Nel primo semestre 2013, infatti, il calo è risultato pari all’1,99% rispetto all’analogo periodo del 2012. A questo punto è pressoché certo che anche il saldo di fine anno sarà all’insegna del segno meno, al contrario di un 2012 che, invece, aveva fatto registrare un incremento del 2,33%.
Se il risultato di fine anno fosse pari a quello del primo semestre, sul mercato finirebbero, rispetto al 2012, circa 2.640 tonnellate di prodotto in meno.
“Con questo andamento, legato in massima parte ad un miglior governo della produzione dopo due annate di rilevante crescita, con un picco del +7,1% nel 2011 – sottolinea il presidente del Consorzio, Giuseppe Alai – si stanno ripristinando le migliori condizioni per favorire la tutela dei redditi dei produttori, che proprio a seguito dell’exploit produttivo dell’anno precedente, nel 2012 hanno scontato un calo del 15% dei prezzi all’origine”.
“Nonostante la crisi economica che investe il Paese, con gravi ripercussioni sui redditi delle famiglie e sulla loro capacità di spesa, che riduce anche i consumi alimentari ed investe in primo luogo proprio le eccellenze dell’agroalimentare – prosegue il presidente del Consorzio di tutela – andiamo verso un autunno che dovrebbe essere segnato quantomeno dalla stabilità dei prezzi, che è una delle condizioni primarie per far sì che il consumatore non venga disorientato da oscillazioni che per il nostro prodotto sono sempre risultate particolarmente ampie”.
A favorire un secondo semestre 2013 all’insegna della stabilità concorrono, però, anche altri fattori.
“I consumi – spiega Alai – crescono molto bene all’estero e tengono anche in Italia; il dato che indica un calo delle vendite del 4,4% nella Gdo da gennaio a metà luglio 2013 è infatti influenzato in modo rilevante dall’eccezionale picco di vendite che si registrò nei 60 giorni successivi al doppio terremoto del maggio 2012, mentre registriamo un ottimo andamento delle vendite dirette da parte dei caseifici (proprio il terremoto ha maggiormente avvicinato i consumatori ai produttori) e un analoga crescita dell’uso di Parmigiano Reggiano come ingrediente caratterizzante nei prodotti alimentari trasformati e nella ristorazione di qualità”.
Alai sottolinea l'ottimo andamento delle esportazioni: +5,8% nel primo quadrimestre (con un +8,8% nell’Unione europea). Dopo un avvio d’anno relativamente calmo, l'export appare in progressiva crescita, tanto che il dato riferito ad aprile parla di un quasi 20% in più rispetto allo stesso mese del 2012.
Il futuro del mercato del Parmigiano Reggiano sarà peraltro ancora influenzato dagli effetti del terremoto di 14 mesi fa.
“Trattandosi di un prodotto a lunga stagionatura, con un minimo di 12 mesi, ma con un consumo orientato in prevalenza sul 18-24 mesi – conclude il direttore del Consorzio, Riccardo Deserti – anche nei prossimi mesi si avvertirà l’effetto del calo della disponibilità di prodotto causato dal terremoto. Complessivamente, infatti, sono state 100.000 le forme destinate a fusione o rifiuto, cui vanno aggiunte circa 50.000 forme di maggiori consumi nei mesi successivi al sisma; di questa massa di prodotto “scolmato”, alla data del sisma almeno la metà aveva tra 1 e 6 mesi di età”.
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