“Nell'etichettatura del latte sterilizzato a lunga conservazione, del latte UHT, del latte pastorizzato microfiltrato e del latte pastorizzato ad elevata temperatura è obbligatorio indicare il luogo di origine del latte oggetto di trattamento”. E' questo uno dei passaggi chiave del decreto ministeriale con il quale si vuole rendere obbligatoria l'indicazione in etichetta della provenienza del latte. L'obiettivo di questo provvedimento, nato sulla scia della crisi di mercato del latte, è quello di dare al consumatore la possibilità di scegliere fra il prodotto importato e quello made in Italy. E dando la sua preferenza al latte italiano, questa almeno è la speranza, il consumatore finirebbe con l'aiutare i nostri allevamenti a uscire da una crisi che ne sta mettendo in forse la sopravvivenza.
Non c'è solo il latte al centro delle attenzioni, ma anche i formaggi, che a loro volta dovrebbero riportare in etichetta il luogo di origine del latte utilizzato per produrli, una regola che vale anche per i formaggi ottenuti da cagliate (a loro volta da indicare in etichetta).

 

Favorevoli e contrari

Una proposta, questa dell'origine in etichetta, salutata con favore dai produttori, ma che le industrie del settore non intendono accogliere. Una posizione ribadita in più occasioni sia da Federalimentare sia da Assolatte. E c'è anche da superare la diffidenza di Bruxelles che vede dietro all'etichetta un malcelato disegno di condizionare le importazioni di latte e formaggi (ne importiamo quasi la metà del nostro fabbisogno). Nonostante queste difficoltà il ministro dell'Agricoltura, Luca Zaia, è sicuro del risultato finale. “Ormai conosciamo le dinamiche. L’Unione Europea - ha detto Zaia nel presentare alla stampa il decreto - risponderà prima di no e poi negozierà. L'Italia - ha continuato il ministro - non può essere competitiva perché ha costi molto più alti di paesi come Romania e Bulgaria. Sulla produzione siamo fuori mercato quindi la nostra battaglia deve essere sull'origine e sulla qualità”.
Il decreto è ora all'esame di Bruxelles che ha complessivamente sei mesi di tempo per dare la sua risposta. Se ne riparlerà, insomma, il prossimo anno, giusto in tempo per la prossima campagna lattiero casearia. Ma molte stalle nel frattempo saranno costrette a gettare la spugna.