Selezione  e miglioramento genetico ci hanno messo a disposizione vacche che producono oltre 100 quintali di latte per ogni ciclo produttivo, polli capaci di trasformare i cereali in carne con un'efficienza in passato impensabile, suini che arrivano alla maturità in tempi più rapidi. Anche in campo vegetale il progresso genetico non è stato da meno. Un esempio per tutti, gli ibridi di mais dai quali si ottengono produzioni per ettaro che solo pochi anni fa sembravano fantascienza. E poi frutta dalle eccezionali doti di conservabilità, ortaggi che vantano doti di precocità straordinarie e adattamento ideale alle condizioni di coltura protetta.

A farne le spese sono state però le specie, le razze e le varietà che per la loro minore produttività o perché inadatte ai regimi intensivi sono state "dimenticate", messe in disparte o peggio ignorate. Basta girare per campi e stalle per rendersi conto che la gran parte del latte è prodotto da due sole razze bovine, la Frisona Italiana (di gran lunga la più diffusa) e la Bruna Italia. Le stalle da carne sono affollate di broutard francesi (incroci) e solo di rado ci si imbatte in qualche allevamento che punta sulle razze italiane. Per non parlare dei polli. Solo ibridi nei capannoni di allevamento anche se nel loro sangue c'è ancora traccia della "Livornese", ora ridotta a "reliquia" conservata solo grazie alla attività di alcuni appassionati che per hobby ne allevano preziosi esemplari.

Non va diversamente sul fronte vegetale. Un esempio: la cipolla di Tropea che ammicca dagli scaffali dei negozi in molti casi non ha nulla a che vedere con la versione "originale" di questo ortaggio.

 

Quando il mercato viene in aiuto

In questa logica dettata dalle leggi del mercato ci si ritrova che a sfamare l'uomo provvedano solo 12 specie vegetali e appena 5 specie animali. Con il risultato che le altre specie corrono il rischio di estinzione. Un pericolo sottovalutato, perché si dimentica quanto sia importante il patrimonio genetico presente in ognuna di esse, patrimonio che potrebbe rivelarsi prezioso e insostituibile anche per continuare nel processo di miglioramento genetico.

In molti casi il rischio di estinzione è stato esorcizzato con la riscoperta di sapori e aromi della tradizione. Le politiche di valorizzazione dei prodotti a marchio Dop e Igp hanno fatto molto in questa direzione. Gli esempi non mancano. Uno per tutti, il Parmigiano Reggiano prodotto con il latte delle vacche "rosse" Reggiane. Una razza restituita così al mercato.

Dove non sono arrivate le politiche di marchio, si sono cercate altre soluzioni incentivando economicamente la conservazione delle razze in estinzione. Anche i Psr (piani di sviluppo regionali) hanno messo in campo delle risorse economiche finalizzate alla conservazione dei diversi patrimoni genetici che garantiscono quella biodiversità sulla quale poggia in ultima analisi l'equilibrio stesso della natura.

 

Diversità per la vita

Talmente importante, la biodiversità, che ad essa è stata dedicata una campagna intitolata “Diversità per la vita”, nata dalla collaborazione tra Bioversity International e l’Istituto di Scienze dell’Alimentazione del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Isa-Cnr), con l’obiettivo di sottolineare il valore della biodiversità agricola per la sopravvivenza e il benessere dell’umanità. L'iniziativa, presentata a Roma il 22 maggio, prevede successive iniziative in altri Paesi, come Kenya, Malesia e Uzbekistan, e si concluderà nel 2010, designato "anno internazionale della biodiversità".

In attesa dell'anno della biodiversità, va ricordata le "settimana della biodiversità"  voluta dal WWF e celebrata con l'apertura, il 25 maggio, delle oasi protette gestite dall'associazione.

 

Clonazione, non deve spaventare

Sull'onda di questa attenzione al tema della biodiversità, si sono moltiplicate in questi giorni le discussioni attorno al tema della clonazione animale, che della biodiversità è l'opposto. A spaventare sono i le ricerche sui suinetti geneticamente modificati per gli xenotrapianti (in pratica delle riserve di organi da trapiantare nell'uomo). Non si vorrebbe che invece di fegati e cuori da trapiantare, questi animali finissero per essere produttori di prosciutti, al pari dei loro fratelli "normali". Un'evenienza remota, visto i costi e le difficoltà che una clonazione comporta. Meglio ricordarsene prima di dare il via all'ennesima (e inutile oltre che dannosa) caccia alle streghe.