L'onestà intellettuale include la correttezza e la lealtà che caratterizzano colui che riconosce, senza farsi condizionare da pregiudizi soggettivi o di parte, la consistenza reale di un fatto.

 

I fatti

Sin da inizio 2021 i prezzi dei concimi hanno risentito dei cambiamenti socio-economici che stanno caratterizzando questi ultimi anni. La prima ondata di chiusure/fermate di alcuni impianti europei dediti alla produzione di concimi azotati c'è stata circa un anno fa (punto 1 del grafico). Il costo dell'energia aumentava e si trascinava dietro non solo l'azoto ma, per ragioni meno dirette ma comunque fondate, aumentavano anche i prezzi di potassio e fosforo. A fine febbraio 2022, con l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, si sono acuite le tensioni energetiche (punto 2) e la speculazione ha iniziato a mietere le prime "vittime". Tra alti e bassi siamo arrivati alla terza crisi del gas di fine agosto scorso (punto 3) che ha nuovamente costretto alla chiusura alcune attività produttive. Con modalità apparentemente scollegate da una situazione globale di peggioramento (inflazione, aumento dei tassi, rallentamento dell'economia, paventata recessione), il prezzo del gas naturale è tornato a scendere (punto 4), restando comunque più elevato dei minimi del 2022.
Un altro fatto oggettivo è che non c'è mai stata penuria di concimi di largo consumo, le scorte sono rimaste abbastanza elevate a quasi tutti i livelli della catena distributiva ed il calo dei consumi va attribuito quasi esclusivamente al fatto che i prezzi erano troppo elevati. Incontestabili sono i numeri. Nei primi sette mesi del 2022 sono state importate circa 1,27 milioni di tonnellate di concimi (fonte Istat CoE) con una riduzione di circa il 20% rispetto allo stesso periodo del 2021 mentre le esportazioni sono aumentate di circa il 10% raggiungendo le 520mila tonnellate. L'analisi di questi dati andrebbe approfondita per capire, ad esempio, se le esportazioni hanno riguardato anche merce importata e rimasta invenduta oppure se è stata la produzione nazionale che ha cercato all'estero quel mercato che si assottigliava a livello nazionale.

 

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Il populismo

Nella sua accezione più recente e dispregiativa, il termine indica chi fa della facile demagogia. In epoca non sospetta (era l'inizio del 2019), quando ci fu il dibattito in sede parlamento Ue sul regolamento dei fertilizzanti, criticammo l'eccessiva politicizzazione di quella che doveva essere una norma tecnica. Praticamente tutti i relatori non fecero altro che esaltare il fatto che finalmente l'economia circolare avrebbe guidato le scelte di aziende e nazioni, che la salute pubblica era salva grazie alle limitazioni sul cadmio e che i biostimolanti avrebbero favorito la riduzione degli impieghi, evitando gli sprechi. Per non dimenticare quelli che nel Farm to Fork avevano visto finalmente la salvezza dell'agricoltura. Tutti gli operatori del comparto agricoltura biologica sono poi stati spettatori direttamente interessati alla crisi che si immaginava avrebbe favorito una crescita della quota di mercato del loro settore. Più recentemente, tanto a livello nazionale quanto europeo, si sono levati accorati appelli affinchè l'industria dei fertilizzanti venga considerata strategica al pari di altri settori quali l'alimentare o l'energetico. Si dovrà leggere bene tra le righe di tali proclami perché, anche grazie al nuovo regolamento, la definizione di "fertilizzante" include non solo i concimi chimici ma anche tutto il resto e temiamo che, ancora una volta, le politiche castranti della Ue non faranno altro che affossare quel poco di buono che ancora resta in termini di specialità chimiche ed innovazioni tecnologiche tipiche della Vecchia Europa. Non può che esserci demagogia dietro a tali proclami, come si fa a parlare di autosufficienza dopo che per decenni si è favorita la chiusura degli impianti di produzione? Non ci riferiamo solo alla chimica ma persino a comparti come quello dei concimi organici (ricordate i mal di gola per le esalazioni delle deiezioni avicole?) o ai tentativi di concreta economia circolare affossati pressoché definitivamente se si tratta di recupero da fanghi. La massima "non nel mio giardino" in Italia ma anche in Europa si adatta benissimo ai tentativi di autarchia nel settore fertilizzanti. Di cosa parliamo, poi, in termini di programmazione degli investimenti quando in Egitto (principale fornitore di urea per i Paesi che affacciano sul Mediterraneo) nel giro di un paio di giorni il prezzo è sceso e risalito di 100 dollari/tonnellata, circa il 17%, percentuale che fa tranquillamente la differenza tra un investimento redditizio e uno in perdita. Si può mai pensare di pianificare attività economiche di investimento o programmazioni politiche di sostegno, rivolte ad un settore che vive su logiche di medio-breve periodo? Se qualcuno pensa che fare marcia indietro dalla globalizzazione, sia cosa semplice ed immediata, significa che non ha capito nulla da quanto la storia recente ci ha insegnato.

 

Il mercato

In tutto ciò, cosa succede sul fronte dei prezzi? La scarsa domanda europea sta finalmente condizionando anche i più accaniti speculatori. Quasi tutte le quotazioni sono tendenzialmente cedenti e, come sopra accennato, ogni tanto si segnalano brevi periodi in cui i produttori sondano il mercato ribassando il prezzo fino a quando non raccolgono ordini sufficienti a coprire la produzione di circa un mese. Tale elasticità si riesce ad applicare nel comparto azotati (urea in particolare) mentre i prezzi di fosforo e potassio sono meno volatili ma, in questo momento, anch'essi in flessione. Con molta probabilità questa fase si protrarrà per alcune settimane, forse anche fino ad inizio 2023 ma poi, come spesso è accaduto quasi ogni anno, i primi 3-4 mesi dell'anno vedranno la risalita dei prezzi. Il quadro sembra delineato ma la facilità delle scelte è solo apparente e i fattori da considerare aumentano man mano che si sale lungo la catena distributiva. Due esempi limite per chiarire il concetto. L'agricoltore che ha bisogno di 5-6 tonnellate di nitrato ammonico da distribuire su grano a fine gennaio, può tranquillamente seguire il mercato e, ad inizio anno, riuscire a cogliere il momento in cui i prezzi riprendono a salire così da acquistare al prezzo più basso con la certezza di trovare il fornitore. Il produttore di concimi NPK che ha bisogno di migliaia di tonnellate di diverse materie prime, alcune che necessitano di 3-4 settimane di viaggio e che deve poi produrre, confezionare, vendere e consegnare, dovrà inevitabilmente pianificare gli acquisti con la certezza di non riuscire a spuntare il prezzo più basso perché la logistica è per lui molto più vincolante del valore delle materie prime. Tra i due estremi, ciascuno sarà in grado di collocarsi e di capire con quale livello di attenzione dovrà operare: non è facile mediare tra prezzo più basso e rischio di non trovare il concime più indicato per le nostre necessità.

 

Ps: ad oltre 100 giorni dall'entrata in vigore del nuovo regolamento, nessuno parla più di cadmio (anche perché contavano sul fosforo proveniente dalla Russia); non c'è traccia dei biostimolanti che, comunque, in Italia non saranno mai ammessi sulle coltivazioni biologiche; fertilizzanti da economia circolare: non pervenuti; non esistono organismi di certificazione italiani.

 


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Le quotazioni non considerano i costi di magazzinaggio e consegna visto che sono relativamente rari i casi di concimi che vanno direttamente dal produttore/importatore al consumatore finale.
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Con cadenza quindicinale, AgroNotizie ospita un commento sul mercato dei concimi di largo consumo in collaborazione con SILC Fertilizzanti di Ravenna e, in particolare, con "SILC Informa".
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