Nell'ambito dell'evento "InnovaInAzione: casi di eccellenza per promuovere il cambiamento in agricoltura" organizzato da Ismea in collaborazione con Accademia dei Georgofili e Mipaaf, sono stati presentati tre casi di innovazione applicata in agricoltura tratti dal Catalogo delle innovazioni in campo del sito Innovarurale.
InnovaInAzione è un'iniziativa in linea con quanto stabilito dalla Pac 2014-2020, che ha individuato nell’innovazione il fattore indispensabile per spingere l’agricoltura verso le sfide del futuro, la promozione e il trasferimento della conoscenza e dell’innovazione nel settore agricolo, forestale e nelle zone rurali
 

Il Catalogo delle innovazioni in campo

Il Catalogo è stato creato con l'obiettivo di favorire la crescita del capitale umano nelle aree rurali, oltre che per attivare dinamiche di osmosi tra mondo delle imprese e ricerca.
In questa sezione del portale sono state raccolte le idee delle aziende agricole che sono diventate innovazione:
intuizioni che attraverso la ricerca, le sperimentazioni, gli adattamenti, i fallimenti e i successi, le professionalità interne ed esterne, i finanziamenti pubblici e/o privati hanno portato, oltre ad un incremento di produttività aziendale, benefici ambientali e sociali ad ampio raggio, come l’ideazione di un nuovo prodotto, la conquista di un nuovo mercato, la creazione di un nuovo processo produttivo o un miglioramento delle condizioni di lavoro.

Vediamo le tre innovazioni presentate selezionate tra le oltre 70 già descritte nel catalogo dove sono presenti idee e soluzioni relative a agricoltura biologica, agricoltura di precisione, agricoltura in serra, agricoltura in vivaio, agricoltura integrata, benessere animale, biodiversità, cambiamenti climatici, difesa da malattie e infestazioni, diversificazione e multisettorialità, energia, gestione aziendale, gestione dei sottoprodotti agricoli, logistica, mercati locali e filiere corte, prodotti di qualità, risorse idriche, robotica-automazione, uso delle risorse naturali.
 

Irrigare quando serve, quanto serve

Tommaso la Malfa, laureato in agraria, si è trasferito in Spagna per approfondire gli studi sulle colture fuori suolo. Al suo rientro nella sua Sicilia ha preso in mano l'azienda di famiglia ed assieme ad un suo amico tecnico informatico ha messo a punto un software in grado di ottimizzare l'uso dell'acqua per la crescita delle sue piante, in coltivazione idroponica
Per la gestione delle irrigazioni della coltivazione fuori suolo in passato l'azienda utilizzava il solarimetro, strumento che teneva in considerazione il solo parametro della luminosità, risultando inaffidabile e poco automatizzabile.
Allo scopo di garantire un' ottimale gestione della fertirrigazione (somministrazione contemporanea di acqua e fertilizzanti) finalizzata a soddisfare i fabbisogni delle piante, e nel contempo evitare sprechi di acqua e lavoro, nasce l'idea di automatizzare le irrigazioni, le cui frequenze e intensità variano di giorno in giorno in funzione di numerosissimi parametri come luminosità, temperatura, umidità, ventosità, stadio fenologico della coltura e altri ancora.  
LisyGrow è un sensore di peso e drenaggio che, in funzione delle reali esigenze della coltura, determina l’esatta frequenza irrigua. Il sensore viene posto sotto un campione rappresentativo della coltura, stimando in tempo reale l'evapotraspirazione della coltura, a prescindere della fase fenologica e delle condizioni ambientali. Il sistema permette di effettuare ogni irrigazione con la massima accuratezza e precisione, producendo la quantità di drenaggio desiderato, in modo da  evitare stress idrici e nutrizionali alla coltura.
In sintesi, il sistema prende come riferimento direttamente la pianta, trasformando il modo di irrigare le colture in fuori suolo, in quanto viene realizzata una stima diretta delle reali necessità della coltura, e non una previsione indiretta basata su sensori più o meno precisi e/o sull'esperienza dell'agricoltore.


Più luce, più qualità

Ci spostiamo in Romagna dove Mattia Ridolfi, laureato in agraria, ha deciso di applicare all'azienda di famiglia, situata nelle campagne di Ravenna, ciò che ha imparato come studente. Ha infatti deciso di provare a utilizzare i teli riflettenti, normalmente usati sul melo, sulle nettarine di Romagna, coltura principe della sua azienda agricola di oltre 60 ettari.
L'idea nasce diversi anni fa a seguito di alcune lezioni di Fisiologia degli alberi da frutto all'Università di Bologna e dalla volontà di aumentare la qualità dei suoi prodotti. Già alcuni lavori scientifici dimostravano l'efficacia dei teli riflettenti su melo per l'aumento della colorazione del frutto mentre su drupacee non vi erano ancora dati o applicazioni recenti che lo dimostrassero. 
La gestione della luce è di fondamentale importanza in un pescheto moderno e va tenuta in considerazione al pari o in misura superiore di altre fattori di crescita comunemente utilizzati quali nutrizione, gestione del suolo o idrica.
La fisiologia di crescita delle nettarine si basa su di un flusso traspiratorio tra il frutto e l'atmosfera, che fornisce l'energia per richiamare zuccheri ed acqua nel frutto. E' possibile aumentare l'attività di traspirazione - senza impatti sul clima - riflettendo sulle chiome una frazione della radiazione solare caduta a terra, perché non intercettata dalla chioma.
L'uso di teli riflettenti al suolo permette di rimandare la radiazione alle chiome, elevando la temperatura dei frutti, che si raffreddano traspirando,: in questo modo aumenta il flusso di zuccheri ed acqua verso il frutto.


Vinificare in anfora, com'è innovativa l'antichità

Gabriele Bafaro, archeologo di carriera, viticoltore per vocazione, è l'ideatore e fondatore di un’azienda archeo-enologica. Ha deciso di  sposare le moderne conoscenze dell’enologia con le antiche tradizioni, progettando e facendo realizzare delle anfore dove fare fermentare e decantare il vino prodotto da vitigni autoctoni della sua terra di Calabria.
L'azienda Archeoenologica nasce dall’unione di due grandi passioni, quella per l’archeologia e per l’enologia.
Il progetto di archeologia sperimentale Archeo-Vino Acroneo nasce dalla volontà di ricostruire il processo di vinificazione antico sperimentando le tecniche di coltivazione della vite e le tecniche di vinificazione usate nell’antichità.
La prima fase del progetto è stata indirizzata allo studio dei vitigni autoctoni calabresi, quelli più vicini alle varietà coltivate in antico e all’individuazione di aree adatte all’impianto dei vigneti sperimentali.
Inoltre la ricerca di un sostituto alla barrique, comunemente utilizzata dalla maggior parte delle cantine moderne e l’idea di riprodurre un archeo-vino ha portato l'attenzione di Gabriele su una tradizione antichissima come quella della vinificazione o della conservazione del vino in contenitori di terracotta, come l’anfora, a cui viene attribuita la caratteristica di mantenere i vini più giovani nel colore e nell’aroma, pur consentendo una corretta evoluzione, soprattutto nei tratti gustativi.