'La protesta dei suinicoltori che non consegnano le certificazioni per i prosciutti a denominazioni d'origine, rischia di provocare la scomparsa dal mercato di queste importanti produzioni', lo sottolinea con forza Confagricoltura, ricordando che le strutture d’allevamento inserite nel circuito dei prodotti a Denominazione d’Origine Protetta che hanno aderito all’iniziativa producono oltre 4,5 milioni di capi; i tre quarti dell'offerta di materia prima.
Di fronte all’inarrestabile e non più sostenibile divaricazione della forbice tra costi di produzione (+10% lo scorso anno rispetto ai dodici mesi precedenti) e le quotazioni di mercato dei suini da macello (diminuiti del 10% su base annua), la protesta dei suinicoltori si fa sempre più consistente. Anche perché cresce anche il divario tra i prezzi alla produzione e quelli al consumo.
Confagricoltura stigmatizza sia l’atteggiamento dell'Unione europea che, malgrado la gravità della crisi, non ha inteso accordare adeguati sostegni alla produzione tipica italiana, sia quello dell'Amministrazione nazionale che, non intervenendo sul cosiddetto 'decreto salumi', non tutela sufficientemente l’uso nei prodotti trasformati della carne nazionale.
A parere di Confagricoltura è necessario riequilibrare la filiera e applicare  correttamente il sistema di controllo e monitoraggio della produzione, per avere maggiori  certezze sulla provenienza della carne: 'Occorre evitare, infatti, che possano continuare ad essere venduti come italiani quei milioni di prosciutti che arrivano ogni anno da altri Paesi e che sviliscono l’immagine, saturano il mercato e deprimono le quotazioni del prodotto nazionale'.