare a breve una nuova proposta legislativa che sarà successivamente discussa dal Parlamento Ue e dal Consiglio dell'Unione Europea e che dovrebbe quindi fornire un nuovo quadro regolatorio, permettendo ad esempio ai ricercatori di testare in campo le nuove varietà (oggi non è possibile) o di immettere sul mercato i frutti delle piante geneticamente migliorate.

 

Il nodo dell'accettazione sociale

Durante l'evento milanese ha preso la parola Junko Kyozuka, professoressa della Tohoku University di Sendai, in Giappone, che parlando con noi ha spiegato come nel suo Paese di origine le Tea abbiano una regolamentazione che permette sia la ricerca in campo, che la coltivazione di nuove varietà migliorate.

 

E infatti nei supermercati è possibile acquistare una varietà di pomodoro ottenuta grazie a Crispr-Cas9 (una delle tecnologie che ricade sotto le Tea) ricca in acido gamma-amminobutirrico (Gaba), un amminoacido che aiuta ad abbassare la pressione sanguigna. L'opinione pubblica giapponese, contraria agli Ogm transgenici, sembra invece aver accettato di buon grado queste nuove varietà che promettono di offrire cibo a buon mercato e maggiormente salutare.

 

In Europa la situazione è più complessa, in quanto i consumatori stentano a comprendere la differenza tra Ogm transgenici e varietà ottenute con le Tea. Sarà dunque interessante osservare quale sarà la risposta dell'opinione pubblica nel caso in cui venga approvato a livello europeo un quadro regolatorio maggiormente aperto rispetto all'attuale.

 

Abbiamo bisogno delle Tea?

In molti si potrebbero chiedere se ci sia davvero bisogno delle Tea, in quanto fino ad oggi il processo di miglioramento genetico tradizionale ci ha permesso di fare enormi passi avanti. La risposta è che grazie a queste nuove tecnologie è possibile avere piante migliori in poco tempo, con budget limitati e senza "effetti collaterali". 

 

Per capire che cosa si intende è utile fare l'esempio della viticoltura. Oggi nei nostri vigneti sono coltivate varietà che sono cloni, cioè piante geneticamente identiche ai progenitori. Se si volessero introdurre nuovi geni, come quelli di resistenza alle malattie fungine, con gli incroci tradizionali si otterrebbero delle nuove varietà, diverse rispetto al materiale di origine. Il Sangiovese, ad esempio, non sarebbe più Sangiovese.

 

Grazie alle Tea invece i ricercatori hanno la possibilità di fare delle piccolissime modifiche alle viti, generando piante identiche ai progenitori, ma portatrici di caratteri di resistenza. Si potrebbero così creare dei "cloni" di Sangiovese resistenti a peronospora e oidio, garantendo quindi una riduzione dei fungicidi utilizzati, oppure in grado di adattarsi ai cambiamenti climatici.

 

Proprio su questo fronte sta lavorando la Fondazione Edmund Mach (Fem). Intervistato da noi, Mario Pezzotti (dirigente del Centro Ricerca e Innovazione della Fem) ha spiegato come nei laboratori di San Michele all'Adige si stia lavorando su vitigni tipici trentini e anche internazionali per produrre nuove piante che siano resistenti ad oidio e peronospora e che mostrino maggiore resilienza ai cambiamenti climatici.

 

Non è poi da sottovalutare il fatto che le Tea siano tecnologie a basso costo. Questo permette di migliorare anche varietà che hanno un giro d'affari limitato e che quindi non permettono agli operatori di investire ingenti risorse per portare avanti programmi di breeding tradizionali.

Leggi anche Vitigni resistenti, in 13 punti tutto quello che c'è da sapere

Quali piante coltiveremo in futuro?

Come ci ha raccontato Vittoria Brambilla, promotrice dell'evento e professoressa del Dipartimento di Agrarie e Ambientali dell'Università degli Studi di Milano, le potenzialità sono molte e in questo momento centinaia di ricercatori in tutto il mondo stanno lavorando per mettere a punto nuove varietà.

 

Piante che si ammalano meno, come appunto viti resistenti ai funghi. Piante che producono alimenti di migliore qualità, come il pomodoro ricco di Gaba. Piante che resistono agli stress ambientali, come il riso che non risente della carenza di acqua. Ma anche piante che vanno incontro alle esigenze dei consumatori, come ad esempio le more senza semi.

Leggi anche Ogm, Nbt e Tea. Tre acronimi cruciali per il miglioramento vegetale