Sia il regolamento sugli agrofarmaci (1107/2009) che quello sui biocidi (528/2012) vietano (anche se con qualche distinguo) la commercializzazione e l’utilizzo di principi attivi con queste caratteristiche, tanto nefaste quanto difficili da scoprire con certezza, e avevano concesso sino al dicembre 2013 per fissare i criteri per individuarli.
Il ritardo un po' è fisiologico, un po’ è dovuto all’oggettiva difficoltà della materia che coinvolge potenzialmente TUTTE, ma proprio TUTTE le sostanze con cui siamo a contatto. Indubbiamente la vittoria della Svezia, che aveva denunciato la Commissione Ue proprio per questi ritardi, ha contribuito ad accelerare la svolta verso una delle più avanzate legislazioni del mondo. La sfida è notevole: nonostante sia stato adottato l'approccio dell'Oms, la cui definizione di perturbatore endocrino ne ha circoscritto gli ambiti (un perturbatore endocrino per essere definito tale deve avere degli effetti indesiderati sull'uomo e altri organismi non bersaglio, deve agire sui sistemi ormonali e deve essere dimostrato che questi effetti indesiderati siano proprio dovuti a queste interferenze sui sistemi endocrini) e si sia scelto l'approccio basato prevalentemente sul pericolo, le probabilità di gettare il bambino con l'acqua sporca sono ancora molto elevate.
Attualmente siamo in un regime di interregno dove le sostanze classificate cancerogene e/o tossiche per la riproduzione di categoria 21 sono dei sorvegliati speciali in quanto considerate più delle altre come possibili perturbatori endocrini. E non crediate siano delle rarità: tra i principi attivi approvati contiamo 27 cancerogeni e 22 tossici per la riproduzione (tutti di categoria 2), per un totale di 46 sostanze (3 hanno la doppia peculiarità).
Ma in sostanza, cosa fanno questi perturbatori endocrini? Nell’ambiente è stato osservato che i perturbatori endocrini possono causare anomalie nella riproduzione di alcune specie, associate a cambiamenti nel comportamento e alterazioni del sistema immunitario. In particolare sono stati osservati fenomeni di mascolinizzazione o femminilizzazione in molluschi e pesci di aree contaminate. Nell’uomo possono giocare un ruolo rilevante in alcune patologie quali malformazioni congenite dei neonati, sviluppo di tumori endocrini (tiroide, ovaio), ritardo nello sviluppo sessuale e alterazione del sistema immunitario.
Tra le sostanze associate alla perturbazione endocrina ricordiamo il bisfenolo-A, gli ftalati, i policlorobifenili, il Ddt, le Diossine, i Parabeni, alcuni antibiotici. Nel 2005 sono stati banditi i nonilfenoli etossilati, un tempo componenti indispensabili nelle formulazioni degli agrofarmaci, sostituiti più o meno efficacemente dagli alcoli grassi etossilati o dagli alchilsolfonati.
Alle sostanze che si riveleranno perturbatori endocrini, cosa succederà? Quasi sempre verranno bandite, a meno che non siano indispensabili per alcuni segmenti e se si riuscirà a dimostrare che l’esposizione degli organismi non bersaglio e dell’uomo è trascurabile.
Quando succederà? Una volta fissati i criteri, ogni rinnovo di sostanza attiva sarà buono.
Approfondimenti per studiosi, addetti ai lavori o semplicemente curiosi
- Comunicato stampa della Commissione Ue sui perturbatori endocrini
- FAQ Perturbatori endocrini
- Eu Pesticides Database (per trovare le sostanze cancerogene e tossiche per la riproduzione)
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Fonte: Agronotizie