Il frumento, in molte realtà italiane, continua a essere vissuto come una coltura "riempitiva": lo si semina perché "qualcosa in campo bisogna pur metterlo", con l'idea che alla fine del ciclo un po' di granella si raccoglierà. Una logica che, in un contesto di margini sempre più stretti, non regge più.
"Se guardiamo i dati dei costi colturali degli ultimi anni il punto di pareggio per un grano panificabile è intorno ai 40 quintali per ettaro", sottolinea Amedeo Reyneri, professore ordinario di Agronomia e Coltivazioni Erbacee al Disafa dell'Università di Torino. "Sotto questa soglia, lasciando perdere la Pac, si perdono soldi. Sopra si comincia a intravedere un margine. Con rese aziendali di 60-70 quintali per ettaro il frumento dà ancora soddisfazioni, ma in tanti areali oggi si è fermi a 2-3 tonnellate".
Il punto chiave è che i costi fissi ci sono comunque: le lavorazioni del terreno, le concimazioni, il diserbo e i trattamenti fungicidi devono essere fatti e questi costi devono essere sostenuti sia che si produca 30 sia che si produca 70 quintali. Da qui la conclusione: più che una voce su cui risparmiare, il diserbo è uno degli strumenti decisivi per stare sopra la soglia dei 40 quintali e difendere qualità e prezzo di conferimento.
Come diserbare il frumento al meglio per renderlo redditizio?
Perché un cattivo diserbo costa carissimo
Reyneri è molto netto: "Il cattivo diserbo o il mancato controllo delle erbe infestanti ha un costo rilevantissimo sia in termini produttivi che qualitativi. Perdere 10 quintali di produzione a ettaro può significare passare da un bilancio positivo a uno negativo".
Il primo effetto della competizione delle infestanti è evidente: meno granella raccolta. Ma nei frumenti moderni, soprattutto quando si lavora in contratti di filiera con requisiti minimi di proteina o parametri specifici per semola e farine, il danno può essere anche qualitativo.
Due sono i parametri che guidano la valutazione della granella: il contenuto proteico e la presenza di micotossine, in particolare il Don (deossinivalenolo). Una forte competizione delle infestanti, soprattutto graminacee, sottrae alla coltura azoto e luce. Il risultato è un frumento con proteine più basse, che viene poco valorizzato dal mercato e dalla filiera. "Il problema non è solo quanta granella porto a casa, ma che tipo di granella", ribadisce Reyneri. "In presenza di infestazioni forti possiamo perdere uno-due punti di proteina, con effetti molto pesanti sui contratti di coltivazione".
Il secondo parametro qualitativo è la sanità della granella. Qui il legame tra Don e malerbe può sembrare meno intuitivo, ma quando ci sono infestazioni consistenti, la biomassa in campo aumenta e con essa anche l'umidità. Avere più foglie significa avere meno circolazione dell'aria e quindi un ambiente più umido, che favorisce lo sviluppo dei funghi responsabili della produzione di Don.

Loietto e papavero in un campo di grano
(Fonte foto: Donato Loddo, ricercatore del Cnr)
"In presenza di infestanti a sviluppo tardivo, soprattutto foglie larghe, nelle fasi di maturazione cerosa, la coltura rimane più umida proprio quando la spiga è più vulnerabile". Nel Nord Italia, ricorda Reyneri, un anno su tre il frumento tenero ha problemi di Don, mentre nel frumento duro il problema si presenta mediamente un anno su due. Numeri che rendono la qualità sanitaria un tema tutt'altro che marginale.
Lo stesso ragionamento vale per l'acqua. Con primavere più calde e spesso più secche, il limite produttivo del frumento è sempre più spesso lo stress idrico di fine ciclo, la cosiddetta "stretta". Le infestanti consumano acqua e se non piove il grano risente di questa competizione e dunque porta a maturazione i semi prima che abbiano raggiunto dimensioni soddisfacenti.
"Un tempo era un problema soprattutto del Sud Italia, oggi lo vediamo sempre più spesso anche al Nord. In un mese di maggio con poche piogge e temperature alte, una popolazione infestante cospicua, che naturalmente traspira, porta la coltura alla maturazione con poche riserve e aumenta il rischio di stretta".
Diserbo del frumento, gli errori da non fare
Se il diserbo è così strategico, dove si sbaglia più spesso? "Uno degli errori più frequenti è affidarsi esclusivamente al diserbo di post emergenza, puntando solo su prodotti a base di inibitori dell'ACCasi o dell'ALS per controllare le graminacee, ma lasciando troppo spazio alle dicotiledoni", osserva Reyneri.
Il secondo errore è sottostimare il problema delle resistenze delle malerbe agli erbicidi. Il papavero, il loietto, l'avena selvatica e la coda di volpe hanno ormai popolazioni che sono insensibili anche a più meccanismi d'azione, il che rende il loro controllo molto più difficoltoso.
Il loietto (Lolium spp.) è problematico non solo perché difficile da controllare, ma anche per la sua forte competizione sull'azoto: "Può vanificare il vantaggio di una buona concimazione azotata e si manifesta subito con una caduta di proteina di uno-due punti, quando l'infestazione diventa significativa".

Lolium multiflorum resistente in frumento
(Fonte foto: Donato Loddo, ricercatore del Cnr)
Per prevenire l'insorgenza delle resistenze occorre adottare le buone pratiche agronomiche che tutti conosciamo: rotazione ampia delle colture, alternanza dei meccanismi d'azione degli erbicidi, utilizzo di irroratrici correttamente funzionanti, falsa semina e arature profonde ogni 4-5 anni.
Seppure l'aratura sia poco apprezzata in un approccio rigenerativo al campo, permette di interrare i semi delle infestanti, devitalizzandoli ed eliminando quindi il problema di eventuali individui resistenti. Oltre a questo, diventa quasi obbligatorio tornare ai trattamenti di pre emergenza e, quando possibile, inserire in rotazione anche erbicidi non selettivi.
Il ruolo del mais nella rotazione
Le rotazioni hanno il potenziale di tenere bassa la competizione delle infestanti e in quest'ottica i nuovi ibridi a taglia bassa, come Preceon - Smart Corn System, hanno una marcia in più. Le elevate densità di semina, anche a 12-13 piante al m2, portano ad una copertura del suolo completa, che inibisce lo sviluppo delle infestanti. Questo crea un effetto positivo per il frumento che segue, riducendo la banca semi superficiale.
Inoltre, molti stocchi e foglie in superficie esercitano un effetto pacciamante utile contro le malerbe. Al contempo però, l'elevato rapporto C/N (intorno a 40) causato dagli abbondanti residui colturali può provocare una immobilizzazione dell'azoto a scapito del frumento successivo.

Preceon - Smart Corn System prevede una densità di semina elevata, fino a sedici piante per metro quadro
(Fonte foto: Tommaso Cinquemani - AgroNotizie®)
"In questi casi conviene anticipare la concimazione azotata del grano, in modo da compensare il blocco temporaneo dell'azoto", suggerisce Reyneri. Nel medio-lungo periodo, comunque, avere molti residui in rotazione è positivo: aumenta la sostanza organica del suolo e migliora la capacità di mineralizzazione, a vantaggio sia della fertilità sia dell'impronta carbonica dell'azienda.
Diserbo, cartina di tornasole della professionalità aziendale
Nella cerealicoltura moderna, il diserbo ha un ruolo centrale nel proteggere la redditività del campo. È la cartina di tornasole della professionalità aziendale: da come vengono gestite le infestanti si capisce se il frumento è coltivato come semplice "riempitivo" o come coltura su cui costruire una parte seria della redditività.
"La competizione delle infestanti con il grano è forte. I dati ci dicono che avere dieci esemplari di avena al metro quadro abbatte la produttività del 15%, cinque piante di Gallium invece del 13%. È chiaro dunque che diserbare è fondamentale", sottolinea Silvia Casalini, Cereals Solution expert di Bayer. "Il nodo è andare oltre la tradizione e la comodità e affinare la tecnica. Scegliere i prodotti giusti e trattare nel momento corretto è fondamentale per fare quantità e qualità. Pensiamo che se si diserba al secondo nodo di levata, invece che ad accestimento, si perde il 32% di produzione".
Un diserbo ben pianificato dunque, permette non solo di difendere la resa, ma anche aumentare la qualità, riducendo il rischio di Don e di "stretta". In un contesto di costi fissi elevati e quotazioni del frumento basse, diserbare non è un costo inevitabile, ma un investimento consapevole sulla sostenibilità tecnica ed economica della cerealicoltura. Per questo è l'agricoltore il primo a dire #iocitengo, l'hashtag scelto da Bayer per la rubrica AgriCampus.
Bayer AgriCampus è un'iniziativa lanciata da Bayer Crop Science Italia con l'obiettivo di promuovere l'uso consapevole degli agrofarmaci.
Image Line® è partner e su AgroNotizie® ha creato una rubrica per ospitare i contributi provenienti da Bayer e dai partner di AgriCampus.
Consigli tecnici che se seguiti si traducono in vantaggi sia per l'agricoltore che per l'ambiente e i consumatori. Perché per tutti gli attori della filiera vale l'hashtag #iocitengo
Appuntamento a dicembre per la nuova puntata di Bayer AgriCampus


































