Bella coppia quella del Parmigiano Reggiano e del Grana Padano. Poco più di un anno fa erano stretti nella morsa di una crisi da lasciare senza fiato e ora i loro prezzi fanno registrare un aumento dopo l’altro. Cosa è successo? Anzitutto si erano sbagliati quanti vedevano una connessione fra crisi economica, prezzo dei formaggi e calo dei consumi. Ora il prezzo è salito, e molto, ma i consumi non ne stanno risentendo, anzi tengono a dispetto della crisi economica che invece è tutt'altro che conclusa. Vero al contrario che si era in presenza di un eccesso produttivo che per quanto modesto aveva innescato una spirale di prezzi al ribasso che pareva inarrestabile. Per invertire la tendenza furono ritirate dal mercato 200mila forme (fu uno dei pilastri del piano anticrisi formulato con l'allora ministro Luca Zaia) e si puntò sull'incremento delle esportazioni. Formula azzeccata, visto che dalla fine del 2009 ad oggi i prezzi dei due Dop hanno iniziato la loro risalita, che continua ancora oggi. Le ultime quotazioni del Parmigiano Reggiano hanno già raggiunto e superato quota 11 euro al kg per le stagionature di 12 mesi, come si può constatare dai dati riportati da Clal. Un anno fa si era fermi a 8,60 euro per kg e prima ancora, al picco della crisi, un chilo di prodotto faticava a raggiungere i 7 euro. Meno di quanto costasse produrlo. Analoga la situazione per il Grana Padano. Oggi le quotazioni per le stagionature più lunghe (20 mesi e oltre) si stanno proiettando ai massimi di 9 euro (8,95 euro il 3 febbraio sulla piazza di Mantova) e solo un anno fa erano ferme a poco più di 6 euro. Identica anche per il Grana Padano la ricetta per uscire dalla crisi, ritiro del prodotto e promozione dell'export.

 

Produzione sotto controllo

La lunga stagione di crisi dei due formaggi grana ha ribadito quanto sia importante allineare la produzione ai consumi, evitando surplus produttivi che per quanto modesti possono innescare veri e propri “terremoti” sui mercati. Un compito che i Consorzi di tutela vorrebbero assolvere, ma che si scontra con le norme antitrust, un conflitto la cui soluzione può venire dal legislatore europeo e già il “pacchetto” latte e qualità, all'esame in questi mesi, potrebbe essere il contenitore appropriato per una soluzione definitiva. Anche in questo caso il gioco di squadra e le alleanze fra quanti hanno a cuore le sorti del settore saranno fondamentali. Vedremo.

La situazione dei 'Grana'
  Parmigiano Reggiano Grana Padano
Produzione 2009 (milioni di forme) 2,94 4,22
Produzione 2010 (milioni di forme) 3,01 4,34
Prezzi 2009 (euro kg) 7,34** 6,33*
Prezzi 2010 (euro kg) 9,09** 7,23*
Elaborazione da dati Clal
* prodotto di 15 mesi e oltre - ** prodotto di 12 mesi e oltre
Intanto si può prendere atto che la produzione di Parmigiano Reggiano e di Grana Padano, nonostante il buon andamento dei prezzi, è rimasta costante. E' il segno, da accogliere con una certa soddisfazione, della maturità e del senso di responsabilità dimostrato dagli operatori del settore. A fine 2010 il numero di forme di Grana Padano era di 4,34 milioni, sostanzialmente stabile rispetto ai 4,22 milioni di forme del 2009. Analoga la situazione del Parmigiano Reggiano che dai 2,94 milioni di forme del 2009 si è portato a 3,01 milioni a fine 2010. Anche se bisogna registrare una certa ripresa produttiva a inizio 2011. Speriamo che i caseifici non si facciano “prendere la mano”, perché le prospettive, sui mercati internazionali non sono tutte all'insegna dell'ottimismo.

 

Attenti al prezzo

Le analisi sull'andamento del mercato lattiero-caseario mondiale sono concordi nel prevedere una forte volatilità dei prezzi, anche di quelli del latte. Difficile allora azzardare previsioni, tanto più che la fisionomia del settore sta subendo radicali mutamenti, a iniziare dalla Cina che nel volgere di pochi anni ha quasi triplicato la sua produzione di latte (38,8 milioni di tonnellate), diventando così il terzo produttore mondiale, dietro a India (105 milioni di tonn) e Usa (86,17 milioni di tonn.). L'evoluzione dei prezzi sarà legata al ritmo di crescita della produzione e soprattutto all'evoluzione della domanda di alimenti (e dunque anche di latte) nei paesi emergenti. Un equilibrio difficile da raggiungere e mantenere. In Italia, il prezzo del latte spot continua ad essere alto (max 42,79 centesimi al litro) anche se con qualche cedimento rispetto ai massimi dello scorso settembre quando si era arrivati a superare i 44 centesimi al litro. Che siano i primi segnali di una inversione di tendenza? Difficile rispondere.

Sul podio mondiale del latte (milioni di tonn)
  2000 2008
India 76,39 105,00
Usa 76,02 86,18
Cina 11,28 38,80
Mondo 556,63 668,29
Elaborazione da Osservatorio sul mercato dei prodotti zootecnici
Al momento, è anche questa un'analisi di Clal, la domanda internazionale si mantiene su livelli sostenuti mentre le scorte di prodotti lattiero-caseari sono già impegnate con gli acquirenti abituali. Una situazione che contribuisce a mantenere in tensione i prezzi, anche quelli del latte. Intanto gli allevatori non sono ancora riusciti a raggiungere un accordo con Assolatte per fissare un prezzo che metta d'accordo produttori e industrie. E' quanto accade in Lombardia, regione guida per il latte italiano, dove la fornitura del latte è da quasi un anno affidata ai singoli contratti fra le parti. Mentre gli allevatori “sentono” che il mercato è finalmente dalla loro parte, le industrie del latte intuiscono forse che la situazione sta per ribaltarsi e i prezzi per scendere. Per il momento, però, il mercato sembra dar ragione agli allevatori.