Rapporti più stretti nella filiera, anche attraverso accordi fra i vari soggetti dal campo alla tavola, difesa dei redditi dei produttori, più forza all’offerta della produzione 'made in Italy' con azioni di comunicazione e di promozione realmente nuove ed adeguate, valorizzazione della territorialità. Sono queste alcune delle priorità espresse dalla Cia (Confederazione italiana agricoltori) per rilanciare con decisione la nostra vitivinicoltura nell’ambito del Piano nazionale per il settore inviato alla Commissione Ue nel contesto della riforma Ocm vino. Gli obiettivi del Piano, sottolinea la Cia, mirano ad accompagnare la transizione dal vecchio al nuovo regime attenuando gli effetti sui redditi dei produttori di uva e di vino e a realizzare un maggior sviluppo ed integrazione della filiera. Non solo. Altri precisi obiettivi riguardano il consolidamento del livello qualitativo della produzione e il miglioramento della competitività del settore al fine di avvicinarsi ad un equilibrio di mercato. Da ultimo, il sostegno alla viticoltura in aree sensibili dal punto di vista paesaggistico e la tutela del valore e delle tradizioni culturali connesse alla produzione vitivinicola. A tal proposito la Cia ricorda gli importi assegnati all’Italia per il Piano nazionale: 238 milioni di euro per il 2009, 298 milioni per il 2010, 294 milioni per il 2011, 341 milioni per il 2012 e 337 milioni a partire dal 2013.
E’ prevista anche una 'riserva', che ha una dotazione di 10 milioni di euro l'anno e che potrà essere utilizzata o per l'attivazione di una eventuale distillazione di crisi, nel caso si verificassero le condizioni, oppure per aumentare le risorse a favore delle altre misure, in primis verso quella di ristrutturazione dei vigneti.  Insomma, secondo la Cia, c’è da gestire una dotazione di risorse importanti per il settore nel suo insieme. Un settore che nel 2006-2007 ha esportato 18 milioni di ettolitri di vino, con un valore record di 3,4 miliardi di euro, anche se il prezzo medio di vendita risulta essere di 1,73 euro, ben al di sotto dei 2.17 euro, prezzo medio a livello mondiale. Pur cogliendo gli aspetti positivi delle dinamiche di mercato in corso, è necessario, per la Cia, sottolineare come la politica adottata dalle aziende esportatrici determina una costante riduzione dei prezzi delle uve da vino. Le promozioni e gli sconti praticati per incrementare le vendite sui mercati nazionali ed esteri, penalizzano fortemente la materia prima, coinvolgendo grandi masse di prodotto e creando situazioni di difficile sostenibilità per le aziende viticole. Questo fenomeno, che accomuna tutte le regioni d’Italia, si attenua solo per particolari vini di pregio e per alcune uve da spumante. Nonostante l’apparente vantaggio delle performance in corso, la Cia è convinta che le difficoltà non siano superabili attraverso fasi congiunturali favorevoli, ma è invece indispensabile approntare misure che siano il risultato di una rinnova strategia per il settore proprio per dare maggiore forza all’offerta della nostra produzione. Per far crescere l’apprezzamento dei prodotti nazionali, serve, quindi, una visione di insieme che, afferma la Cia, attraverso il Piano nazionale e la operatività delle Regioni partendo dalla vigna porti fino ad azioni di comunicazione e promozione al passo con i tempi, in grado di esaltare la territorialità delle nostre produzioni, coinvolgendo gli operatori anche in termini di redistribuzione dei vantaggi conseguiti. Per la Cia assumere come punto di forza la valorizzazione e  diversificazione del sistema produttivo è la sfida più importante che il Piano nazionale dovrà sciogliere. Il tutto per contrastare la massificazione ed accompagnare il percorso con un progressivo processo di semplificazione, al fine di garantire elementi di ricchezza del sistema di offerta e una efficace chiave di volta per il successo del vino Made in Italy.