Entro il 2050 saranno tre miliardi in più le bocche da sfamare.

Come se nei prossimi quarant'anni, ogni anno, la popolazione mondiale crescesse di un numero di persone pari all'intera Germania. In questo contesto, è chiara l'importanza che riveste il concetto di sicurezza alimentare: una sfida che per l'Europa coniuga l'aumento della produzione di cibo nel pianeta con un impatto ambientale minimo, ma anche con un'attenzione particolare alle potenziali ricadute sugli equilibri agricoli del nostro continente.

L'argomento è stato all'ordine del giorno nella sessione plenaria che si è svolta questa settimana a Strasburgo. Approvando una risoluzione elaborata dalla Commissione Sviluppo, il Parlamento europeo sprona l'Europa a fare la propria parte per aiutare i Paesi in via di sviluppo ad affrontare questo problema.

In primis, si chiede di aumentare il supporto ai piccoli produttori, vero motore della produzione agricola soprattutto in Africa, promuovendo anche il ruolo delle donne e delle realtà aggregative, come le cooperative.
Preoccupano, infatti, le acquisizioni fondiarie su vasta scala operate da investitori esteri nei Paesi in via di sviluppo: una pratica che chiaramente va a detrimento dei piccoli e medi agricoltori locali.

Per attenuare il fenomeno, l'Unione europea dovrebbe incoraggiare i Paesi interessati a realizzare delle riforme agrarie che garantiscano i diritti di proprietà dei produttori del luogo, contrastando la sottrazione dei terreni da parte di multinazionali.

Non può mancare il capitolo speculazione: l'Eurocamera la ritiene una delle cause della volatilità dei prezzi; è pertanto a favore dell'introduzione di meccanismi di regolazione per assicurare trasparenza e stabilità dei mercati.
Tra questi, la chiara definizione degli attori ammessi agli scambi agricoli, ma anche iniziative per ripristinare gli stock alimentari mondiali, la cui diminuzione ai minimi storici nel 2007 ha contribuito all'aumento dei prezzi dei prodotti agricoli a livello mondiale.

Sugli agrocombustibili, l'Eurocamera chiede un approccio equilibrato che promuova lo sviluppo di nuove risorse energetiche, senza che questo implichi riduzione di terre preziose all'agricoltura, ad esempio privilegiando per il settore energetico l'uso di residui agricoli e forestali (paglia, residui di colture, letame) rispetto alle colture alimentari.
Inoltre, i deputati europei sottolineano anche l'impegno dei Ventisette ad abolire gradualmente le sovvenzioni alle esportazioni, parallelamente all'adozione di misure analoghe da parte dei partner dell'Organizzazione mondiale del commercio.

 

E' sempre di questi giorni di sessione plenaria l'adozione di un accordo per promuovere il commercio con i territori palestinesi (Cisgordania e Gaza), per un buon 70% derrate alimentari.
A partire dal 2012 i prodotti palestinesi dell'agricoltura e della pesca potranno accedere al mercato europeo direttamente, senza il tramite delle autorità israeliane, e in condizioni di esenzione doganale.
Naturalmente l'accordo è bilaterale, per cui anche prodotti europei potranno essere esportati nei Territori Occupati, ma il chiaro obiettivo è quello di promuovere lo sviluppo dell'economia palestinese.

Ad oggi, infatti, il 90% circa delle relazioni commerciali bilaterali è costituito dall'export europeo.