È un insetto predatore, si chiama Zelus rerardii, è segnalato in Italia dal 2013 e può frenare l’insetto vettore, la cicalina sputacchina (Philaenus spumarius) e quindi fermare o rallentare l’infezione da Xylella.
Lo ha individuato Francesco Porcelli, docente di entomologia al dipartimento di Scienze del suolo, della pianta e degli alimenti (Disspa) dell’Università di Bari Aldo Moro, da dove coordina un progetto di campionamento degli insetti vettori finanziato dalla Regione Puglia e voluto dal professor Gianluca Nardone, direttore del dipartimento regionale all’Agricoltura, che ha dato anche un altro risultato: le sputacchine sono milioni e il rischio che l’infezione si diffonda è molto alto.
Il gruppo di lavoro ne ha stimate ben 4 milioni per ettaro, 200 al metro quadro. In un caso anche un picco di otto milioni e mezzo per ettaro, pari a circa quattrocento vettori per metro quadro, trovati in campioni ottenuti nelle zone di contenimento e cuscinetto a un passo dalla provincia di Bari.
I terreni incolti, abbandonati o non coltivati sono ricchi di vettori e di altre specie simili, facili a confondersi. E se bastano appena 10mila sputacchine per avere un individuo a metro quadro per ogni ettaro e grandissima probabilità di trasmissione della Xylella, se ne deduce che la cifra di 200 individui a metro quadro significa rischio infezione per tutta la Puglia.
Il progetto di campionamento dei vettori coinvolge il Disspa e il dipartimento di Scienze agrarie, degli alimenti e dell’ambiente (Safe) dell’Università di Foggia, impegnate ormai da tempo nello studio dei vettori della Xylella. AgroNotizie ha sentito il professor Porcelli, per cercare di capire se e come questo nuovo insetto potrebbe diventare un argine al diffondersi della Xyella.
Professore, in parole povere, chi è e da dove viene Zelus renardii?
"Si tratta di un predatore incontrato casualmente a Bari, originario del Nord America, segnalato per la prima volta in Grecia e poi arrivato autonomamente fino in Spagna.
L’ho osservato studiando lo psillide "Macrohomotoma gladiata", introdotta in Europa qualche anno fa e originaria dell’Estremo Oriente. E ho osservato lo Zelus predare gli psillidi sui rami dei Ficus ornamentali".
Ma mangia anche la sputacchina?
"Abbiamo provato ad offrirgli Philaenus adulti constatando, in pochi secondi, l’aggressione letale dello Zelus. Ulteriori numerosi esperimenti e osservazioni sistematiche, ancora in corso, dimostrano l’appetito feroce di questo predatore e la sua attitudine a uccidere grandi numeri della preda, anche senza nemmeno nutrirsene.
Per l’allevamento massale abbiamo ottenuto discrete performance utilizzando diete a base di fegato frullato e gelificato. Ora siamo impegnati a capire se lo Zelus può essere allevato in massa, e soprattutto, su dieta completamente sintetica, facilmente conservabile e dispensabile. In prospettiva, se riuscissimo a mettere a punto una buona tecnica di allevamento massale, ci sarà l’opportunità di indurre la creazione di una biofabbrica".
Sono in atto o verranno comunque effettuate delle ricerche per appurare l'impatto ambientale di Zelus, atteso che trattasi di una specie non autoctona?
"L'impatto ambientale è già in atto dato che le prime segnalazioni per il nostro Paese risalgono al 2013. Per quanto concerne l'ambiente agrario spero proprio che abbia un bell'impatto: altrimenti non servirà! Quel che sembra a noi ora è che lo Zelus predi in funzione della rispettiva abbondanza di prede. Cioè, preda di più ciò che più frequentemente incontra. Rispetto agli ordini di appartenenza delle prede non mostra spiccate preferenze".
Quali potrebbero essere i tempi stimati di verifica per capire se Zelus sia o meno allevabile in una biofabbrica?
"E' allevabile di sicuro, si tratta di perfezionare tecnologie, tecniche e protocolli di allevamento economicamente vantaggiosi".
Come potrebbe essere usato Zelus per contrastare l'espandersi della Xylella?
"Direi, ipotizzando un pochino: un lancio di adulti del predatore in corrispondenza dell'inizio sfarfallamento del Philaenus spumarius. Da ripetersi di anno in anno previa valutazione ex ante della popolazione residente di Zelus, a partire dal secondo anno di lancio.
Ora stiamo anche valutando la capacità dello Zelus di stabilizzare l'ecosistema oliveto, in modo da riformulare l'intero piano di controllo dei fitofagi post-Xylella".