Nonostante queste performance positive, però, le distanze con gli altri paesi competitor esportatori aumentano; infatti, secondo i dati dell’Osservatorio dei Paesi Terzi di Business Strategies e Nomisma Wine Monitor, il valore totale dei rossi Dop italiani venduti nel gigante asiatico vale dieci volte in meno dell’import del solo Bordeaux francese. Sui fermi imbottigliati la crescita italiana nel 2016 in termini di valore è di tre volte inferiore ad Australia e Francia, mentre aumenta ancora il distacco con il Cile.
“Auspichiamo che la visita di Stato in Cina del presidente Mattarella possa rivelarsi importante anche per le relazioni commerciali in favore del vino italiano – sottolinea Silvana Ballotta, ceo di Business Strategies – In Cina paghiamo un ritardo importante sulla promozione del nostro prodotto, ma risentiamo dell’ingresso a dazio zero dei vini cileni e neozelandesi, oltre a quelli australiani che già godono oggi di dazi agevolati e che dal 2019 vedranno scomparire anch’essi le barriere commerciali”.
“La crescita dell’import di vino italiano in Cina nel 2016 è rilevante specie sui vini fermi imbottigliati – spiega Denis Pantini, responsabile di Nomisma Wine Monitor - che segnano un +39,1% sul 2015 e passano da 74,4 milioni a 103,5 milioni di euro (+29,1 milioni di euro). Ma le distanze aumentano anziché diminuire, nonostante l’Italia fissi la miglior performance in termini percentuali tra i paesi produttori. In valore assoluto infatti la Francia, che domina a 874,3 milioni di euro, registra nel 2016 una crescita di 92 milioni, e ancora meglio fa l’Australia, con un incremento di quasi 95 milioni di euro”.
Sempre secondo l’Osservatorio sui Paesi terzi, le importazioni di Bordeaux in Cina hanno raggiunto nel 2016 un valore record di 310,6 milioni di euro (+15,9%), seguite dal Borgogna e dallo Rioija. Le grandi regioni italiane vedono il segno negativo per la Toscana (-3,3%), mentre crescono Veneto (+44,4%) e Piemonte (+20,2%).