Sotto il termine genome editing sono raccolte diverse tecniche di manipolazione genetica, come il Crispr-Cas9, che permettono ai ricercatori di modificare in maniera mirata il genoma di un essere vivente, accendendo o spegnendo singoli geni. Non si ha quindi il passaggio di geni tra due specie diverse, come accade nel caso degli Ogm "tradizionali". Si hanno invece delle mutazioni indotte che ricalcano in tutto e per tutto quelle che potrebbero avvenire spontaneamente in natura.

 

In linea di principio è possibile prendere una pianta, come la vite, e silenziare il gene che esprime quella proteina indispensabile ad un fungo, come la peronospora, per diffondersi nell'organismo. In questo modo si otterrebbe una varietà resistente o tollerante al patogeno.

 

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"La prima varietà che lanceremo sarà una insalata che avrà un profilo nutrizionale migliorato e un sapore più buono", racconta Tom Adams, ceo e cofondatore di Pairwise, una startup nata quattro anni fa in Carolina del Nord (Usa) con la missione di creare "un mondo e una nutrizione migliori".

 

Adams, che incontriamo a San Francisco durante il World Agri-Tech Innovation Summit 2022 (di cui AgroNotizie è media partner), ci spiega come questa insalata sarà fatta assaggiare in alcuni eventi già quest'anno, mentre dal prossimo sarà disponibile nei supermercati in tutto il Paese. Già, perché la legislazione degli Stati Uniti è estremamente favorevole nei confronti del genome editing. Di fatto, se il prodotto editato può essere ottenuto attraverso incroci tradizionali, allora può essere commercializzato senza alcun tipo di pre autorizzazione o restrizione.

 

 

Biotecnologie "naturali"

Il punto è proprio questo. Se gli Ogm di trent'anni fa erano caratterizzati dall'inserzione di uno o più geni provenienti da altre specie, nel caso del genome editing i ricercatori si limitano a "spegnere" un gene specifico. Questo porta ad una mutazione che può non avere alcun impatto sulla pianta, oppure può migliorarla o comprometterne la sopravvivenza.

 

Nei primi due casi il gioco è fatto. "In linea di principio siamo in grado di ottenere varietà con profili nutrizionali migliori, oppure resistenti alle malattie o ancora con caratteristiche interessanti per l'industria o per il consumatore". Qualche esempio? "Stiamo lavorando a more senza semi, con un aroma ancora più buono e con una entrata in produzione più veloce e destagionalizzata. Questo permetterà di coltivare more in areali molto più ampi e per periodi più lunghi, evitando che i frutti viaggino a lungo, come accade oggi".

 

Non dobbiamo infatti dimenticarci che il genome editing ha le potenzialità per migliorare la produttività e la sostenibilità dell'agricoltura. Piante che resistono agli attacchi dei patogeni fungini sono piante che non hanno bisogno di trattamenti fitosanitari. Frutti che durano più a lungo dopo la raccolta si traducono in un minore spreco alimentare. E piante più nutrienti e più produttive permetteranno ad un medesima azienda agricola di produrre più cibo, soddisfando la crescente domanda globale.

 

Ma facciamo un passo indietro. Se la mutazione che avviene nella pianta non è desiderata, che cosa succede? "In quel caso la nuova varietà viene semplicemente scartata", sintetizza Adams. "Non dobbiamo però dimenticare che noi effettuiamo modifiche estremamente precise e di portata limitata. In natura esistono processi, come la meiosi, che comportano mutazioni molto più ampie".

 

Già, perché in fondo le mutazioni sono alla base della vita sulla Terra. Se ogni organismo vivente si riproducesse uguale a se stesso la variabilità genetica non sarebbe possibile. E invece tutti gli esseri viventi sono in continua mutazione. Se poi questa mutazione è positiva, l'organismo avrà successo in natura. Se invece è negativa, non riuscirà a riprodursi o a sopravvivere e quindi scomparirà.

 

Una questione (anche) politica

Se negli Stati Uniti il genome editing è stato sdoganato, anche altri Paesi guardano con interesse a questa tecnologia. L'Inghilterra ad esempio ha annunciato una legislazione in linea con quella statunitense, mentre il Giappone a fine 2021 ha dato il suo ok alla vendita di alcuni pomodori ottenuti tramite editing genetico. Ed è notizia di pochi giorni fa che anche la Cina ha redatto una proposta normativa per velocizzare l'iter di approvazione delle varietà ottenute con il genome editing.

 

E l'Europa? Con la sentenza della Corte di Giustizia Ue si è ribadito che anche le varietà ottenute con il genome editing devono essere ritenute Ogm e quindi ricadere sotto la legislazione competente. Ora la palla è passata alla Commissione Ue che sembrerebbe favorevole a proporre un testo che apra ad una semplificazione normativa.

 

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D'altronde è la stessa Commissione Ue che ha sottolineato come le Tea, Tecnologie di Evoluzione Assistita (o New Breeding Techniques) siano uno degli strumenti necessari a rendere l'agricoltura più produttiva e sostenibile, come richiesto anche dal Green Deal promosso dalla Commissione von der Leyen.

 

Resta poi da capire se il consumatore accetterà queste nuove varietà. "Io credo che se una persona capisce gli immensi vantaggi che queste nuove varietà possono apportare ed è rassicurata sulla loro sicurezza, allora sarebbe propensa ad acquistarle", sottolinea Adams.

 

"Pensiamo ad esempio ad una nuova varietà di spinaci con un gusto appetibile per i bambini. Oppure ad una ciliegia senza nocciolo. O ancora a mirtilli e more che possono essere coltivati in Europa tutto l'anno e non devono essere trasportati in aereo per migliaia di chilometri. Credo che questi siano valori importanti per il consumatore".

 

Miglioramento genetico, ma in quale direzione?

Nei laboratori di Pairwise è possibile ottenere una nuova varietà in circa un anno di lavoro, si devono poi effettuare i test in serra e in campo per vedere il comportamento della pianta in condizioni reali. Ed infine si deve procedere alla moltiplicazione. In tre anni e con un investimento limitato è dunque possibile ottenere una nuova varietà.

 

Si tratta di un vantaggio non da poco. I "vecchi" Ogm erano infatti molto costosi da produrre e da registrare e richiedevano anni di test. Questo ha portato al fatto che solo poche colture, come il mais o la soia, fossero oggetto di modifiche e che queste andassero principalmente nella direzione di una resistenza agli insetti o agli erbicidi.

 

"Con il genome editing possiamo invece migliorare praticamente qualunque aspetto di una pianta, rendendola più resistente alle malattie, più buona e nutriente", sottolinea Adams. "Non dobbiamo però promettere l'impossibile. Il genome editing aiuterà sicuramente l'agricoltura ad essere più produttiva e sostenibile, ma è solo il tassello di un cambiamento che deve essere ben più ampio".

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