La flavescenza dorata è una malattia causata da un fitoplasma che può provocare importantissimi danni ai vigneti. In Italia una prima epidemia è scoppiata negli Anni Novanta, ma dopo un iniziale periodo di serie preoccupazioni, i viticoltori sono riusciti a tenere sotto controllo la problematica. Questo fino ai giorni nostri, poiché dal 2020 si è avuta una recrudescenza importante.
Oggi in tutto il Nord Italia, ma anche in alcune aree del Centro, si segnala un numero crescente di piante infette.
Le motivazioni di questa crescita possono essere imputate a differenti cause:
- La riduzione delle sostanze attive insetticide disponibili in conduzione integrata, che ha reso la difesa da Scaphoideus titanus, la cicalina vettore della flavescenza dorata, sempre più difficile.
- I cambiamenti climatici, che probabilmente hanno modificato il ciclo e la biologia della cicalina, ritrovabile in vigneto sempre più spesso anche nel mese di ottobre e capace di deporre un numero maggiore di uova feconde.
- L'aumento dei vigneti gestiti in biologico, dove i viticoltori possono contare su un numero ristretto di insetticidi, tra l'altro poco selettivi e persistenti.
Questo articolo ha l'obiettivo di fare il punto sulle conoscenze relative alla flavescenza dorata e di dare consigli pratici sulla gestione del vigneto volti a limitarne la diffusione. Prima di tutto daremo alcune informazioni sul fitoplasma e sul suo vettore. Vedremo poi le dieci cose da fare per mettere il vigneto al sicuro.
Sommario:
- Flavescenza dorata: malattia autoctona, vettore esotico
- Biologia di Scaphoideus titanus
- I sintomi della flavescenza dorata
- La difesa della vite dalla flavescenza dorata
- Uno: il monitoraggio delle viti
- Due: il materiale di propagazione
- Tre: la lotta a Scaphoideus titanus
- Quattro: le trappole cromotropiche
- Cinque: la bagnatura fogliare
- Sei: attenzione alle larve a terra
- Sette: velocità e volumi d'acqua
- Otto: la forma di allevamento
- Nove: le polveri di roccia
- Dieci: il pH dell'acqua
- La difesa dalla flavescenza dorata passa da un approccio integrato
Flavescenza dorata: malattia autoctona, vettore esotico
La flavescenza dorata è una malattia causata da un fitoplasma che è sempre stato endemico dei vigneti del Vecchio Continente. Ma come spiegato da Elisa Angelini, ricercatrice del Crea e tra i massimi esperti al mondo di questa malattia, la sua diffusione in vigneto è sempre stata scarsa o assente poiché i vettori in grado di trasmettere il fitoplasma alla vite sono assai poco efficienti e non legati strettamente a questa specie.
All'inizio del secolo scorso, dalla Regione dei Grandi Laghi, negli Stati Uniti, è arrivata la cosiddetta cicalina della vite, Scaphoideus titanus, un insetto che vive sul genere Vitis, molto efficiente nel trasmettere il fitoplasma della flavescenza dorata.
Sintomi di flavescenza dorata su Glera
(Fonte foto: Elisa Angelini, ricercatrice del Crea)
Nutrendosi su una pianta infetta, questo insetto acquisisce il microrganismo che poi, dopo un periodo di incubazione, viene rilasciato nei vasi conduttori (floema) delle viti che la cicalina visita per nutrirsi durante il corso della sua vita.
Sebbene dunque il fitoplasma sia presente in Europa da secoli, la sua diffusione è esplosa solamente con l'arrivo della cicalina. Di conseguenza tutte le strategie di difesa devono forzatamente comprendere la lotta a questo vettore.
Biologia di Scaphoideus titanus
Scaphoideus titanus è una cicalina che compie il suo ciclo vitale interamente sulla vite. Sverna come uovo durevole nel ritidoma (la corteccia) delle viti di due o più anni e compie una sola generazione l'anno. In condizioni ambientali normali, alle latitudini del Nord Italia, le uova si schiudono intorno a metà maggio e si ha un picco di nascite ad inizio, metà giugno, per poi decrescere all'inizio dell'estate.
Verso fine giugno, inizio luglio, a seconda dell'andamento meteo stagionale, in vigneto compaiono i primi adulti, che si alimentano sulla pagina inferiore delle foglie di vite (come gli stadi giovanili) e permangono in vigneto fino a settembre, ottobre. Dopo l'accoppiamento, che in genere avviene ad agosto, le femmine depongono le uova sotto la corteccia della vite.
Un esemplare di Scaphoideus titanus su vite
(Fonte foto: Fondazione Edmund Mach)
Se un esemplare giovane di S. titanus si alimenta su una vite infetta, il fitoplasma riesce a colonizzare il suo organismo. Seguono almeno tre settimane in cui il patogeno colonizza il suo ospite, diffondendosi nell'emolinfa, e si insedia alla fine nelle ghiandole salivari. Da qui è in grado di passare ad una vite sana nel momento in cui la cicalina si nutre su una nuova vite.
Passano quindi circa venticinque, trenta giorni dal contatto con una pianta infetta ad una nuova potenziale infezione. È essenziale dunque sfruttare questo periodo per difendere le viti e prevenire la trasmissione della malattia in campo e l'epidemia.
Se invece la cicalina acquisisce il fitoplasma da adulto, bastano addirittura otto, quattordici giorni perché diventi infettivo e capace di trasmettere l'infezione. In ogni caso, l'insetto rimane poi infettivo per tutta la sua vita.
Due esemplari di S. titanus nella fase di accoppiamento
(Fonte foto: Fondazione Edmund Mach)
I sintomi della flavescenza dorata
Il fitoplasma può provocare danni a tutti gli organi verdi della vite, comprese quindi foglie, tralci, fiori e grappoli. I sintomi, legati anche alla difficoltà di passaggio della linfa nei vasi, ostruiti parzialmente dal fitoplasma, nonché allo sconvolgimento del metabolismo e della fisiologia della pianta, sono maggiormente visibili durante i mesi caldi.
Su grappolo e fiori si assiste ad un disseccamento generalizzato, con la caduta di fiori e frutticini. Mentre sui grappoli in uno stadio avanzato di maturazione si ha solo un disseccamento, che però rende il prodotto non utilizzabile.
Sintomi precoci di flavescenza dorata su grappolo
(Fonte foto: M. Borgo e Crea Viticoltura Enologia)
I tralci colpiti prima dell'agostamento appaiono di consistenza gommosa e tendono a piegarsi verso il basso. Possono essere presenti piccole pustole scure, dall'aspetto oleoso, e necrosi apicali. Sui tralci già lignificati i sintomi sono invece poco visibili.
Le foglie sono la vera cartina di tornasole. Nei vitigni a bacca bianca assumono una colorazione giallo dorata, mentre diventano rosse in quelli a bacca scura. Le decolorazioni possono riguardare una parte della foglia oppure la sua interezza, comprese le nervature.
Chiudendo una foglia nel pugno si avverte una consistenza cartacea. La lamina fogliare risulta ispessita, bollosa e ripiegata lungo i bordi. Le foglie assumono spesso una forma triangolare, ad esempio nello Chardonnay.
Inoltre si può notare un germogliamento irregolare e uno sviluppo stentato dei giovani getti soprattutto sulle piante gravemente colpite e quando i sintomi compaiono precocemente.
Sintomi di flavescenza dorata su foglie
(Fonte foto: Fondazione Edmund Mach)
La difesa della vite dalla flavescenza dorata
Fatte queste premesse, vediamo ora quali sono le strategie e le buone pratiche agronomiche per limitare la diffusione della flavescenza dorata all'interno del vigneto, ricordando che bisogna sempre intervenire sia nel contrasto della cicalina sia nell'eliminazione della fonte del contagio.
Ecco dunque le dieci cose da sapere per difendere la vite dalla flavescenza dorata.
Uno: il monitoraggio delle viti
Monitorare attentamente il vigneto identificando il prima possibile le piante infette che devono essere estirpate ed allontanate. Si tratta di una pratica fondamentale in quanto una sola pianta malata può fungere da inoculo per altre decine di piante all'interno del vigneto.
I controlli andrebbero fatti anche sulle viti ornamentali (presenti in giardini privati e luoghi pubblici) oppure su quelle abbandonate, in quanto potenzialmente fonte di contagio, anche se non si trovano all'interno del vigneto.
Viti tagliate causa flavescenza dorata, Montebelluna (Tv), 2022
(Fonte foto: Elisa Angelini, ricercatrice del Crea)
Alcuni agricoltori si chiedono se, individuata precocemente una pianta malata, sia sufficiente una capitozzatura al fine di eliminare la parte di chioma compromessa e salvaguardare invece il ceppo.
"Si tratta di un intervento che in linea di principio può funzionare e prove di campo e di laboratorio lo confermano, ma non è più consigliabile. Infatti nelle condizioni attuali di campo, con la presenza importante nell'ambiente della malattia e del vettore, le piante già indebolite tendono a riammalarsi e a diventare nuova fonte di inoculo", spiega Elisa Angelini.
Due: il materiale di propagazione
Acquistare barbatelle certificate dal vivaio. Per fortuna, per le sue caratteristiche intrinseche, è molto difficile che la malattia possa trasmettersi attraverso il materiale di propagazione, tanto più se vengono adottati tutti gli accorgimenti del caso. Rivolgersi a vivaisti certificati è dunque una garanzia importante.
"Se i sintomi della malattia sono visibili nei primi mesi del primo anno dopo l'impianto, l'eventuale contagio è ascrivibile al vivaista, ma si tratta di casi rari. Dal secondo anno in poi invece la malattia è stata contratta in campo", sottolinea Elisa Angelini.
Tre: la lotta a Scaphoideus titanus
Elemento cruciale è la lotta a Scaphoideus titanus, la cicalina vettore della flavescenza dorata. Nelle regioni dove la malattia è presente sono obbligatori uno o più trattamenti insetticidi, inoltre spesso a scopo preventivo viene consigliato dai servizi fitosanitari regionali di effettuarli anche nelle aree in cui è possibile il contagio e vi è la presenza dell'insetto. In ogni caso devono essere rispettati i decreti regionali di lotta obbligatoria, emanati ogni anno a livello regionale.
Nella maggior parte dei casi, in conduzione integrata, sono previsti due trattamenti. Il primo da effettuarsi a metà giugno, per colpire le forme giovanili, il secondo una volta era consigliato dopo quindici, venti giorni, in modo da intercettare le nascite scalari ed eventuali esemplari sfuggiti al primo trattamento. Ma oggi i prodotti insetticidi sono meno persistenti, quindi le strategie si stanno modificando di conseguenza.
Ad oggi le sostanze attive autorizzate in gestione integrata per il controllo di S. titanus sono: acetamiprid, acrinatrina (solo fino a giugno 2023), deltametrina, lambda-cialotrina, etofenprox, flupyradifurone e tau-fluvalinate.
Rispetto alle sostanze attive a disposizione nel passato (come clorpirifos e tiametoxam) sono tuttavia meno persistenti e hanno una sistemia ridotta o assente. Questo significa che diventa di fondamentale importanza identificare il timing corretto per l'applicazione ed effettuare una bagnatura completa della chioma, in modo da raggiungere tutti gli esemplari presenti.
Nella scelta del timing è necessario prendere in considerazione i bollettini diramati dagli enti di riferimento territoriali.
Nei vigneti biologici si possono invece utilizzare: azadiractina, Beauveria bassiana, olio essenziale di arancio dolce, piretrine (le più efficaci, ma non sono selettive) e sali potassici di acidi grassi.
Quattro: le trappole cromotropiche
È importante applicare in campo le trappole cromotropiche di colore giallo con colla, utili ad individuare la presenza degli adulti in vigneto.
"Le trappole devono essere installate a partire dal mese di luglio fino a settembre o ottobre, dipende dalle catture", spiega Elisa Angelini. "La trappola va disposta all'interno della chioma, in una zona in ombra, ma non a stretto contatto con le foglie. Inoltre va sostituita e controllata ogni due settimane e occorre sempre verificare che la colla sia ben appiccicosa".
Cinque: la bagnatura fogliare
Dato che i prodotti oggi disponibili non sono dotati di una spiccata sistemia è importante garantire una bagnatura ottimale dell'intera vite utilizzando quindi attrezzature funzionanti e ben tarate, meglio se dotate di ugelli a doppio ventaglio in modo da raggiungere anche la parte interna della chioma. Occorre inoltre aprire anche gli ugelli più bassi, in modo da raggiungere il piede della vite, specie nei primi trattamenti.
Per effettuare una corretta bagnatura è importante avere chiome poco folte, leggere. Per questo bisogna calibrare bene la concimazione azotata ed effettuare prontamente le operazioni di potatura verde. "La cicalina è un insetto originario della Regione dei Grandi Laghi del Nord America, caratterizzata da temperature fresche ed alta umidità. Si trova quindi bene non sulla parte esterna delle viti, esposta al sole, ma internamente alla chioma", sottolinea Elisa Angelini.
Sei: attenzione alle larve a terra
C'è poi un importante concetto da tenere a mente che riguarda lo sviluppo della cicalina. Come detto l'insetto sverna come uovo durevole nel ritidoma della vite. Una volta fuoriuscite le larve, di piccolissime dimensioni, e non capaci di volare, vanno alla ricerca delle foglie più giovani su cui nutrirsi, spesso sui polloni.
Basta poco tuttavia per causare la caduta degli insetti giovani al suolo. La pioggia, come il vento o lavorazioni effettuate con le attrezzature, possono infatti far cadere gli esemplari. Non essendo il cotico erboso la loro fonte di nutrimento prediletta, le larve risalgono sulla vite.
Per questo motivo, specialmente in giugno, è importante trattare con i prodotti insetticidi almeno 48 ore dopo eventi che possono causare la caduta dei giovani esemplari. In questo modo si lascia alla cicalina il tempo di risalire lungo il ceppo della vite.
Una larva di Scaphoideus titanus
(Fonte foto: Eppo)
Bisogna inoltre evitare che i tralci tocchino il suolo in quanto rappresentano una perfetta rampa per la risalita dell'insetto. Anche i rami striscianti devono essere eliminati in quanto la cicalina vi si può insediare e non sarebbe raggiunta dai trattamenti.
Bisogna infine mantenere ben sgombro il sottofila in modo da ottimizzare l'efficacia del trattamento insetticida che, è bene ricordarlo, deve avvenire dal livello del suolo fino alla parte terminale della chioma.
"Consigliamo anche di trattare all'inizio i filari perimetrali, con ugelli aperti verso l'interno, in modo da colpire l'insetto impedendogli di allontanarsi dal campo per poi ritornarvi in un secondo momento", specifica Elisa Angelini.
Sette: velocità e volumi d'acqua
Altre accortezze riguardano la velocità di avanzamento, che deve essere bassa (non più di 5 chilometri/orari), e i volumi di acqua. Essendo le molecole a disposizione scarsamente sistemiche, occorre utilizzare volumi abbondanti, meglio se superiori ai 500 litri ad ettaro, ma comunque compatibili con l'attrezzatura in uso, in modo da bagnare correttamente la chioma. Si consigliano infine di utilizzare ugelli a doppio ventaglio in modo da smuovere le foglie e raggiungere anche gli esemplari che sono nascosti più in profondità nella vegetazione.
Otto: la forma di allevamento
Per i nuovi impianti, da realizzare in aree dove S. titanus è presente, si consiglia di adottare forme di allevamento alte, come la pergola o il tendone, in questo modo si rende maggiormente difficoltosa la risalita della cicalina lungo il ceppo. Prove condotte hanno dimostrato una mortalità superiore dell'insetto proprio in quei vigneti con tali forme di allevamento, se correttamente spollonati.
Nove: le polveri di roccia
Anche l'impiego del caolino, come probabilmente le altre polveri di roccia, si è dimostrato efficace nel rendere l'alimentazione dell'insetto maggiormente difficoltosa e dunque utile ad innalzare il livello di mortalità. "Occorre effettuare questi trattamenti da metà maggio a metà giugno, avendo cura di bagnare bene i polloni", specifica Elisa Angelini.
Dieci: il pH dell'acqua
È sempre bene controllare il pH dell'acqua prima di preparare la soluzione fitoiatrica. L'acidità dovrebbe essere inferiore a 7 (perfetta intorno a 6-6,5) per quasi tutti gli insetticidi, ma non di rado nei nostri territori è superiore a 8. In questi casi è opportuno procedere con l'acidificazione.
La difesa dalla flavescenza dorata passa da un approccio integrato
Concludendo, la flavescenza dorata è una malattia complessa, che quindi deve essere gestita attraverso soluzioni integrate, che mettano in campo tutti gli strumenti oggi a disposizione dell'agricoltore.
"È finito il tempo in cui c'erano a disposizione insetticidi in grado di gestire in maniera completa la cicalina. Oggi è necessario che ogni viticoltore monitori attentamente i propri vigneti per identificare ed eradicare precocemente le piante malate, e che metta in campo tutte le buone pratiche volte a scoraggiare il diffondersi dell'infezione", conclude Elisa Angelini.