E’ vero, l’agricoltura non si è mai fermata. I generi alimentari non sono mancati dagli scaffali dei supermercati, come dal negozio sotto casa.
A dispetto del Sars-Cov-2, questo il nome del virus che ha bloccato il mondo, il lavoro dei campi non poteva fermarsi.
Nessun eroismo, se non quello consueto di alzarsi ogni mattina alle cinque per mungere le vacche, anche il giorno di Natale. O di salire sul trattore la domenica, se è tempo di semina o di raccolta.
Perché questa è l’agricoltura, ieri con l’aratro dietro a un tiro a quattro, dove quattro erano i buoi attaccati al giogo o oggi con l’aratro al sollevatore di un trattore guidato dal satellite.
 

Il segno sui campi

L’agricoltura non si è fermata, ma sui campi la pandemia ha lasciato il segno.
Chi l’avrebbe detto che chiudendo i ristoranti avremmo messo in crisi le carni di vitello? O chi immaginava che passando dalla tavola della mensa a quella della propria cucina sarebbe entrata in difficoltà l’orticoltura di quarta gamma? Eppure è andata così.
Meno ristoranti, meno carne alla brace. Più tempo in cucina e voglia di mondare da sé l’insalata.

Poi la corsa alla farina, nel timore, almeno iniziale, che potesse mancare il pane.
E mentre la farina spariva dagli scaffali, il prezzo del grano schizzava verso l’alto come mai si sarebbe detto. In compenso aumentava il senso di apparenza a una comunità, dando la preferenza al made in Italy.
 

Il mondo è cambiato

Cambiamenti in alcuni casi destinati a rimanere con noi anche dopo, quando questa pandemia sarà un ricordo, cambiamenti dei quali è opportuno tener conto oggi per il lavoro di domani.
Preparandosi a cogliere le opportunità che vengono dal mercato o dalle politiche agricole decise a Roma e ancor più a Bruxelles.

Così mentre in Francia il ministro dell’Agricoltura si interroga sulla centralità strategica delle produzioni agricole, promuovendo i settori più carenti, in Italia l'agricoltura è una sorta di Cenerentola nei progetti di spesa delle risorse comunitarie che saranno rese disponibili (si spera…) il prossimo anno, con l’ormai famoso Recovery fund.
Perché l’agricoltura, si dirà, è presente in ogni capitolo di intervento, da quello della digitalizzazione sino alla salute.
 

I soldi per l’agricoltura

Aiuti, a volte modesti altre volte solo indiretti, l’agricoltura ne ha comunque ricevuti. I sostegni ai ristoratori, vincolati all’acquisto di prodotti made in Italy, appartengono a quest’ultima categoria. Poi ecco 150 milioni per il vino in crisi, da spendere per la vendemmia verde e per la distillazione di emergenza.
Buoni i propositi, scarsi i risultati, visto che non era quella la strada da prendere e buona parte dei soldi non sono stati utilizzati. Pazienza.
E ora si pensa allo stoccaggio dei vini di fascia alta. Sperando che questa volta si colga nel segno. Vedremo.
E’ andata meglio con i fondi per la zootecnia, 90 milioni di euro da suddividere fra i vari comparti, compreso l’ammasso delle carni e dei prosciutti. Peccato non siano bastati a risolvere la crisi, che è ancora lì e morde forte.

Ma ora preme ricordare che da Bruxelles è arrivato il via libera a gettare un ponte per i pagamenti dei prossimi due anni, quelli che ci separano dalla nuova Pac, slittata al 2023.
Non un semplice prolungamento delle attuali norme, ma nuove regole per favorire il rimborso agli agricoltori che hanno subìto danni di qualunque tipo, dal clima alle patologie degli animali o delle piante.
Un “pacchetto” di sostegno approvato il 16 dicembre, che mobilita complessivamente oltre 10 miliardi di euro (1,22 miliardi per l’Italia) e che da gennaio 2021 si potranno utilizzare in campo agricolo. Ma con alcuni vincoli: il 55% va alla digitalizzazione delle campagne e il 37% alle misure ambientali.


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Agricoltura e ambiente

Dunque attenzione all’ambiente, ai cambiamenti climatici, al benessere animale. Tutte ottime cose.
Purché nel realizzare questi obiettivi non ci si dimentichi che chi lavora i campi e chi accudisce gli animali è il primo tutore dell’ambiente e per svolgere questo compito fondamentale deve percepire un compenso per il lavoro fatto.
A volte questo compenso è troppo esiguo e i campi vengono abbandonati, le stalle chiuse.

Succede soprattutto nelle aree marginali, dove le statistiche dicono che sono aumentate le aree boschive, cresciute dal 2005 al 2015 di 600mila ettari.
Un rimboschimento però disordinato, privo com’è della guida dell’uomo, che quei monti e quelle colline le ha dovute lasciare. E così il bosco, privo di cure, è facile preda di incendi, il pascolo è degradato e non più in grado di trattenere acqua, mentre aumentano frane e smottamenti.
 

In fiera con un click

Ma quando c’è un briciolo di reddito l’agricoltura non si ferma. Come non si sono fermati gli appuntamenti fieristici legati al mondo agricolo.
Se non ci si può incontrare, se viaggiare è complicato o persino vietato, allora le manifestazioni fieristiche si sono trasferite sul web e l’agricoltura è entrata da protagonista anche laddove era un’ospite di secondo piano.
E’ accaduto al recente Maker Faire, la fiera delle innovazioni che si è conclusa da poco e dove l’agricoltura si è presentata forte delle sue innovazioni.

Senza dimenticare gli incontri specialistici, fra gli altri Eima, Macfrut, Cibus, Cremona con la sua fiera internazionale della zootecnia. Ovunque incontri, seminari, convegni e dibattiti online, con presenze a volte superiori alle attese.
E’ accaduto anche per gli appuntamenti che in alcune di queste manifestazioni sono stati organizzati da Image Line, alla quale fa capo anche AgroNotizie.
 

Parola d’ordine, innovare

Non si è fermata nemmeno la crescita dell’agricoltura verso il digitale.
Sono cresciuti gli strumenti per controllare le colture, alcuni in uso da tempo come QdC® - Quaderno di Campagna®, software online in cloud per compilare il registro dei trattamenti, costantemente aggiornato alle ultime norme in materia di agrofarmaci.

E’ cresciuta l’applicazione dello IoT, acronimo di Internet of Things, l’internet delle cose, dove sensori sulle colture dialogano con centraline che dicono all’agricoltore quando e quanto irrigare, quando e quali trattamenti sono necessari.
“Orecchini” per gli animali in stalla che comunicano l’avvicinarsi di un parto, o consentono di rintracciare un animale al pascolo grazie alle funzioni Gps.

E poi robot di mungitura, droni per monitorare lo stato delle colture, trattori a guida autonoma e l’elenco è ancora lungo, ma gli agricoltori queste cose già le sanno.
Non a caso il “digitale agricolo” ha raggiunto nel 2018 (è il dato più recente) un giro di affari di 450 milioni di euro, con una crescita del 22% rispetto all’anno precedente.
 

Il dialogo che non c’è

Chi è del tutto ignaro di questa tumultuosa crescita è il consumatore, sempre più lontano dai campi, a dispetto delle produzioni a chilometro zero, che poi zero non è.
Un consumatore sempre più frastornato da informazioni a volte solo false, più spesso volutamente fuorvianti.

Così si propongono etichette a semaforo che invitano a consumare senza tema prodotti con edulcoranti di sintesi e fra poco anche finta carne fabbricata in laboratorio, ma ben sponsorizzata.
Etichette che al contempo bocciano senza appello l’olio extravergine di oliva o un magnifico prosciutto made in Italy.
E dove non arrivano le etichette, a far danni ci pensano le fake news (fandonie per dirla in italiano), diffondendo stupidità su improbabili danni causati, ad esempio, dal consumo di latte. Fandonie a volte costruite ad arte.

C’è rimedio a questa cattiva informazione? Sì, e si chiama educazione alimentare e andrebbe fatta anche nelle scuole.
Già, le scuole, non è questo il momento e il luogo dove parlarne, se non per ricordare l’impegno di AgroNotizie e di Image Line a favore degli studenti delle scuole di agraria, con il progetto AgroInnovation Edu.
Perché il futuro è lì ed è già iniziato. E anche lui, come l’agricoltura, non si ferma.
Buon lavoro e buon 2021.


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