Un convegno dove sono state illustrate le particolarità dei suoli di Montalcino, la loro origine geologica e i rapporti che si instaurano tra la vite, e in particolare il Sangiovese, e i terreni e le potenzialità enologiche che ne derivano.
Ad aprire i lavori è stato Enrico Tavarnelli del dipartimento di Scienze fisiche della terra e dell'ambiente dell'Università di Siena, che anche a nome di Fabio Sandrelli dell'Università di Siena e di Ivan Martini di quella di Firenze, ha inquadrato le caratteristiche geologiche dell'area di Montalcino nel contesto nazionale, ripercorrendo gli studi che hanno portato alla caratterizzazione geologica del territorio.
Enrico Tavarnelli ha evidenziando anche il rapporto tra litostratigrafia, assetto geomorfologico locale e peculiarità dei prodotti vitivinicoli del territorio. In particolare, attraverso la cartografia dell'attitudine dei suoli al Sangiovese nella provincia di Siena, ha messo in evidenza la stretta relazione tra le aree di coltivazione del vitigno e la tipologia dei suoli, a conferma del rapporto tra substrato geologico e qualità dei prodotti.
L'intervento di Tavarnelli si è rivolto poi anche alle problematiche legate al dissesto idrogeologico, che coinvolge anche gli impianti vitivinicoli e i necessari strumenti di analisi e di prevenzione di un territorio interessante anche dal punto di vista puramente geologico, come nel caso delle cave di onice di Montalcino, una realtà poco nota e interessante da tutelare e riscoprire, promuovendo magari anche un geoturismo che ben si assocerebbe al turismo ambientale ed enogastronomico della zona.
Sempre sul tema del rapporto tra vite e suolo Simone Priori, geologo del Crea agricoltura e ambiente, ha parlato delle tecniche di rilevazione dello stato dei suoli e dell'interpretazione dei dati, strumenti fondamentali anche per poter fare delle pianificazioni e delle scelte per progettare gli impianti, a partire dalle lavorazioni di preparazione alle misure di tutela del suolo, anche e soprattutto in un'ottica di agricoltura di precisione.
Sergio Pellegrini, agronomo anche lui del Crea agricoltura e ambiente ha posto l'attenzione sulla natura del terreno come corpo naturale vivente, e del suo ruolo importante sul sistema vitivinicolo e sulle caratteristiche organolettiche dei prodotti finali, rimarcando l'importanza di considerare e conservare il suolo come risorsa naturale non rinnovabile.
Gli aspetti della gestione agronomica, in particolare dei sovesci e dell'inerbimento per la gestione del suolo in vigna sono stati esposti da Donato Bagnulo, agronomo libero professionista che ha messo in evidenza la capacità del sovescio non solo di migliorare la fertilità, ma anche, grazie all'azione sulla struttura del terreno, di mitigare gli effetti dell'erosione e dei ristagni idrici.
Daniele Grifoni, ricercatore del Cnr-Ibimet e del Consorzio LaMMA, ha illustrato i cambiamenti climatici che interessano il pianeta e più in dettaglio il territorio toscano, con specifici richiami all'area del Brunello.
Riccardo Petrini del dipartimento di Scienze della terra dell'Università di Pisa, ha invece parlato di un nuovo approccio basato sullo studio degli isotopi dello stronzio nel terreno per caratterizzare un terroir, una metodologia che è già stata applicata nelle zone del Prosecco in Veneto, del Nebbiolo in Piemonte del Lambrusco in Emilia.
La giornata si è poi conclusa alle cantine dell'azienda agricola Banfi, che ha fornito l'occasione sia per vedere durante il tragitto di trasferimento alcune realtà geologiche del territorio, che assaporare concretamente nel bicchiere le espressioni che il suolo conferisce ai vini.