La XIII Commissione Agricoltura della Camera sta conducendo una indagine conoscitiva sul fenomeno dei danni causati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e zootecniche.
Nel nostro Paese il fenomeno ha assunto proporzioni in contrasto con la direttiva 'habitat' del 1992, secondo la quale la gestione della fauna deve essere finalizzata alla conservazione della biodiversità e a un equilibrio con le attività umane.
I danni in agricoltura, causati da lupi, cani inselvatichiti, orsi e soprattutto cinghiali sono affrontati principalmente con gli indennizzi economici, dai quali risulta un progressivo aggravio di spesa per la pubblica amministrazione. Altri metodi (recinzioni, foraggiamento dissuasivo) non si sono rivelati sufficientemente efficaci.
Dall'indagine conoscitiva è invece emerso che il controllo numerico delle popolazioni per mezzo di catture e di abbattimenti debba essere privilegiato in futuro. Un intervento legislativo dovrebbe anche affrontare il problema dello smaltimento delle carcasse che, ad oggi, non vengono prelevati per lo smaltimento dal servizio della ASL.
E soprattutto prevedere norme più coraggiose nei confronti dei cinghiali, con il divieto, fra gli altri possibili, di immissione di cinghiali in natura su tutto il territorio nazionale. In generale, è sentita l'esigenza di norme  rafforzative delle operazioni di controllo della fauna selvatica, con sanzioni importanti in caso di disturbo alle operazioni di controllo e di abbattimento.I danni di una mancata gestione della fauna selvatica, nel caso del cinghiale, interessano le coltivazioni, le persone (in caso, per esempio, di incidente stradale con impatto, laddove c'è una vacatio legis e da anni si emanano sentenze spesso non coerenti l'una con l'altra), ma vi è un terzo aspetto di carattere igienico-sanitario.
Per questo l'onorevole Viviana Beccalossi ha ravvisato, in fase di indagine conoscitiva, la necessità di un un intervento legislativo per contenere il fenomeno.
'Di frequente', ha dichiarato, 'pur partendo da posizioni diametralmente opposte, gli interessi dei cacciatori convergono con quelli degli animalisti'. Occorre dunque 'intervenire in maniera abbastanza equidistante dall'una e dall'altra posizione, che spesso rischiano di essere integraliste e, proprio per questo, sbagliate. Una motivazione di carattere igienico-sanitario potrebbe rafforzare la necessità di un intervento. Questo ultimo aspetto', ha concluso, 'potrebbe, come è già accaduto, provocare dei problemi ad alcune nostre produzioni tipiche, impedendone l'esportazione'.