C'è il Chianti fatto con uve estere, l'Amarone ottenuto con le polverine e il Barbera prodotto in Romania. La contraffazione delle bottiglie di vino italiane nel mondo vale circa due miliardi di euro all'anno. E' comprensibile dunque come molti produttori cerchino di tutelare i loro prodotti. La tendenza è di ricorrere alla tecnologia che ha ormai conquistato tappi ed etichette.

Una trovata intelligente è stata quella di Mirko Tarantelli che ha applicato al vino il meccanismo degli scratch code usati nelle carte prepagate. Sull'etichetta della bottiglia è presente un codice univoco ricoperto da una vernice argentata (come quella delle ricariche telefoniche). Basta grattarla per rivelare un numero che, inserito sul sito Vino italiano certificato, conferma o meno l'autenticità della bottiglia.

E' un metodo sicuro al 100% che se adottato da tutti i produttori metterebbe fine alla contraffazione”, spiega ad AgroNotizie Tarantelli. “Il costo per il produttore è di pochi centesimi, ma rende tracciabile la bottiglia. I codici sono univoci, questo significa che possono essere verificati una volta sola”. Il punto debole, semmai, è che il consumatore ha la certezza di avere comprato un vino autentico solo dopo averlo pagato.

Dagli Stati Uniti arriva forse l'innovazione più radicale nel modo di commercializzare e bere vino. La start up californiana Kuvée ha raccolto sei milioni di dollari tra investitori privati e ha lanciato la 'Smart bottle'. Si tratta di un involucro ipertecnologico (a forma di bottiglia) nel quale trovano alloggiamento speciali cartucce in metallo contenenti il vino.

Le cartucce sono inserite nella bottiglia intelligente che preserva per trenta giorni la 'freschezza' della bevanda. Sul display è possibile avere informazioni su cosa si sta bevendo, ma anche fare un ordine o contattare la cantina. La tracciabilità è garantita al 100% (visto che i produttori si devono dotare delle speciali cartucce) e in più si ha la possibilità di avere più bottiglie aperte in uno stesso momento. La pecca? Il costo di 350 dollari e la batteria limitata, solo sei ore.

Tornando in Italia una soluzione interessante per contrastare la contraffazione è quella ideata da Guala closures group, multinazionale italiana che si occupa di chiusure di sicurezza per alcolici, che ha inserito un microchip nel tappo delle bottiglie. Il sistema usa la tecnologia Nfc (Near field communication) che permette il dialogo tra bottiglia e utente, semplicemente avvicinando lo smartphone al tappo.

Il microchip trasmette informazioni di vario genere, prima di tutto sull'integrità della bottiglia che non deve essere manomessa (o rabboccata, nel caso dell'olio). Ma sullo smartphone i consumatori potranno avere maggiori dettagli sul vino, ricevere offerte speciali e premi fedeltà.

Per essere certi che un vino sia autentico ci sono due strade”, spiega Tarantelli. “L'analisi chimica, che però è costosa e non 'user friendly', oppure la tecnologia”. Attenzione però, non tutta l'innovazione è buona: “Tecnologia non è sinonimo di affidabilità e trasparenza. Guardando a queste soluzioni dobbiamo prima di tutto usare sistemi che non siano aggirabili e che non rappresentino un costo eccessivo per i produttori”.

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