Angelo Frascarelli sarà il relatore del workshop promosso da Veneto agricoltura, d'intesa con Unaga e Argav (giornalisti agroalimentari) sul tema "L'agricoltura europea stretta tra le ottime intenzioni del Green deal e la realtà del bilancio Pac 2021-2027", in programma sabato primo febbraio alle 11:30 allo stand della Regione Veneto, nel padiglione 4.
Angelo Frascarelli, a che punto è il negoziato sulla prossima Politica agricola comune?
"Il negoziato è ripreso dopo le elezioni europee. La Commissione Agricoltura del Parlamento europeo ha deciso di non accettare la votazione del vecchio Pe e ha reintrodotto la possibilità di fare emendamenti. Il negoziato, quindi, si allunga e non si concluderà prima della fine del 2020. Nel frattempo, la Commissione europea lo scorso 31 ottobre ha emanato una proposta di regolamento transitorio che rinvia di un anno l'attuale Pac, che termina i propri effetti il 31 dicembre 2021".
Si era ventilata l'ipotesi di arrivare al 2022…
"Sì. Alcuni parlamentari europei hanno proposto il rinvio della Pac attuale di due anni, chiedendo che resti in vigore fino al 31 dicembre 2022. Si sta discutendo. Entro il 2020 si stima che si avrà l'approvazione della nuova Pac; poi la palla passerà agli Stati per l'approvazione dei piani strategici nazionali".
La ministra dell'Agricoltura della Croazia, paese che fino al prossimo giugno presiede il Consiglio europeo, ha annunciato che intende raggiungere un'intesa entro la durata del proprio mandato. Ragionevolmente, è un obiettivo alla portata?
"Entro giugno si può raggiungere un'intesa a livello di Consiglio Ue e di Parlamento europeo. Poi, con i triloghi e l'approvazione del regolamento, si dovrebbe arrivare alla fine dell'anno. Ma non è un problema, perché se viene raggiunto un accordo in Consiglio e in Parlamento, gli Stati membri possono cominciare a lavorare per partire il primo gennaio 2022. È comunque chiaro che la nuova programmazione della Pac non partirà nel 2021".
La Croazia ha rilanciato il dossier dell'allargamento dell'Unione europea all'Albania e alla Macedonia del Nord. Che cosa potrebbe cambiare?
"L'allargamento non avrà alcun riflesso sull'agricoltura, perché parliamo di due paesi piccoli per dimensioni che non avranno impatto sul bilancio. Un eventuale ingresso di Albania e Macedonia del Nord, però, avrebbe un grandissimo valore politico, perché significherebbe avere un'Europa aperta, che vuole crescere e andare avanti e assecondare le ambizioni di due paesi che hanno fatto sforzi inenarrabili per adeguarsi agli standard europei. Addirittura la Macedonia ha accettato di cambiare bandiera e nome, per non urtare la Grecia, ora si chiama Macedonia del Nord. Bloccare loro la strada, è la mia opinione, sarebbe un errore".
Tornando alla Pac, all'Italia cosa converrebbe: arrivare con l'attuale programmazione alla fine del 2021 o al 31 dicembre 2022?
"Per l'Italia non cambia un granché. Quello che può cambiare sono le risorse, che sono indipendenti dall'approvazione della Pac, perché riguardano il Quadro finanziario pluriennale sul bilancio 2021-2027. Se viene votata una riduzione del budget, a quel punto viene tagliata la Pac, anche se continua con le regole attuali. Che per l'Italia la futura Pac sia peggiore rispetto a quella attuale non ne vedo francamente i motivi".
Che cosa cambierà?
"La nuova Pac andrà verso modalità di sostegno uniformi per ettaro, quindi dovremmo avere o un pagamento uguale per tutti gli agricoltori dal 2022 oppure uno scivolo perché diventi uguale per tutti entro il 2026. Per le regioni dell'area padana è sicuramente meglio che si mantenga l'attuale Pac. Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna si vedranno ridurre il loro sostegno economico a vantaggio delle zone di montagna".
Gli agricoltori pugliesi perderanno oltre 142 milioni di contributi pubblici, in quanto la regione non è riuscita a spenderli entro il termine perentorio dei tre anni, nell'ambito del Programma di sviluppo rurale 2014-2020. Qual è il suo commento?
"La Regione Puglia non è riuscita a spendere gli stanziamenti del 2016 entro il 2019, secondo appunto lo schema N+3. Significa che ritorneranno a Bruxelles i fondi in quota Feasr, pari a 86 milioni di euro, perché gli altri fondi, pari a 56 milioni di euro, che appunto mancano ad arrivare al totale di 142 milioni, appartenevano invece alla quota nazionale. Non ci saranno ripercussioni nella prossima Pac, ma abbiamo fatto un regalo da 86 milioni di euro a tutti gli Stati europei. Ciò è dovuto ad errori politici e amministrativi molto gravi, dove accanto ad una burocrazia indolente, sistemi informativi malfunzionanti, è mancata la capacità di programmazione. Il risultato finale è vergognoso, me lo lasci dire".
Quanto peserà la Brexit? Inciderà più a livello economico oppure sull'unità dell'Europa?
"La Brexit genera una perdita sul bilancio europeo, perché il Regno Unito è un contribuente netto. Ma il problema più grave è, evidentemente, politico. Oggi quando si parla con l'Ue si parla, di fatto, con tutta l'Europa. Con la Brexit ci sarà l'Ue e ci sarà il Regno Unito: il valore politico dell'Unione europea diminuirà, con conseguenze di natura politica più pesanti di quelle economiche".
In questa fase di dialogo sulla Pac, Francia, Germania e Spagna sono su posizioni comuni. Cosa conviene fare all'Italia?
"L'Italia deve decidere cosa vuole dalla prossima Pac. L'Italia ha avuto tre ministri delle Politiche agricole negli ultimi due anni e nessun ministro ha detto che cosa vuole ottenere dal negoziato sulla Pac. Non citare quali obiettivi si vogliono raggiungere e cosa ci si aspetta dal negoziato è un elemento di debolezza molto grande. Non voglio concludere che non vi sia una posizione italiana, ma non la conosciamo: né il ministro né i funzionari negoziatori l'hanno mai comunicata. Questa mancanza di posizionamento è gravissima".
Come mai, secondo lei?
"Negli ultimi due anni tutta l'attenzione si è soffermata sul cosiddetto New delivery model, cioè la nuova modalità di attuazione, che prevede il Piano strategico nazionale. In Italia la discussione si è concentrata sul fatto che le regioni, che sono le istituzioni che hanno la delega all'agricoltura, hanno sempre ostacolato la scelta dell'Ue di definire per ogni Stato membro un Piano strategico nazionale. Solo ora hanno accettato una posizione nazionale che faccia da collante con sotto-programmi nazionali. Sono andati persi due anni di discussioni, limitati quasi esclusivamente agli aspetti di governance, mentre nessuno si è pronunciato sui contenuti della nuova Pac. L'Italia non ha un documento di posizionamento sulla nuova Pac".
Che cosa cambierà per l'Italia con la Pac 2021-2027?
"Dalle analisi della proposta circolate, la nuova Pac non cambia moltissimo per l'Italia rispetto all'attuale. Resta da capire come verranno utilizzate le risorse sull'eco-schema ovvero nel regime per il clima e l'ambiente".
Cosa conviene all’'talia?
"A mio avviso l'Italia deve predisporre nell'eco-schema misure ambientali semplici. Ritengo che nell'eco-schema possiamo finanziare l'agricoltura biologica, portandola dal Secondo al Primo pilastro. È un regime uguale per tutta Italia e sarebbe una grande semplificazione per gli agricoltori. Inoltre, potremmo finanziare misure nazionali di agricoltura integrata. Personalmente, darei anche spazio a una proposta di Ismea che prevede la possibilità di finanziare una misura di assicurazione del rischio per gli eventi catastrofali, sempre più diffusi. In buona sostanza, valorizzerei i punti di forza dell'agricoltura italiana, che ha grandi esperienze e tradizioni sul biologico e sull'agricoltura integrata e dove già oggi i contenuti delle misure di sostegno sono abbastanza simili in tutto il paese".
Nell'ambito dell'assicurazione contro gli eventi catastrofali, potrebbero rientrare anche assicurazioni contro le crisi di mercato, che rappresentano un altro elemento di debolezza dell'agricoltura?
"Direi di no, in quanto per il mercato sono state previste formule di intervento come i Fondi di mutualità, anche se non sono mai partiti. Le crisi di mercato, innanzitutto, vanno evitate con un'adeguata organizzazione di filiera. Quando si verifica la crisi il danno già c'è e l'intervento della politica può fare ben poco. Bisogna però fare in modo che quei pochi interventi di aiuto contro le crisi di mercato, come ad esempio gli aiuti all'ammasso, siano più veloci. Ma, ripeto, bisogna trovare strumenti di organizzazione dell'offerta che evitano le crisi di mercato".
Via il greening, odiatissimo dagli agricoltori. Non verranno, però, abbandonate le istanze di tutela dell'ambiente, rilanciate anzi dal New green deal che ispira la politica della Commissione von der Leyen. Come saranno declinate le nuove politiche verdi?
"Il greening scompare perché non ha avuto soddisfazione né da parte degli agricoltori né da parte degli ambientalisti. È stata solo una complicazione dell'attuale Pac. Gli impegni del greening vengono però inseriti nella nuova condizionalità rafforzata, il rispetto cioè di norme ambientali in cambio del pagamento di base. Quindi, se oggi l'agricoltore veniva controllato per il rispetto della condizionalità e del greening, domani dovrà fare i conti solo con la condizionalità, che però andrà ad inglobare anche gli impegni del greening".
Sarà dunque una Pac ancora più ambientalista, con introduzione dell'eco-schema?
"Sì. Sarà una Pac perfettamente in linea con il Green new deal della signora von Der Leyen, un Nuovo corso verde che riguarda tutta l'economia e che sarà un programma di cui l'agricoltura potrà beneficiare. La proposta operativa di questo Green new deal è stata solo annunciata: la dobbiamo ancora conoscere, ma sono convinto che l'agricoltura abbia tutte le potenzialità per beneficiare di questa nuova strategia. Dal punto di vista economico, bisognerà vedere se l'Unione europea metterà a disposizione degli agricoltori nuovi fondi oppure no. È comunque una strategia positiva per l'agricoltura".
Rinazionalizzazione della Politica agricola comune: sì o no?
"La rinazionalizzazione non è una soluzione positiva, perché la Pac è una politica europea. Ma bisogna dire che la proposta della Commissione europea non è una vera rinazionalizzazione, ma una gestione che prevede in futuro più responsabilità nazionali. Di fatto la politica rimane europea, ma con una maggiore responsabilizzazione degli Stati membri".
All'Italia cosa conviene?
"Per l'Italia questa formula è un grande pericolo. Tutte le volte che si danno responsabilità al nostro paese, non si è capaci di utilizzare al meglio questa responsabilità. Personalmente sono contrario alla rinazionalizzazione, perché l'agricoltura deve rimanere una politica europea e perché l'Italia non ha dimostrato di aver saputo gestire la Pac meglio dell'Ue. Non vorrei ripetermi, ma la vicenda della Puglia è gravissima. Teniamo conto che l'ultima legge di Bilancio approvata ha fatto i salti mortali per trovare i fondi sul grano duro, per una decina di milioni di euro, mentre una regione si è permessa di perdere 142 milioni".
Economia circolare e lotta agli sprechi. Quali soluzioni potrebbero essere introdotte nella prossima Pac?
"Bisogna finanziare l'innovazione nell'economia circolare e sostenere progetti specifici, consapevoli però che poi tali progetti si devono autofinanziare. L'Italia ha una buona tradizione di economia circolare, con riutilizzo dei sottoprodotti e riduzione degli sprechi. Pensiamo alla filiera avicola, dove gli sprechi si sono ridotti considerevolmente, grazie al fatto che la pollina viene usata come fertilizzante, mentre gli scarti sono usati nel pet-food ed anche le piume vengono riutilizzate".
Quale messaggio per l'Europa agricola potrebbe essere lanciato da Verona durante Fieragricola?
"Il messaggio va nella direzione della politica dell'Ue, nell'ottica di un'agricoltura innovativa, un'agricoltura smart e un'agricoltura distintiva. È fondamentale sostenere la distintività, perché di prezzi bassi e di commodity l'agricoltura muore. Chiaramente, per sostenere la distintività, occorre un'organizzazione di filiera efficace e sostenibile. Sì, direi proprio che le parole chiave che dovranno emergere da Fieragricola saranno: innovazione, sostenibilità e distintività. Su sostenibilità e distintività l'Italia ha buone carte da giocare; sull'innovazione dobbiamo fare molto di più".