Il ciclone Cina continua a sorprendere. Dopo il boom sull’importazioni di polvere di latte (intero e scremato), ora la tendenza pare cambiata e l’attenzione dei consumatori cinesi si sta concentrando sul latte confezionato e i formaggi.

A rendere noti i dati è lo staff di Clal, il portale di riferimento a livello mondiale sul comparto lattiero caseario, che ha pubblicato i numeri delle importazioni cinesi al 31 ottobre. A un confronto sui 12 mesi precedenti emerge, come anticipato, una flessione rilevante sull’import delle polveri di latte intero (-71,5%) nel mese di ottobre, che segue un -63% del mese di settembre, e delle polveri di latte scremato (-27,5%), che dai due mesi precedenti avevano segnato una flessione tendenziale del 17,4% ad agosto e del 45,2% a settembre.
In calo del 19,3% anche le importazioni di burro, a conferma forse che i magazzini cinesi non mancano di scorte.

Al contrario, le importazioni di latte confezionato uht sono schizzate in alto del 200,2%, con un andamento effervescente dallo scorso giugno. Una corsa senza freni segnata da un +167,3%, seguita da un +134% del mese di luglio, da un +162,5% di agosto e da un +186,5% dello scorso settembre, con le dogane cinesi chiamate a segnare un vero e proprio record con circa 32.500 tonnellate di latte confezionato in entrata.

Secondo gli analisti di Clal, le tendenze evidenziano due elementi da non sottovalutare, che si traducono in opportunità anche per il comparto lattiero caseario made in Italy. Da un lato la richiesta di latte confezionato dall’estero evidenzia l’esigenza da parte dei consumatori cinesi di prodotti con una maggiore sicurezza sul piano alimentare e qualitativo. Questo non significa che l’industria dairy del Paese del Dragone non mostri adeguate garanzie, ma è innegabile che anche altri paesi offrono prodotti molto soddisfacenti sul piano della food safety.
L’altro aspetto riguarda invece l’aumentato potere d’acquisto dei cinesi, che chiedono prodotti confezionati (come il latte uht) o finiti (come il formaggio).

Un simile scenario potrebbe dunque rivelarsi un’opportunità per la filiera italiana. È innegabile che i prodotti made in Italy, dalla mozzarella al latte ai formaggi siano riconosciuti in tutto il mondo per la loro eccellenza. Sarebbe dunque auspicabile aggredire il mercato cinese (o meglio affacciarsi, visti i numeri esigui) con un paniere unificato e missioni congiunte tra i vari consorzi di tutela delle grandi produzioni Dop, lasciando all’iniziativa privata gli approcci per la fornitura di latte confezionato.

Sul fronte del latte uht, l’export italiano (secondo i dati Clal, mutuati dall’Agenzia delle dogane cinesi) si colloca fra i primi 20 competitor. Lo scorso mese di settembre, ad esempio, con 1.531 tonnellate di latte consegnato in Cina (302 tons in ottobre), l’Italia ha scalato posizioni fino a collocarsi all’undicesimo posto in una classifica saldamente in mano alla Germania (9.853 tonnellate di latte confezionato esportate nel mese di ottobre, 16.485 tonnellate a settembre 2014), seguita da Australia (4.727 tons a ottobre), Nuova Zelanda (3.446 tons) e Francia (1.113 tons, sempre a ottobre).

L’Italia, lo ribadiamo, ha tutte le carte in regola per prendere parte alla corsa e conquistare spazi di mercato importanti. Ma sarebbe il momento di aggregare l’offerta e di stringere un accordo bilaterale con la Cina per ottenere un accordo per la riduzione dei dazi, come Australia, Nuova Zelanda e altri Paesi hanno già siglato.
Nell’attesa, c’è chi ha aperto una filiale commerciale a Shangai, come Granarolo. Ma anche chi, come la vicentina Brazzale, ha aperto uno store per la vendita di prodotti lattiero caseari.