Nelle strategie economiche mondiali l’agricoltura è destinata a giocare un ruolo sempre più centrale. E questo perché è lo strumento per garantire l’approvvigionamento globale in un mondo che conta ancora un miliardo di persone affette da malnutrizione. Uno degli obiettivi dichiarati della futura Pac è proprio la sicurezza alimentare, ma nei fatti nella versione attuale della riforma mancano misure realmente valide perché questo proposito si traduca in realtà. Per questo è necessario un negoziato efficace che inserisca provvedimenti che da una parte incrementino la produzione agricola mondiale e, dall’altra, garantiscano l’accesso al cibo soprattutto per le popolazioni del Sud del mondo. E' quanto emerge dal seminario "Salvaguardia della capacità di produzione della Unione europea a garanzia della sicurezza degli approvvigionamenti alimentari", organizzato dall’Agia, l’Associazione dei giovani imprenditori della Cia, Confederazione italiana agricoltori, che si è svolto ieri e oggi a Valenzano (Bari). 

“La chiave dell’economia globale dei prossimi decenni - ha affermato Alberto Giombetti, coordinatore della Giunta nazionale, intervenendo al seminario - dovrà essere lo sviluppo agricolo dei Paesi poveri. Ma oltre ad aumentare la produttività, è prioritario regolare i mercati, per evitare le conseguenze catastrofiche che le speculazioni sulle materie prime possono avere proprio sull’accesso al cibo”.

“Il problema non è solo quantitativo. Sicuramente - rimarca Vincenzo Netti, membro della giunta nazionale dell’Agia - va incrementata la produzione mondiale di prodotti agricoli. Ma ciò non basta. Bisogna renderla disponibile anche ai Paesi poveri. Tanto più che l’agricoltura contemporanea di fatto già produce cibo per sfamare tutti. Basti pensare che nel 2007 ogni persona poteva contare su 2700 Kcal al giorno, eppure nel biennio 2007-2008 il 'boom' delle quotazioni delle materie prime agricole ha causato rincari sui prezzi degli alimentari tali da ridurre alla fame oltre 75 milioni di persone nel mondo. E tutto ciò non perché nel Pianeta non vi fosse cibo a sufficienza, ma semplicemente perché costava troppo. Lo stesso è accaduto ad inizio 2011, quando il costo umano delle speculazioni del mercato alimentare è stato altissimo: 44 milioni di persone sprofondate nella povertà, secondo i dati della Banca mondiale”.

Di fronte a queste cifre diventa evidente che il cibo non può essere vittima di dinamiche speculative che lo riducono alla stregua di una merce qualsiasi da spostare sui mercati finanziari.