Il Corpo Forestale dello Stato e la Procura della Repubblica di Mantova sono impegnate per decriptare i documenti correlati alla truffa dei farmaci veterinari somministrati in maniera fraudolenta ai bovini e ai suini. L’indagine, denominata 'Operazione Muttley' (per approfondimenti qui e qui), ha portato ad iscrivere nel registro degli indagati 65 persone fra allevatori, veterinari, grossisti, farmacisti.
Nelle fasi operative sono state impiegati oltre 250 uomini.

Una fitta rete che operava a vario titolo e con diverse modalità, non ultimo il versante fiscale, dal momento che l’inchiesta ebbe origine, due anni fa, proprio dalla Repubblica di San Marino e oggi vede ramificazioni a Montecarlo e in Romania.
Si vedrà quali potranno essere gli sviluppi e se vi saranno coinvolgimenti ulteriori, visto che nel mirino delle forze dell’ordine e della Procura della Repubblica di Mantova, guidata dal procuratore capo Antonino Condorelli, dovrebbero esserci qualcosa come 180 allevamenti zootecnici fra bovini da carne, vitelli a carne bianca, suini e, pare, vacche da latte.
“Ci stiamo concentrando sugli elementi e le prove acquisite e già a nostra disposizione – afferma il colonnello Alberto Ricci, comandante della sezione provinciale di Mantova del Corpo Forestale dello Stato -. Approfondiremo le analisi anche sui registri di stalle e sulle registrazioni dei trattamenti sanitari e sulla somministrazione dei farmaci clandestini o utilizzati in maniera illecita. Inoltre, verificheremo anche la catena della macellazione, con il coinvolgimento per le analisi di qualche istituto zooprofilattico”.

Le reazioni dei consorzi di promozione delle carni
Il coro delle voci dei principali consorzi italiani che promuovono i bovini da carne è unanime: fare luce su quanti eventualmente avessero sbagliato. Primo Cortellazzi, presidente del Consorzio carne bovina documentata, una delle realtà più importanti della Penisola per numero di capi allevati (oltre 100mila) smorza i toni. “Si accertino le responsabilità, senza pregiudizi contro gli allevatori – raccomanda Cortellazzi - e senza gettare la croce su un comparto che è già in difficoltà. Come Consorzio carne bovina documentata ci atteniamo allo statuto e se qualcuno dei nostri soci dovesse essere condannato in via definitiva, sarà espulso”.
Piuttosto, Cortellazzi denuncia la volontà dell’Unione europea di eliminare l’etichettatura volontaria delle carni. “Toglierla sarebbe un grave errore – incalza – con l’effetto di rendere la carne un prodotto generico. Ma così facendo non si tutela il consumatore. Non dimentichiamo che i controlli operati dai consorzi hanno assicurato finora il sistema di tracciabilità”.

Addirittura più ferrea la linea annunciata da Antonio Zampedri, presidente del consorzio AB Carni di Brescia, poche migliaia di capi allevati annualmente, dopo la stretta della crisi che ha colpito la zootecnia da carne.
“Siamo in attesa di capire cosa è successo e chi sono i responsabili – dichiara Zampedri -. Se vi saranno rinvii a giudizio, in caso di condanne definitive il consorzio AB Carni si costituirà parte civile e chiederà i danni ai soggetti che, con la loro condotta illecita, hanno ulteriormente penalizzato il settore. Non ci importa quale indennizzo verrà riconosciuto, lo daremo in beneficenza. Ma vogliamo prendere le distanze da chi non rispetta le regole”.

Dal presidente di Unicarve e Italia Zootecnica, Fabiano Barbisan, va “il plauso alle forze dell’ordine, che nella loro attività ispettiva hanno fermato la reiterazione di un reato, partito come illecito di natura fiscale e dilagato nell’ambito dei farmaci veterinari, forse agevolato dallo stato di estrema crisi in cui versano i settori dei bovini da carne e dei suini, quest’ultimo più coinvolto insieme al segmento lattiero”.
Secondo Barbisan, “dal poco che è trapelato c’era di mezzo una società già nota alle forze dell’ordine per reati fiscali”. L’auspicio del numero uno di Italia Zootecnica è che “in caso di condanna vengano riservati i trattamenti previsti per i reati di stampo mafioso. Gli operatori che si muovono onestamente all’interno della filiera sono per la linea dura. È ora di finirla”.