Un problema mediterraneo
L’olio di oliva può essere estratto con due processi diversi, detti rispettivamente "a due fasi" e "a tre fasi".
Il secondo, più antico e di conseguenza più largamente diffuso, genera grandi quantità di acque di vegetazione: da mezzo litro fino ad un litro e mezzo per ogni kg di olive processate. Tale livello di scarto si traduce complessivamente in 6-7 milioni di tonnellate di acque di vegetazione da smaltire ogni anno nel nostro Paese. Detta massa di reflui si concentra nei mesi di raccolta delle olive, cioè fra ottobre e dicembre.

Va ricordato che le acque di vegetazione sono probabilmente il refluo più inquinante che esista perché, nonostante il loro basso contenuto di solidi (fra 5% e 10%), la loro domanda chimica di ossigeno (COD) è altissima, compresa fra 45 e 130 g/l.

A titolo di comparazione si consideri che il COD delle acque fognarie residenziali difficilmente supera 1 g/l ed i liquami degli allevamenti suini in genere presentano COD attorno ai 10 g/l. Le acque di vegetazione sono inoltre acide (il loro pH è compreso fra 3 e 6) ed hanno un certo potere battericida e fitotossico per la presenza dei polifenoli. L’alto COD di questo refluo, unito alla capacità antiossidante dei polifenoli, rende quasi impraticabile il suo trattamento aerobico.

Sono state proposte diverse tipologie di trattamento alternativo, dalla digestione anaerobica all'ossidazione fotocatalitica mediante la reazione di Fenton, senza dimenticare l'ultrafiltrazione e l'osmosi inversa. Poiché la maggioranza degli oleifici italiani è costituita da piccole realtà cooperative, tali processi di detossificazione delle acque di vegetazione, risultano economicamente improponibili.
Infatti, la pratica abituale di smaltimento delle acque di vegetazione consiste nel loro spandimento nei campi.

Se realizzata correttamente, detta operazione, è doppiamente benefica: nel primo mese dopo l'applicazione sul terreno, l'azione delle acque di vegetazione è quella di un diserbante naturale; nei 5 o 6 mesi successivi i batteri del suolo degradano i polifenoli e umificano la materia organica, migliorando la fertilità.
Per contro, smaltire in campagna le acque di vegetazione comporta l'inevitabile emissione di odori e anche difficoltà nel calcolare il dosaggio per ettaro ammissibile. Eventuali piogge durante i primi mesi dall'applicazione potrebbero inoltre dilavare i polifenoli, mettendo a rischio le falde freatiche.
 
Un'opportunità economica
Le acque di vegetazione possono contenere diverse classi di polifenoli le cui proporzioni dipendono dalla cultivar di oliva utilizzata, dallo stato di maturazione e dal tempo e temperatura di stoccaggio. Nell'ambito dello studio Polyphenolic characterization of olive mill wastewaters, coming from Italian and Greek olive cultivars, after membrane technology, il team di ricercatori italo-greco ha caratterizzato il profilo di polifenoli delle acque di vegetazione provenienti dalla molitura di olive delle seguenti cultivar: Cellina e Coratina (Puglia) e Asprolia, Lianolia e Koroneiki (Grecia).

Lo scopo dello studio è stato il recupero, dalle acque di vegetazione, di molecole bioattive con attività antiossidante, quali i polifenoli, mediante tecnologia di filtrazione a membrana, in modo da evidenziare un loro possibile utilizzo nei settori farmaceutici, cosmetici ed alimentari.

Le acque di vegetazione sono state sottoposte a tre differenti step di filtrazione a membrana in modo da separare le macromolecole in funzione della loro massa molecolare. In particolare la microfiltrazione (MF) (Figura 1) utilizza membrane ceramiche con pori di diametro compresso fra i 0,1 e 10 µm, quindi trattiene molecole fino a 100mila Dalton (1 Da = 1 g/mole), chiarifica le acque e le purifica da proteine ad alto peso molecolare, enzimi e componenti batteriche.

Il permeato della MF è sottoposto quindi all’ultrafiltrazione (UF) (Figura 2) con l’utilizzo di membrane polimeriche, che consentono di separare molecole con peso molecolare inferiore a 5mila Da. Infine l’ultrafiltrato è sottoposto a nanofiltrazione (NF) (Figura 2) che utilizza sempre membrane polimeriche, i cui pori hanno diametri compressi fra 1 e 10 nm, capaci di separare molecole dell’ordine di 200 Da.
Questa tecnologia oltre a essere considerata una "green technology" è anche molto promettente in quanto richiede relativamente poca energia, non utilizza solventi e consente di recuperare l’acqua di scarico per scopi irrigui.
 
Foto 1: Sistema di filtrazione a membrana in scala di laboratorio: microfiltrazione.
Il sistema di MF utilizzato nello studio è in grado di processare fino a 2000 l al giorno e supporta fino a 6 bar di pressione.

Foto 2: Sistema di filtrazione a membrana in scala di laboratorio: ultra e nano filtrazione.
Il sistema utilizzato nello studio sia per UF che per NF, è in grado di resistere fino a 75 bar di pressione.

I risultati più interessanti dello studio sono stati i seguenti:
  • Delle due cultivar italiane, la Cellina è quella che presenta il maggiore contenuto di polifenoli.
  • Il prodotto della MF contiene il 100% dei polifenoli, quello della UF contiene fra il 55% ed il 65%, e quello della NF il restante, compreso tra il 15% ed il 33%.
  • In tutte le cultivar analizzate l’idrossitirosolo (in inglese hydroxytyrosol, HT) risultava essere il composto polifenolico più abbondante (70%-80%), noto per le sue attività benefiche, infatti è un fortissimo antiossidante, paragonato ad altri composti fenolici come le catechine contenute nel thè verde, di cui sono ben noti gli effetti protettivi nei confronti delle cellule del cervello. La cultivar Coratina è ricca di verbascoside (VB), composto con riconosciuto microrganismo responsabile di infezioni suppurative acute alla pelle, vie urinare e respiratorie e produttore di tossine che possono causare gastroenterite.
  • L’ultrafiltrato rappresenta il prodotto finale con il miglior compromesso tra il processo di purificazione delle acque e l’arricchimento in composti bioattivi, con un contenuto di polifenoli totali che varia da 1400 mg/l a 3000 mg/l, a seconda dalla cultivar considerata.
Conclusioni
Il recupero dei polifenoli dalle acque di vegetazione degli oleifici mediante tecnica di filtrazione a membrana, consente contemporaneamente l’abbattimento del COD, il recupero dell'acqua a scopi irrigui e l'ottenimento di un prodotto ad alto valore aggiunto da utilizzare come materia prima per la produzione di antiossidanti, ingredienti importanti per le industrie farmaceutica, cosmetica ed alimentare.

Lo studio dimostra la fattibilità tecnica, anche nel settore oleario, dell'impiego della filtrazione a membrana, tecnologia largamente diffusa nell'industria alimentare. L'impostazione di una filiera commerciale che consente agli oleifici l’adozione di tali tecnologie di filtrazione e l’impiego dei polifenoli recuperati per la formulazione di nuovi prodotti, darebbe agli oleifici stessi la possibilità di collocarsi sul mercato in modo più competitivo con evidenti vantaggi economici.

Chi fosse interessato ad avere maggiori informazioni su tale tecnologia, può rivolgersi ad Angela Cardinali, dell’Ispa-Cnr (Istituto di scienze delle produzioni alimentari - Consiglio nazionale della ricerca), Via G. Amendola, 122/O, 70126 Bari.

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