I lavori, sviluppatisi nell’arco di due giorni, hanno visto la partecipazione di una ventina di relatori da tutto il mondo riuniti per mettere a confronto le proprie esperienze nel campo della gestione del rischio nel settore primario. Il quadro generale che ne è uscito è composto di luci e ombre, e mostra un Paese che, pur non essendo il fanalino di coda, è ancora piuttosto arretrato. Proprio sulle origini e possibili soluzioni a questo ritardo si è voluto ragionare al Forum, soprattutto in vista dell’entrata in vigore di una Pac che promuove fortemente la gestione dei rischi.
Esistono principalmente due elementi che, combinandosi tra loro, rendono la gestione del rischio per l’imprenditore agricolo molto più che necessaria: i cambiamenti climatici e la volatilità dei prezzi. A questi si potrebbe aggiungere che la continua erosione dei redditi delle aziende nel corso degli anni ha di fatto eroso nella stragrande maggioranza delle aziende la capacità di sopravvivere autonomamente a un’annata disastrosa.
Le esperienze oltre i confini
Sul tema della gestione del rischio, uscendo dai confini nazionali ci si imbatte in un insieme di soluzioni a dir poco eterogeneo, a partire dal complicato sistema statunitense, in cui ogni dollaro erogato costa circa 1,44 dollari e che favorisce prevalentemente le grandi aziende e l’estrema efficenza, al contrario di quanto accade in Svizzera, dove i maggiori beneficiari sembrano essere le aziende di dimensioni ridotte.
Un caso esemplare delle potenzialità espansive del sistema di protezione viene dalla Turchia, dove negli ultimi 7 anni il numero delle nuove polizze è aumentato annualmente del 20%. La polizza è statale e, ad esclusione della siccità, copre praticamente tutto. Attualmente in Turchia sono assicurate il 51% delle aziende, con un premio totale di circa 300 milioni di euro.
Mentre la Francia ancora va alla grande con i fondi mutualistici, la Polonia ha scelto di rendere l’assicurazione sui raccolti obbligatoria, sovvenzionandola dal 2006 per il 50%. Essendo obbligatoria, la mancata assicurazione porta a una multa di circa 2 euro/ettaro e, ancora peggio, alla riduzione del 50% dell’aiuto statale in caso di calamità.
In ogni caso, ognuno a modo suo, tutti hanno in funzione degli strumenti per la gestione del rischio.
La situazione in Italia
In base ai dati emersi, nel nostro Paese le imprese agricole che adottano annualmente strumenti di protezione per evitare perdite di reddito sono poco più del 10% del totale. Di queste il 95% hanno aderito ai 65 Consorzi di difesa e sottoscritto certificati assicurativi agevolati per un valore assicurato pari a 6,9 miliardi di euro. L’80% degli assicurati è nel Nord-Est e protegge prodotti ad alto valore aggiunto e forte vocazione all’export. La maggioranza delle aziende assicurare sono di dimensioni medio-grandi e guidate da imprenditori giovani.
La missione di Asnacodi e dei consorzi di difesa è quello di raggiungere con il progetto InfoPAC il restante 90% delle aziende (circa 250.000) non ancora assicurate, per spiegare che esistono strumenti di prevenzione e protezione del reddito. Per riuscirci è in corso la realizzazione di 3 workshop territoriali, 30 seminari locali, circa 2.000 presidi di informazione con gli Infopoint sulla gestione del rischio, un Forum Internazionale e un evento conclusivo che si terrà in occasione del Vinitaly 2015.
Un momento del Terzo Forum internazionale di Asnacodi
Scenario prossimo futuro
Il made in Italy agricolo è tra i più esposti agli effetti dei cambiamenti climatici, in termini di quantità, qualità e tipicità delle produzioni. Nel quadro della programmazione europea l'Italia ha deciso di attuare un Programma nazionale di sviluppo rurale per la gestione del rischio, concordato con le Regioni e Province autonome, che sta ancora prendendo forma. L’unica cosa certa è per ora un quadro di riferimento finanziario già definito, con una previsione di oltre 1,6 miliardi di euro suddivisi per sette anni di programmazione.
Da quello che è emerso nel corso degli interventi sappiamo che l’assicurazione agricola agevolata, finanziata fino al 2014 dal fondo Feaga, dal 2015 sarà finaziata anche dal fondo Feasr. Questo comporterà delle novità, quali la presenza di un’Autorità di Gestione (Mipaaf), il passaggio a un organismo pagatore unico (Agea), la gestione della domanda di aiuto e della domanda di pagamento, l’obbligo di redigere il Piano di Coltivazione nel Fascicolo aziendale e l’introduzione del Piano dei Rischi aziendale (Pra) e del Piano Assicurativo Individuale (Pai) declinati dal Piano di Coltivazione in coerenza con il Decreto Prezzi-Varietà e delle rese medie regionali.
Il contraente stipulerà una polizza con l’Ente Assicurativo e potrà richiedere il rimborso del premi attraverso la presentazione di una domada di aiuto o pagamento. Il Mipaaf gestirà le domande di aiuto, mentre all’Agea sarà responsabile delle domade di pagamento. Entrambe le domande saranno presentate dall’agricoltore con la stessa istanza.
"In Italia sono stati fatti grandi passi avanti - ha detto Albano Agabiti, presidente di Asnacodi – ma c’è ancora molto da lavorare. Sia gli strumenti già applicati e sviluppati in Italia come le assicurazioni contro le avversità, sia strumenti nuovi di grande interesse come i Fondi di mutualità tra agricoltori che quelli di stabilizzazione del reddito aziendale, necessitano di dispositivi e regole di trasparenza nella rilevazione dei fenomeni e nella costruzione di indici di riferimento su cui basare la programmazione pluriennale delle attività".
E magari anche di una strutturazione comprensibile da chiunque, di un’affidabilità sinora spesso latitante e di alcune certezze basilari (del tipo: Quanto mi costa? Quanto mi rimborsa se perdo il raccolto?) la cui clamorosa assenza è stata riconosciuta dagli stessi assicuratori.
Quello che in realtà in Italia servirebbe per lanciare il prodotto e renderlo appetibile tutte le tipologie di azienda, dunque, è evidente: estrema semplicità, affidabilità e costi certi e ragionevoli. Tutti elementi su cui c’è ancora molto da lavorare.