I soldi del Recovery Fund

Si sbloccano i fondi del programma Next Generation per lo sviluppo rurale, che saranno messi a disposizione già dall’inizio del prossimo anno e per tutto il 2022.
È questo il risultato dell'intesa raggiunta fra Parlamento, Commissione, e Consiglio europeo per i fondi destinati a sostenere la ripresa delle aziende agricole.
Lo si apprende da una breve nota pubblicata il 30 novembre su “Il Resto del Carlino”, firmata da Davide Gaeta. Un risultato raggiunto peraltro in tempi brevi grazie anche all'impegno di Paolo de Castro e del suo staff, come sottolinea questo articolo.

I punti principali dell'accordo prevedono lo stanziamento di 8 miliardi di euro, provenienti dal Recovery Fund, ai quali si aggiungono altri 2,6 miliardi del programma di sviluppo rurale. Di questi, 1,22 miliardi saranno destinati alla agricoltura italiana. Ma va ricordato che il 37% di tali fondi vanno riservati a misure ambientali, alla gestione idrica, alla conservazione dei suoli.

Inoltre circa la metà dei fondi saranno destinati alla piccola impresa e ai giovani, con misure destinate a incentivare le filiere corte, l'economia circolare, le energie rinnovabili.


“Souveraineté alimentaire” (in Francia)

L'emergenza sanitaria ha messo in evidenza il ruolo strategico delle produzioni agroalimentari.
Un tema che in Francia è affrontato con grande serietà, tanto che dalle colonne de “Le Figaro” del primo dicembre, il ministro francese all’Agricoltura, Julien Denormandie, ha ricordato come la Francia sia in grado di soddisfare i bisogni della sua popolazione, ma il periodo di confinamento ha messo in luce aree di vulnerabilità, ponendo l'attenzione sulla necessità di raggiungere uno stadio di “sovranità alimentare".
Una condizione ben lontana dall'essere conseguita, ha ricordato il ministro, visto che il 50% in volume delle proteine vegetali utilizzate in Francia proviene dalle importazioni, in particolare dagli Usa.

Ma non può esserci “sovranità” senza competitività, gli fa eco sempre dalle pagine de Le Figaro Christiane Lambert, presidente di uno dei principali sindacati agricoli francesi.
Sovranità alimentare, continua Lambert, che non va confusa con l’autarchia, ma con l’imperativo di mantenere il controllo delle proprie produzioni agroalimentari.
E qui entra in gioco il mercato, i prezzi e gli atteggiamenti dei consumatori, che negli ultimi 60 anni hanno visto scendere il peso del cibo nel bilancio familiare dal 40% al 13%. Un invito, indiretto ai consumatori francesi a mettere mano al portafoglio per sostenere le produzioni interne.
In ogni caso la Francia si appresta a rilanciare alcune colture, come quella della soia, che dai 20mila ettari del 2008 è ora coltivata su 185mila.

Infine la proposta, forse provocatoria, di Cécile Detang-Dessendre, vicedirettore scientifico di Inrae (noto istituto francese per la ricerca). Suo il suggerimento che l’agricoltore venga pagato per ciò che produce, ma anche per i servizi ambientali che fornisce.
Confesso, mi piacerebbe leggere di un'analoga proposta in Italia.
 

Il coraggio di cambiare

Nuovo appuntamento con l’annuale Forum della fondazione Barilla, che si è svolto nei giorni scorsi, necessariamente con incontri virtuali nel rispetto delle norme per contrastare la pandemia.
Impegnativo il titolo scelto: "Resetting the Food system from farm to fork". In italiano suonerebbe più o meno come un “ripensiamo il sistema agroalimentare" in vista degli obiettivi del progetto europeo dal campo alla tavola.
All’incontro dedica un breve servizio il “Corriere della Sera” del 2 dicembre, firmato da Giuliana Ferraino.
Nell’aprire i lavori congressuali (densi di argomenti e di ospiti) Guido Barilla ha esordito affermando “Il tempo delle parole è finito, è l’ora di agire. Questa crisi è l’ultimo esempio. Non abbiamo alternative alla sostenibilità, dobbiamo avere il coraggio di cambiare, c’è bisogno di scelte radicali”.
Una rivoluzione, ha continuato, per la quale saranno cruciali i prossimi cinque anni, come pure sono cinque i punti chiave del Forum, riproposti nell’articolo.

Questo in sintesi l’elenco: 1) il ruolo centrale degli agricoltori nel promuovere il cambiamento; 2) innovazione tecnologica per favorire sistemi alimentari più sostenibili; 3) disponibilità per tutti di alimenti nutrienti e sicuri; 4) ripensamento delle strategie e dei processi produttivi nelle industrie alimentari; 5) cambiare le abitudini dei consumatori.
Purché, aggiungo, nel suggerire questi cambiamenti non si pensi con maggiore intensità alle produzioni agricole di origine vegetale (che più interessano chi ha organizzato il Forum), trascurando il ruolo di quelle animali, non meno importanti.
 

Etichette, Italia verso la sconfitta

Pochi spazi di manovra a Bruxelles per discutere della proposta italiana di etichette nutrizionali.
La tesi prevalente sembra premiare le etichette a semaforo, quelle che distinguono alimenti buoni e “cattivi” al variare del colore dal verde al rosso.
La partita non è ancora giunta alla sua conclusione, ma l’obiettivo italiano di vedere approvata la nostra “Nutrinform Battery” si allontana sempre di più.

Contro la tesi italiana, scrive Micaela Cappellini su “Il Sole 24 Ore” del 3 dicembre, si è creato un asse franco-tedesco, favorevole al Nutriscore, come viene definita l’etichetta a semaforo.
Francia e Germania hanno dichiarato una vera e propria guerra al Made in Italy che niente ha a che fare con la salute dei consumatori”, questo il critico giudizio espresso in proposito dal presidente di Federalimentare, Ivano Vacondio, che intervistato continua affermando che il Nutriscore mette a rischio il nostro export, per una quota che sui prodotti di eccellenza potrebbe rappresentare il 50%.

Il Nutriscore, continua l’articolo, è stato messo a punto in Francia ed è già stato adottato in Germania, assecondando le richieste della grande distribuzione organizzata e delle multinazionali.
Anche la Spagna si è detta disponibile ad adottare il Nutriscore nel 2021.
La proposta italiana di etichettatura può contare sul sostegno di sei paesi europei, ma potrebbero non bastare.
E infatti nei giorni seguenti si apprenderà che l’Italia ha deciso di non proseguire nel negoziato europeo, dopo aver preso atto che la Germania intende forzare i tempi e arrivare all’incontro decisivo del 15 dicembre con l’approvazione del Nutriscore. Vedremo come questa partita si concluderà.
 

Agriturismi, a chi vanno gli aiuti

Ora anche gli agriturismi potranno beneficiare dei “ristori” previsti per alleggerire i danni subiti dalla ristorazione in seguito alle chiusure dettate dall’emergenza sanitaria.
In una prima fase questi aiuti erano negati, in quanto le norme prevedevano che fossero riservati laddove fosse prevalente l’attività di ristorazione, cosa che ovviamente non si realizza nel caso degli agriturismi.
Ma ora anche agli agriturismi si apre la possibilità di accedere a questi sostegni, come si apprende dall’articolo a firma Gian Paolo Tosoni, pubblicato su “Il Sole 24 Ore” del 4 dicembre.

Merito, si legge nell’articolo, dell’articolo 2 del Dl 157/2020 che ha annullato il requisito di prevalenza per le attività agrituristiche, comprendendo oltre a quelle della ristorazione (codice Ateco 56.10.12) anche quelle di alloggio (codice Ateco 55.20.52).
Attenzione però ai tempi e alle scadenze. La domanda di contributo va fatta entro il 15 dicembre utilizzando il “Portale della ristorazione”.

Va poi ricordato che l’accesso ai contributi prevede la fatturazione dei passaggi interni fra attività agricola e attività agrituristica. Per le aziende che operano in regime normale Iva queste fatture non sono previste e cade pertanto la possibilità di accedere ai sostegni.
In compenso conclude l’articolo, gli agriturismi non devono versare la seconda rata Imu, in scadenza il 16 dicembre.
 

La giornata del suolo

Fra le tante “giornate” dedicate a un qualche tema, c’è anche quella mondiale del suolo, istituita ufficialmente dalla Fao nel 2014. Ne parla Carlo Petrini, il fondatore di Slow Food, dalle pagine di “Repubblica” del 5 dicembre, data nella quale si celebra la “giornata del suolo”.
Un “bene comune e sempre più depredato dall’azione dell’uomo”, come denuncia sin dalle prime righe del suo scritto Petrini. Per poi riconoscere che almeno a livello europeo negli ultimi anni l’attenzione a questo tema è andato aumentando.

Ma bisogna fare di più e l’articolo prosegue incitando agricoltori, politici e scienziati a sostenere la difesa del suolo. Con un invito ai consumatori a supportare con le loro scelte i processi virtuosi a livello agricolo, che Petrini sembra indicare soprattutto nella piccola produzione, modello certo più vicino alla filosofia ispiratrice di Slow Food.
Sul consumo del suolo solo un rapido cenno, ma l’articolo non ricorda come da anni siano ferme le proposte di legge tese a contenere la sottrazione di terreno agricolo, che continua a sparire a velocità vertiginosa sotto il cemento di strade e costruzioni.


Rinvio per i salumi

C’era molta attesa per la nuova etichettatura di salumi e insaccati, che avrebbe dovuto specificare la provenienza delle carni, come previsto dal decreto del 6 agosto, che fissava per il 17 novembre l’entrata in vigore della norma.
In pratica, specifica il decreto, può definirsi “100% italiano” solo il prodotto fatto in Italia con carni di animali nati e macellati nel Belpaese. Altrimenti va indicato il nome del paese di origine della materia prima.
Però le industrie del settore hanno lamentato di non avere avuto il tempo di smaltire le vecchie etichette ed ecco arrivare il rinvio dell’applicazione al primo gennaio del 2021.

Ora sulle pagine di “Libero” del 6 dicembre Attilio Barbieri firma un articolo dal quale informa i suoi lettori di un ulteriore slittamento della norma, almeno sino a febbraio.
A congelare le disposizioni del decreto del 6 agosto, firmato dai dicasteri delle Politiche agricole, dello Sviluppo economico e della Salute, è stata una circolare dello Sviluppo economico, firmata dal direttore generale Mario Fiorentino.
Colpa dell’emergenza sanitaria e del rallentamento nella produzione e nella fornitura degli imballaggi, si leggerebbe nelle motivazioni dell’ulteriore rinvio.

Non si capisce da cosa possa dipendere - scrive Barbieri - il ‘forte rallentamento’ nella produzione delle nuove etichette, visto soprattutto che la filiera agroalimentare è fra l’altro una delle poche che non si sono mai fermate”.
Intanto si avvicina il 31 dicembre del 2021, data nella quale la valenza del decreto “etichette dei salumi”, che ha carattere sperimentale, cesserà la sua funzione.
Giusto in tempo, viene da pensare, per l’entrata in vigore dell’etichetta europea a semaforo, la Nutriscore, che su salumi e insaccati non mancherà di mettere un bollino “rosso-pericolo”.
"Di cosa parlano i giornali quando scrivono di agricoltura?"
Ogni lunedì uno sguardo agli argomenti affrontati da quotidiani e periodici sui temi dell'agroalimentare e dell’agricoltura, letti e commentati nell'Edicola di AgroNotizie.
Nel rispetto del Diritto d’Autore, a partire dal 23 novembre 2020 non è più presente il link all’articolo recensito.

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