Come di consueto facciamo un poco di geopolitica del cibo, anzi, meglio: di geopolitica agricola.

Gli equilibri internazionali sono oggi più che mai condizionati dalla disponibilità di cibo e quindi dagli scambi di derrate agricole fra le nazioni. Abbiamo poi imparato sulla nostra pelle (ma non era sicuramente un fatto nuovo) come eventi epocali come la recente pandemia, nascano proprio dai sistemi di produzione e distribuzione alimentare - nello specifico negli allevamenti e nei mercati cinesi. E proprio dalla Cina partiamo.
La Cina oggi è di gran lunga il maggiore importatore di generi alimentari nel mondo (133,1 miliardi di dollari nel 2019 – dati Usda), che sposta i mercati mondiali ordinando quantità incalcolabili di soia, grano, carni congelate. La Cina, dove in pochi anni è scoppiata la rivoluzione della fettina di carne per tutti (quella che noi ricordiamo già negli anni ’50 e ’60).

La Cina sta quindi sviluppando dei sistemi di allevamento moderni passando in pochi anni dalla convivenza degli animali nelle case contadine alle mega farm da 100mila capi. La Cina in cui non solo alligna la febbre suina africana e il Covid (fra pipistrelli e pangolini) ma dove, per compensare la scarsa igiene nei nascenti allevamenti, nel 2013 si consumava la metà degli antibiotici del mondo (162mila tonnellate). La Cina in cui il 52% degli antibiotici si consuma negli allevamenti – ed è divenuta così un enorme ed esiziale serbatoio di batteri antibiotico resistenti (gli appassionati e i curiosi possono leggere il bell’articolo pubblicato su Nature lo scorso 21 ottobre).

La Cina che ha litigato col “folle” presidente Trump proprio a suon di intere flotte di carichi di soia e grano. La Cina che ha imparato la lezione - che ha iniziato a far la pace con gli americani ma soprattutto sta allargando la lista dei propri fornitori agricoli. Lo scorso 15 gennaio, gli Usa e la Cina hanno firmato la phase one dell’Economic and trade agreement (Eta) e dopo 11 anni di discussioni riprenderanno per esempio le esportazioni americane di carne bovina. Ma intanto la diversificazione degli approvvigionamenti è partita. Negli ultimi due anni la Cina ha approvato la importazione di oltre 100 nuovi prodotti: dai mirtilli dello Zambia ai polli russi o alla carne suina argentina. Una fitta rete di trattati bilaterali per abbassare o azzerare i dazi oggi permette alla Cina di avere fornitori in ogni angolo del globo – dai paesi Asean (Australia, Perù, Cile…) all'Unione europea, passando dall’Egitto e dall’ Ucraina.

La fabbrica del mondo ha fame - e state pur sicuri che nei prossimi anni continuerà ad averne - e a condizionare l’agricoltura mondiale (e non solo).