Qualora nei prossimi giorni dovesse essere proclamata l'indipendenza della Catalogna da parte del presidente della Generalitat Catalana, Carles Puigdemont, sarebbe in parte un dejà vu, dal momento che già agli inizi degli anni Trenta del secolo scorso la regione con capitale Barcellona cercò di affrancarsi da Madrid.
La cronaca degli eventi è nota: il voto domenica, gli attacchi della polizia inviata da Madrid, il discorso del Re Felipe VI. Ora qualcuno ha calcolato anche le prime conseguenze dell'autonomia sull'agricoltura.

I segnali dell'economia, a fronte della volontà del Parlamento catalano di votare lunedì per l'indipendenza, sono negativi, con la borsa di Madrid che ieri, 4 ottobre 2017,  ha perso il 2,85%. Le banche Caixa e Sabadell hanno fatto sapere che potrebbero valutare di far scattare un piano di trasferimento della sede a Madrid in 120 minuti, in caso di proclamazione dell'autonomia della Catalogna. In particolare, oggi pomeriggio (5 ottobre 2017Banco Sabadell potrebbe sciogliere le riserve e dirigersi verso Madrid o Alicante. E Standard & Poors non esclude una revisione dei parametri della regione in chiave negativa.

L'incertezza è massima, anche perché la sensazione che si respira è che l'esercizio della democrazia - per i catalani assolutamente legittimo e per Madrid invece incostituzionale - sia sfuggito di mano. Logica conseguenza dei sequestri delle urne da parte della Guardia Civil? Suggestione per la partecipazione e gli esiti referendari? Desiderio di affrancarsi veramente dalla Spagna? Mistero.

Chi non ha avuto dubbi a sostenere l'azione per il referendum sull'autonomia è stato il sindacato degli agricoltori catalani, la Uniò de Pagesos, che si è mobilitato con almeno 2mila trattori per garantire il voto. Un numero che è salito, secondo quanto dichiarato dallo stesso sindacato, a 5mila nel giorno dello sciopero generale.

Buona parte della stampa spagnola è schierata affinché non si consumi lo strappo tra Madrid e Barcellona. E forse, secondo le ultime notizie per le quali Puigdemont potrebbe rivolgersi al Vaticano per una mediazione con il Governo guidato da Mariano Rajoy, non si arriverà a una polverizzazione della Spagna (i Paesi Baschi stanno alla finestra, ma potrebbero cogliere la palla al balzo).

Sul versante agricolo è il quotidiano La Razon a calcolare quale sarà la perdita annuale di risorse, a causa della decurtazione della Pac. "Gli agricoltori e gli allevatori della Catalogna hanno ricevuto un totale di 316,9 milioni di euro dal Fondo europeo di garanzia agricola (Feaga) durante l'esercizio finanziario 2016 - scrive La Razon -. Questa è la cifra corrispondente ai pagamenti diretti (pagamenti di base e complementari), nonché ad una serie di altri aiuti, compresi quelli per la riconversione dei vigneti".

Una cifra che non è esaustiva, naturalmente. Bisogna infatti "aggiungere il finanziamento dell'attuale Programma di sviluppo rurale, in vigore tra il 2014 e il 2020, che nel caso di questa comunità autonoma ammonta in totale a 350 milioni di euro, cioè altri 50 milioni di euro l'anno. La media per ogni anno arriverebbe a 367 milioni di euro. Secondo la normativa ora vigente, questi fondi non raggiungerebbero le tasche degli agricoltori, degli allevatori catalani e dell'industria alimentare, se si verificasse un'ipotetica indipendenza della Comunità autonoma".
E questo, chiaramente, per l'automatica uscita della Catalogna dall'Unione europea. Almeno fino al compimento dell'iter di un ipotetico ingresso nell'Ue, che richiederebbe comunque tempo (anni?) e non sarebbe automatico.
Inoltre, diventando la Catalogna un paese terzo, "le sue esportazioni verso il mercato comunitario sarebbero soggette alla tariffa doganale estera", scrive La Razon, rendendoli meno competitivi.

Non è tutto, perché la Catalogna indipendente perderebbe competitività - non avendo alcun trattato preferenziale con l'Ue - anche nei confronti di paesi come "il Marocco, il Cile o il Canada, che attualmente hanno un accordo in essere per facilitare il commercio".
Anche le rotte commerciali internazionali con paesi come Cina o Giappone subirebbero un brusco stop, dovendo la Catalogna negoziare accordi bilaterali specifici. E la durata per il raggiungimento di intese negoziali di reciproco scambio è di anni, non di mesi.