“Con decisione del 26 febbraio 2013 – si legge nella sentenza – la Commissione ha applicato delle rettifiche finanziarie forfettarie (non aventi natura sanzionatoria), al fine di eliminare dal finanziamento dell'Ue alcune spese sostenute irregolarmente dall'Italia e poste a carico del Feaga (Fondo europeo agricolo di garanzia) e del Feasr (Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale), i quali, dal 2007, hanno sostituito il Feoga (Fondo Europeo Agricolo di Orientamento e Garanzia)”.
Andando ai numeri, si tratta innanzitutto di 48 milioni di euro esclusi dal finanziamento Ue a causa delle carenze riscontrate nei controlli del sistema di condizionalità in Italia durante gli anni 2005-2007. A questi si aggiungono 17,9 milioni esclusi dal finanziamento a causa di gravi carenze nel sistema degli aiuti per la trasformazione degli agrumi tra il 2004 e il 2007.
Nel quadro di un'indagine da parte dell'Ufficio europeo per la lotto antifrode, è infatti emerso un meccanismo generalizzato di frode nel settore della trasformazione degli agrumi nella Regione Calabria, oggetto anche di indagini penali da parte dell'Autorità giudiziaria italiana.
6,3 milioni infine sono infine relativi a carenze riscontrate nei parametri di riconoscimento dell'organismo pagatore della Regione Basilicata (Arbea) per gli anni dal 2007 al 2009. Secondo la Commissione, Arbea presentava gravi carenze nella struttura organizzativa e nell'attività di controllo, senza offrire così garanzie di affidabilità circa i pagamenti effettuati.
La Repubblica italiana ha chiesto al Tribunale di annullare la decisione della Commissione, mentre la Commissione stessa ha chiesto di respingere il ricorso. Con la sentenza di oggi il Tribunale ha respinto il ricorso dell'Italia, stabilendo che la Commissione, con la decisione impugnata, non è venuta meno al proprio obbligo di motivazione e non ha violato né le regole della Politica agricola comune né i principi generali del diritto dell'Unione.
Nella nota si legge poi come “il Tribunale ha ribadito il principio, già più volte espresso dalla giurisprudenza dell'Unione, per cui alla Commissione non incombe l'onere di provare puntualmente e specificatamente l'insufficienza dei controlli effettuati dalle amministrazioni nazionali o l'irregolarità dei singoli dati da loro trasmessi, essendo sufficiente che la Commissione offra elementi tali da far sorgere dubbi seri e ragionevoli in merito al sistema nazionale di controlli e verifiche”.
“Questo "alleggerimento" dell'onere della prova a carico della Commissione – continua la sentenza - si spiega con quello che i giuristi nazionali definiscono "criterio di vicinanza (o disponibilità) della prova" e cioè, nella specie, con il fatto che nessuno meglio dello Stato membro è in condizione di raccogliere e verificare i dati necessari alla liquidazione dei conti del Feaga. E' quindi lo Stato membro a dover fornire la prova più circostanziata, puntuale ed esauriente circa l'effettività dei propri controlli e, se del caso, l'inesattezza delle affermazioni della Commissione”.
Per quanto riguarda la questione agrumi, la Commissione ha utilizzato i dati investigativi dell’Olaf e dell’autorità giudiziaria italiana per constatare un quadro generale di irregolarità sistematiche nei controlli degli aiuti alla trasformazione degli agrumi in Calabria: questo quadro generale ha consentito di stabilire in via probabilistica il livello di rischio di perdita da parte dei fondi europei interessati.
A sua volta, tale valutazione di rischio ha consentito di pervenire alle rettifiche forfettarie impugnate, per le quali, comunque, la Commissione ha tenuto in debita considerazione le somme già rimborsate all’Ue da parte dell’Italia in relazione ai singoli episodi di frode emersi nelle varie inchieste. Pertanto, la Commissione non ha violato il principio del "ne bis in idem".
Analoga valutazione “di rischio” è stata compiuta dalla Commissione per quanto riguarda la determinazione forfettaria delle rettifiche relative ai problemi sorti in Basilicata.
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Fonte: Corte di giustizia dell'Unione europea
Autore: Lorenzo Pelliconi